Testo di Irma Aguilar (texto original de abajo)
Foto di Valeria Ascencio
San Miguel de Allende nel Messico Centrale – nello stato di Guanajuato – è un angolo pittoresco e cosmopolita immerso tra le colline. Le giornate sono calde, il cielo spesso limpido e azzurro, i tramonti da sogno e le notti fresche che emanano fascino. È una città messicana che vibra al ritmo di sones e mariachis e trabocca di colori e arte. È tradizione, storia. È una torre di Babele in quanto si parla anche inglese, italiano, francese, tedesco e nahuatl, la lingua nativa. È una destinazione gastronomica per eccellenza che sa di mais, mezcal e vino. Profuma di brace, di forni in pietra e di pane.
È una città di montagna a 2000 metri sul livello del mare, ricca di chiese – quasi trenta – la maggior parte delle quali con piazze e bancarelle che offrono un’infinità di prelibatezze. Nei gelati – base acqua, panna o latte – troviamo lavanda, avocado e mamey; frutti endemici, crema di tequila, crostata di limone, caffè con rum, mango, limone, fragola con spezie. La lista può arrivare fino a 150 gusti, alcuni dei quali audaci come: mole, ceviche, birra, vino.
Ci sono anche i churros – dolci fritti tipici– tacos, esquites (chicchi di mais fresco cotti in acqua ed epazote, Dysphania ambrosioides, un’erba comune in America Latina) serviti con limone, sale, panna, formaggio fresco grattugiato con (o senza) polvere di peperoncino, una delle 64 varietà di peperoncino.
Amatte, il “nido” in cima a El Mirador
Si consiglia di visitare SMA – acronimo con cui è conosciuto il comune del Guanajuato – per almeno tre giorni e di arrivare prima del tramonto per contemplare lo spettacolo dalla cima de El Mirador o su una terrazza. La terrazza dell’Hotel Amatte oltre ad avere una vista mozzafiato, seduce con la mixology. Viva la vida, ad esempio, è un cocktail con mezcal, liquore al peperoncino ancho e anguria; il Koquimbo, invece, ha rum bianco, acqua di cocco e sciroppo di lavanda; e la Piña colada analcolica è semplicemente inebriante. Da stuzzicare ci sono tacos, tiraditos, ceviche e aguachile, un piatto molto popolare messicano preparato con acqua, peperoncino, sale e pepe, cetriolo, cipolla e coriandolo in cui vengono marinati gamberi, pesce o funghi per i vegani. Attira l’attenzione la burrata prodotta dal cremonese Remo Stabile a SMA e viene servita con pesto, fichi, pere e frutta secca, è un vero colpo d’occhio.
Il savoir-faire basco messicano
Se avete voglia di cenare, Hacmans, il ristorante gastronomico di punta dell’Hotel Amatte, è il posto giusto. È gestito dallo chef David Requejo (originario di Tolosa, Paesi Baschi) da due decenni, esperto nell’intrecciare gli insegnamenti della Nuova Cucina Basca – territorio, prodotti e radici – con la ricchezza gastronomica del Messico, sua patria d’adozione. Ci propone il piatto del giorno: Carciofi, delicatamente fritti, dorati e croccanti, “in un mole di peperoncino guajillo e mandorle tostate”, rivela. La sua ispirazione è la salsa romesco, la salsa catalana per i calçots (o cipollotti catalani). Interpreta con orgoglio la Caesar salad, un’invenzione messicana che conquista, con lattuga alla brace. Serve il Branzino alla griglia, suo marchio di fabbrica e parte del DNA delle sue origini. Tolosa, la città in cui è nato, è famosa per le steakhouse di fama internazionale.
