Testo e foto di Andrea Donà
Sul Palatino, all’interno del Parco Archeologico del Colosseo, si trova un piccolo e moderno vigneto di uva Bellone – l’“uva pantastica”, come lo storico Plinio il Vecchio chiamava l’antichissimo vitigno autoctono del Lazio – realizzato in pochi filari a partire dalla primavera del 2021. L’iniziativa fa parte del progetto “PArCo Green”, con il quale l’Istituto Parco Archeologico del Colosseo sta realizzando diverse attività rivolte al recupero della biodiversità nei 40 ettari di verde disponibili.
Il sito archeologico è una testimonianza storica della presenza, a partire dall’epoca romana e fino ai primi del ‘900, di aree dedite alla coltura mista non solo di vigneti, ma anche di orti e frutteti come racconta la presenza del Ficus ruminalis, indissolubilmente legato alle origini di Roma. Sono molteplici i toponimi di “vigna” presenti nei documenti storici e nelle mappe di questa vasta area verde; fra tutti la “Vigna Barberini”, di proprietà della nobile famiglia romana che nel ‘600 vi produceva vino per il proprio consumo.
Plinio il Vecchio racconta, nella sua opera Naturalis Historia, delle oltre 100 tipologie di viti che venivano coltivate sul Palatino nel I secolo d.C., tra cui il Bellone che lui definiva appunto “uva pantastica”, chiamata anche uva pane – legata al fatto che i contadini erano soliti mangiare gli acini con il pane – un’uva generosa e produttiva con bellissimi grappoli dorati e acini molto grandi.
È l’architetto paesaggista del Parco, Gabriella Strano, a ricordare che il Bellone non fu, però, la prima scelta quando si decise di realizzare il vigneto sul colle “imperiale”. Inizialmente si voleva produrre il Pucino, un vino tanto amato da Livia Drusilla seconda moglie dell’imperatore Augusto che visse fino a 86 anni e che, leggenda narra, vedesse nel consumo di quel prezioso nettare, la ragione di tale inconsueta longevità. Prodotto in un’insenatura del mare Adriatico nei pressi della sorgente del Timavo – con viti di uva Glera coltivate in collina su terreno sassoso, lambito dalla brezza marina – il Pucino non aveva però un forte legame identitario con la viticoltura e la tradizione di Roma. Si optò quindi per il Bellone come il perfetto rappresentante di questo territorio e della sua storia.
L’impianto è stato realizzato da Cincinnato, importante realtà vitivinicola regionale che possiede una esperienza cinquantennale nella coltivazione delle uve di Bellone. Solo tecniche manuali per una minore invasività sul terreno, pali di sostegno in castagno, produzione in regime biologico e nessun sistema di irrigazione, queste sono le scelte di coltivazione. “La produzione partirà molto probabilmente dal prossimo 2025 – afferma Giovanna Trisorio dell’azienda Cincinnato – per un totale di circa 500 bottiglie che però non saranno da destinare alla vendita”.
Ancora un paio di anni e la vendemmia sul Palatino sarà di nuovo realtà con l’intento di comunicare cultura, rispetto del territorio, importanza della biodiversità non solo agli amanti del vino, ma anche alle migliaia di turisti e visitatori che ogni anno varcano i tornelli del Parco per ammirare alcune delle meraviglie della città eterna.