Testo di Claudia van den Berg Morelli e Anna Morelli
Foto cortesia di San Sebastián Gastronomika
E così anche quest’anno è finito il grande congresso nella capitale gastronomica europea di San Sebastián. Incontri, ri-incontri, ponencias e premi. Dall’apertura di Cristobal Muñoz Ortega del ristorante Ambivium a Peñafiel (Valladolid) alle ultime riflessioni di Andoni Luiz Aduriz chef del Mugaritz, un momento di condivisione e scambio di idee, tecniche e filosofie nel mondo culinario. Un altro bel successo di contenuti e di pubblico, come ormai è consuetudine da quasi un quarto di secolo. Il Regno Unito al centro di questa edizione, che non solo ha portato chef d’oltremanica, ma che ha anche aperto una conversazione sullo stato della gastronomia spagnola all’estero. Ne hanno parlato José Pizarro, Quique Dacosta e Ángel Zapata, tre chef spagnoli che, avendo avuto successo a Londra, incoraggiano altri colleghi a cimentarsi nell’avventura britannica “perché il Regno Unito conosce e vuole i prodotti e la cucina iberica”.
E quindi un focus sui prodotti: su come trovare quelli giusti e al tempo stesso utilizzare al massimo quelli locali. “Senza i nostri produttori non siamo niente” ha detto Nieves Barragán, altra chef spagnola inglesizzata da anni, prima con il tapas bar Barrafina e oggi con il suo ristorante Sabor nel centro di Londra.
D’accordo anche la gallega Lucia Freitas – del ristorante A Tafona a Santiago de Compostela – che mette in primo piano non solo le materie prime ma le donne che ci stanno dietro, invitando sul palco le sue “Amas da Terra”, contadine, pescatrici, “marisqueras” o vignaiole. Roberta Hall McCarron, chef di The Little Chartroom a Edimburgo, ha parlato della varietà dei prodotti scozzesi, dal mare alle montagne e della sua passione per la selvaggina. Mentre Josean Alija, chef di Nerua a Bilbao, ha raccontato come la sua cucina utilizza ciò che la natura regala ogni stagione, lavorando con semplicità e cercando di toccare gli ingredienti il meno possibile.
Abbiamo parlato anche di carne e di griglia: il parrillero Pablo Rivero del Don Julio a Buenos Aires ha spiegato come possiamo cambiare, passando da un modello di allevamento tradizionale a quello rigenerativo basato sulla biomimetica, cercando quindi di riprodurre un ecosistema naturale che esisteva prima dell’intervento umano.
a Buenos Aires
Andoni, ha poi riflettuto sul ruolo del fuoco come elemento che “ci ha guidato per tutta la vita” e che ha deciso di mettere al centro del suo nuovo ristorante Muka nel Kursaal di San Sebastián. Convivialità e gioia della sobremesa sono gli elementi che Andoni ha condiviso con il pubblico invitando, in collegamento video, lo scrittore argentino Martin Caparrós per fare due chiacchiere sul fuoco e sul mondo del cibo, argomento centrale di alcuni dei suoi libri come Hambre o Comí.
Ma non si è parlato sempre e solo di cuochi e di materie prime. In quest’anno post-pandemia, è chiaro che l’industria si sta ancora adattando a un nuovo modello operativo. Pedro Subijana – “padre” della gastronomia basca con il suo Akelarre a San Sebastián – ha affrontato il tema della carenza di personale e della mancanza di formazione; la necessità di rispettare la professione di cameriere e di apportargli lo stesso orgoglio che viene già dato al mestiere di cuoco.
Albert Adrià ha raccontato del suo nuovo Enigma a Barcellona, aperto da pochi mesi, e della necessità di rallentare e focalizzarsi. Durante la pandemia si è reso conto che il ritmo di vita che conduceva era tossico e ha messo del suo per decidere di chiudere tutti i suoi ristoranti. “Si era chiuso un cerchio, quello dei dieci anni di Tickets. Prima gli chef vivevano una sorta di sogno, di sensazione di potersi mangiare il mondo. È stato comunque un bel periodo – ormai passato – con gente che veniva a Barcellona apposta per mangiare in tutti i nostri ristoranti. Bodega, che era il locale preferito da tutti, era un ristorante di cucina spagnola tradizionale al 100%. La gente pensa che non mi rappresenti, ma quando mi metto a fare cucina tradizionale sono come un talebano. Ecco, potrei aprire un posto come Bodega in Giappone!”.
Albert è ripartito con Enigma, avrebbe voluto aprire solo a pranzo, ma non è stato possibile, non ci rientrava con i numeri; quindi, adesso è aperto solo la sera, cinque giorni alla settimana. Sullo stesso tema, Roberta Hall McCarron ha spiegato la sua decisione di ridurre i giorni di apertura (dei suoi due ristoranti The Little Chartroom ed Eleanore a Edimburgo) passando da cinque a quattro, per avere un bilanciamento di vita-lavoro più sano e per dare più tempo libero alla squadra. Riflessioni e decisioni importanti che la pandemia ha in qualche modo forzato e portato in primo piano.
Insomma, di topic ne sono stati affrontati in questo Gastronomika 2022 e gli chef ci hanno fatto sognare a occhi aperti. Il noto chef peruviano Gastón Acurio (del ristorante Astrid y Gastón a Lima) ci ha trasportato in viaggio nella storia del ceviche, partendo dalla sua ricetta tradizionale che non è cambiata da quindici anni fa, quando la presentò la prima volta sul palco di SSG. All’epoca il ceviche era ancora sconosciuto fuori dal Perù, oggi invece se ne fanno interpretazioni innovative in tutto il mondo, con ingredienti locali, come il Ceviche con leche de tigre fermentata a base di tè nero presentato sul palco.
Isaac McHale – chef britannico e proprietario del Clove Club a Londra – di ritorno a SSG dopo nove anni, ci ha raccontato da dove viene l’ispirazione per i suoi piatti e dove nascono le idee: ad esempio, può essere influenzato da un viaggio in Giappone o dai prodotti della sua Scozia natale. Mentre la chef basca Elena Arzak del ristorante Arzak ha riflettuto su come sono cambiate nel tempo le carte, i menu, e come possiamo oggi adattarci a clienti sempre più esigenti.
Un evento pieno di conoscenze, ispirazione e passione che ci ha lasciato molta voglia di tornare per il venticinquesimo anniversario l’anno prossimo, previsto nel mese di ottobre 2023.