Il vino rosso messicano corona la serata. Viri Martínez, la sommelier, presenta il Megacero e l’Hacienda della Bodega Encinillas di Chihuahua (Messico settentrionale), una regione che la affascina. Descrive il primo come “particolare per l’uvaggio: cabernet sauvignon-merlot-shiraz. È come parlare con un ragazzo ribelle e interessante per la sua piacevole acidità e le note di frutti rossi maturi, cannella, cioccolato amaro, caffè, formaggio. È civettuolo. Fa impazzire i buongustai, i gourmet”. L’Hacienda de Encinillas, assemblato con cabernet franc, cabernet sauvignon, merlot e petit verdot, “è in stile Bordeaux, ma del Nuovo Mondo. È un velluto messicano. È come parlare con una persona matura con storie interessanti. È espressivo dall’inizio alla fine”, afferma.
Amatte, “nido” in lingua nahuatl, è un luogo di design che si fonde con la collina su cui è adagiato. È il Messico coloniale mescolato alla sobrietà giapponese e alla flora endemica. È stato progettato dall’architetto giapponese Shinji Miyazaki con la filosofia wabi-sabi. “Parla della bellezza della natura e dei suoi fenomeni, dell’imperfezione e del presente, che è incontrollabile e instabile, ma può essere vissuto in armonia” spiega. L’artigianato – falegnameria, vasellame, ceramica – è regionale e utilizza materiali naturali che reagiscono al clima come il chukum, la resina di un albero endemico dello Yucatan, patrimonio dei Maya. Questa resina si usa anche nelle piscine perché respinge l’umidità ed è fungicida. “Conoscerla ha avuto un impatto su di me. La sua consistenza si trasforma nel tempo”, racconta l’architetto.
Tradizione matrimoniale
Il cuore pulsante di SMA è la piazza principale. Il paesaggio è acciottolato, affollato di case di diverse altezze e forme, color ocra, arancio, giallo, beige, rosa messicano, rosa cipria, lapislazzuli. I palazzi coloniali in pietra, con cortili centrali ricoperti di tegole e verde, sono la prova del potere vicereale. Dalla sua fondazione nel 1542 fino all’inizio del XX secolo, SMA fu un importante epicentro sociale e commerciale, parte della Rotta dell’Argento, chiave della fiorente prosperità mineraria della Nuova Spagna. “L’80% delle miniere proveniva da Guanajuato”, afferma Juan José Álvarez Brunel, Segretario del Turismo di Guanajuato. Ora è una cittadina di quasi 200.000 abitanti, dove l’artigianato regna nelle taquerias, nei fruttivendoli, nelle drogherie, nei macellai e nelle gallerie d’arte. Vale la pena di visitare LuJo, uno spazio gestito dagli artisti Lulu Bucio e Josel García in cui si realizzano giocattoli con oggetti riciclati. Un pezzo di stoffa qui, pezzi di filo di ferro là, bottoni e dettagli inimmaginabili. Oltre a dar loro vita meccanica con piccoli motori, li dotano di senso dell’umorismo.
La piazza di fronte alla chiesa parrocchiale di San Miguel Arcángel, del XVI secolo, con la sua cupola in pietra di cava rosa ispirata al Neogotico del XIX secolo, è maestosa da qualsiasi angolazione e a qualsiasi ora del giorno. Il trambusto degli sposi che ballano tra musicisti e mojigangas è uno spettacolo accattivante. È un luogo di pellegrinaggio nuziale su scala planetaria. Le mojigangas sono sia marionette, che pupazzi, persino sculture giganti fatte di cartapesta e tessuto con una base o una struttura metallica che le tiene in piedi. La loro origine è spagnola e a San Miguel, come in altre località, fanno parte delle feste religiose originali.
L’artista Hermes Arroyo è il principale produttore di mojingangas e in un’intervista con Valeria Ascencio, fotografa messicana con sede a SMA – e autrice delle immagini di questo articolo – spiega che “tra il XVII e il XVIII secolo venivano utilizzate per catechizzare. Erano un mezzo per trasmettere valori e costumi. Si utilizzava l’iconografia popolare affinché il messaggio potesse arrivare a tutti. La sua famiglia è stata pioniera nel produrli e nel promuoverne l’uso ai matrimoni per 23 anni. Oggi fanno parte del rituale della festa. “Arroyo è un creatore pluripremiato e famoso in tutto il mondo”, afferma Ascencio. Il tour di San Miguel de Allende continua con una “combinazione di sensazioni al sapore di Italia“.
Hotel Amatte
Salida Real a Querétaro, 168
37774 San Miguel de Allende – Messico
Tel: +52 415 140 0418
www.amatte.com.mx
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Días de ensueño sabor a maíz, brasa y mezcal
Texto de Irma Aguilar
San Miguel de Allende es un rincón pintoresco y cosmopolita entre colinas, de días cálidos, cielos rasos y azules, atardeceres de ensueño y noches frescas que derrochan encanto. Es una villa mexicana que vibra al ritmo de sones, mariachis y canciones, rebosante de color y arte. Es tradición, historia y torre de babel al hablar también inglés, italiano, francés, alemán y náhuatl, la lengua autóctona. Es destino gastronómico por excelencia que sabe a maíz, mezcal y vino. Huele a brasa, horno de piedra, pan.
Una ciudad de montaña, a 2 mil metros sobre el nivel del mar, e iglesias, casi treinta a diestra y siniestra, gran parte con plazas y puestos callejeros que ofertan infinidad de antojos. En nieves —helados de agua, crema o leche— encontramos de lavanda, aguacate y mamey; frutas endémicas, crema de tequila, tarta de limón, café con ron, mango, limón, fresa con picante. La lista puede llegar hasta 150 sabores, varios atrevidos: mole, ceviche, cerveza, vino.
Tampoco faltan churros, dulces típicos, tacos, esquites —granos de maíz frescos cocidos en agua y epazote (Dysphania ambrosioides), hierba común en América Latina, servidos con limón, sal, nata, queso fresco rallado con o sin chile piquín en polvo, una de las 64 variedades de chiles—.
Nido en la cumbre
Se recomienda visitar SMA, las siglas con las que se conoce al municipio guanajuatense, mínimo tres días y llegar antes del atardecer para contemplar el espectáculo desde la cumbre del Mirador o en alguna terraza. La del hotel Amatte, además de vistas de infarto, seduce por mixología. El ‘Viva la vida’, por ejemplo, es mezcal, licor de chile ancho y sandía; el ‘Koquimbo’, ron blanco, agua de coco, jarabe de lavanda. La piña colada sin alcohol, simplemente, es embriagadora.
En botanas o entrantes se proponen tacos, tiraditos, ceviches y aguachiles, creaciones del occidente mexicano con agua, chile, sal y pimienta, pepino, cebolla y cilantro, donde se maceran camarón, pescado u hongos para veganos. Llama la atención la burrata, hecha por Remo Stabile de Cremona, afincado en SMA, aliñada con pesto, higo, pera y frutos secos.
Saber vasco mexicano
Si apetece cenar, Hacmans, el restaurante gastronómico, buque insignia del Amatte, es el lugar. Lo comanda el chef David Requejo (Tolosa, País Vasco), experto en entretejer las enseñanzas de la Nueva Cocina Vasca: territorio, producto y raíces, con la riqueza gastronómica de México, su patria adoptiva. Lleva dos décadas. Ofrece lo del día: alcachofas, delicadamente, fritas, doradas y crujientes, “en un mole de chile guajillo y almendra tostada”, desvela. Su inspiración es la salsa romesco, la catalana para calçots o cebollas tiernas. Interpreta con orgullo la ensalada César, invención mexicana que conquista, con lechuga braseada. Sirve lubina a la parrilla, su sello y parte del ADN de su origen. Tolosa, la localidad donde nació, es célebre por sus asadores de renombre internacional.
El tinto mexicano corona la velada. Viri Martínez, la sumiller, presenta Megacero y Hacienda de Encinillas de Chihuahua (norte de México), territorio que le cautiva. El primero lo describe “peculiar por el ensamblaje: cabernet sauvignon-merlot-shiraz. Es como conversar con un chico rebelde e interesante por su agradable acidez y notas a frutos rojos maduros, canela, chocolate amargo, café, queso. Es coqueto. Enloquece a foodies, gastrónomos”. El Hacienda de Encinillas, ensamblado con cabernet franc, cabernet sauvignon, merlot y petit verdot, “es tipo bordelés, pero del Nuevo Mundo. Es terciopelo mexicano. Es parecido a dialogar con una persona madura con historias interesantes. Es expresivo de principio a fin”, cuenta.
Amatte, ‘nido’ en náhuatl, la lengua nativa, es un lugar de diseño, fusionado con la colina en la que está enclavado. Es el México colonial entremezclado con la sobriedad japonesa y flora endémica. Lo firma el arquitecto nipón Shinji Miyazaki de filosofía wabi-sabi. “Habla de la belleza de la naturaleza y sus fenómenos, de la imperfección y del presente que es incontrolable e inestable, pero se puede convivir en armonía”, explica. El trabajo artesano: carpintería, alfarería, cerámica son regionales. Usa materiales naturales que reaccionan con el clima: el chukum, la resina de un árbol endémico de Yucatán, herencia maya. Es utilizado en piscinas por repeler la humedad y ser funguicida. “Conocerlo me impactó. Su textura se transforma con el tiempo”.
Gigantes, tradición nupcial
El punto neurálgico de SMA es la plaza principal. El paisaje es empedrado, abarrotado de casas en infinidad de alturas y anchuras, en ocres, naranjas, amarillos, beiges, rosa mexicano, rosa empolvado, lapislázuli. Los palacetes coloniales de piedra con patios centrales tapizados de azulejos y verdor, son muestra del poderío virreinal. Desde su fundación en 1542 hasta inicios del s. XX fue epicentro social y comercial de relevancia, parte de la Ruta de la plata, clave en la pujante prosperidad minera de la Nueva España. “El 80 por ciento de la minería procedía de Guanajuato”, dice Juan José Álvarez Brunel, Secretario de Turismo de Guanajuato.
Es un remanso de casi 200 mil habitantes, en el que impera el artesanado en taquerías, fruterías, verdulerías, ultramarinos, carnicerías y galerías. Conviene asomarse a LuJo, un espacio de los artistas Lulu Bucio y Josel García en el que conciben juguetes con objetos que reciclan. Una tela por aquí, trozos de alambre por allá, botones y detalles inimaginables. Además de darles vida mecánica con pequeños motores, dotan de sentido del humor.
La plaza frente a la parroquia de San Miguel Arcángel del s. XVI con su cúpula de cantera rosa inspirada en el neogótico del s XIX, es majestuosa desde cualquier ángulo y hora. La algarabía desbordante de recién casados que bailan entre músicos y mojigangas, deja una estampa entrañable. Es sitio de peregrinación nupcial a nivel planetario.
Las mojigangas son marionetas, títeres, esculturas gigantes de papel maché y tela sobre una base o armazón metálico. Su origen es español y en San Miguel, al igual que en otras localidades, son parte de las festividades, originalmente, religiosas.
El artista plástico Hermes Arroyo, es el principal fabricante y en entrevista con Valeria Ascencio, fotógrafa mexicana radicada en SMA y autora de las imágenes del artículo, explica que “entre los s. XVII y XVIII se usaron para catequizar. Fueron un medio de transmisión de valores, costumbres. Se usaba la iconografía popular para que el mensaje llegara a todos”.
Su familia es pionera en hacerlas y fomentar su uso en bodas desde hace 23 años. Hoy son parte del ritual festivo. “Arroyo es un creador multipremiado y reconocido a nivel mundial”, dice Ascencio.