Testo di Ilaria Mazzarella
Foto Andrea di Lorenzo
Che piacere incontrare chi antepone i fatti alle chiacchiere. Giulio Gigli, talentuoso cuoco reduce da quindici anni nelle migliori cucine europee, rifugge dall’egocentrismo di certi colleghi col suo tono pacato e lo sguardo sfuggente. Caratteristiche che non nascondono di certo sana ambizione, lucida determinazione e giusta consapevolezza, mentre sciorina le molteplici potenzialità della sua nuova casa, come l’orto, la fungaia, il mulino ad acqua e i progetti che gli frullano per la testa. Tanti, troppi, che a volte liquida con un apparentemente distratto eccetera che sa di eloquente.
Un ragazzo che non è mai venuto meno alle grandi sfide, come l’ultima che lo vede chef patron del ristorante UNE nel comune di Foligno. Un progetto nato lo scorso anno, nel cuore dello switch on/off dell’era Covid. Giulio, a dispetto della giovane età, di esperienza ne ha fatta parecchia. Dopo aver finito l’istituto alberghiero, si è formato nelle cucine del Pagliaccio di Anthony Genovese, del 1947 al Le Cheval Blanc di Yannick Alléno e nella cucina tristellata di Benu a San Francisco. E soprattutto è stato per oltre quattro anni chef de cuisine e responsabile creatività di Disfrutar a Barcellona, ristorante insignito di due stelle Michelin e al quinto posto della classifica The World’s 50 best Restaurants.
Poi il ritorno a Itaca, ovvero Foligno, dove questo giovane Ulisse in versione umbra dopo un’accurata ricerca trova l’ispirazione nel piccolo borgo di Capodacqua, dominato dalla Torre dei Trinci, e apre UNE, una sorta di plurale di UNO o anche la radice del verbo “unire”. Qualsivoglia sia la semantica ciò che è evidente è l’intrinseca importanza del fare rete all’interno del territorio. Non è tutto: UNE, in base ad alcune antiche tavole bronzee rinvenute nella vicina Gubbio, significa “acqua”, altro elemento dal significato pregnante. Il ristorante, infatti, si trova all’interno di un frantoio del ‘400 riconvertito nei decenni scorsi, del quale all’interno si possono trovare ancora alcune componenti, come la macina che in passato veniva azionata grazie alle acque del torrente Roveggiano. Inoltre, sotto al castello di Trinci c’è proprio l’acquedotto che serve tutto il circondario. Tutte ottime basi per un percorso tutt’altro che ordinario.
I tavoli tra orto e food forest
Il ristorante si sviluppa su un piano dotato di soppalco. All’ingresso si viene accolti dal Diario di Campo, una originale mappatura dello spazio esterno, che rappresenta un progetto in divenire che Giulia Filippi realizza con il susseguirsi delle varietà stagionali. L’artista implementa la mappa con i nuovi semi piantati arricchendo il disegno e, con il supporto di blocchi fotografici e una legenda, riesce a realizzare una diapositiva di quello che è l’orto di UNE.
Che è proprio ciò su cui Giulio si sta concentrando con grande passione, lo spazio esterno che pezzo dopo pezzo sta prendendo forma. L’orto è stato suddiviso in varie parti: la parte stagionale, quella centrale consacrata per le piantagioni perenni (carciofi, cardi, asparagi bianchi, rabarbaro che durano dieci anni). E poi una food forest, un bosco commestibile, con un pergolato di uva fragola, al centro alberi da frutto come nocciole, mele pere e frutti rossi. Questo il contesto del patio esterno dove sono allestiti per la stagione più calda alcuni tavoli, anche grazie alla presenza di una cucina satellite che fa da supporto a quella principale che si trova all’interno. Di notte le luci, con il castello illuminato, creano un’atmosfera suggestiva che amplifica ulteriormente l’esperienza della cucina.
La proposta della cucina
“UNE è un ristorante che punta tutto sull’Umbria – racconta lo chef – con la mia cucina che rispetta la cultura della tavola proponendo ingredienti della tradizione rivisti attraverso tecniche internazionali. Ho lavorato, studiato e viaggiato per ricercare prodotti locali dimenticati – dalla roveja all’aglione, dal sambuco alla fagiolina del Trasimeno, dai ceci neri agli umbricelli artigianali – per farne la base di una cucina rinnovata e in chiave moderna. E in cui portare le mie esperienze internazionali”. Dopo aver appreso le tecniche e le tradizioni della cucina contemporanea francese e spagnola ha puntato tutto sulla sua terra d’origine col fine di proporne i prodotti dimenticati e la creatività appresa all’estero. Un progetto che mescola l’innovazione e le tecniche internazionali con la cultura della terra.
Le influenze precedenti si fondono nei vari piatti del menu. Dalla Spagna, dove Gigli ha acquisito le tecniche della cucina molecolare, arrivano le sferificazioni di pinoli e pino, dalla regionale il piccione valorizzato attraverso cotture in pieno stile francese, da San Francisco l’idea di aromatizzare il pane utilizzando i fiori di aglione preparato in collaborazione con il panificio locale O’MÀ.
La Tagliatella ripiena di tartufo estivo e servita con emulsione di mandorle rimanda al suo paese d’origine, così come la Pasta e fagioli, reinterpretata con umbricelli di grani antichi, fagiolo di Cave e spuma di cotenna, e le conserve autoprodotte utilizzate stagionalmente nel menu. UNE riutilizza gli scarti di cibo – ne è prova la carta del menu dell’azienda Favini, preparata con il materiale di risulta delle olive – e basa molta della cucina sull’orto che ha trovato spazio accanto al casale. La carta dei vini di UNE si sviluppa su una carta incentrata per lo più su vini naturali e biodinamici, principalmente umbri, ma anche con qualche etichetta estera, come Francia e Germania.
A tu per tu con lo chef
Giulio, quando hai deciso che era arrivato il momento di cambiare? “Sono molto grato a tutte le esperienze che ho fatto nelle cucine stellate europee, che mi hanno fornito di un bagaglio importante”. Un’indole la sua che, se si rende conto di non dare più il massimo, desiste per vocazione. “Quando ho capito che non ero più al 100% sul mio ruolo, ho capito che era arrivato il momento di cambiare. Anche perché è un lavoro che se fatto a certi livelli diventa totalizzante”. Il progetto che sta portando avanti, che condivide con la compagna Lucille, è ambizioso e interessante. “Questo ristorante è stato realizzato interamente con mezzi propri. I limiti sono reali ed evidenti tutti i giorni (sorride). Vorrei fare di più ma non posso. Ma d’altra parte i limiti sviluppano la creatività”.
In fondo è bello saper fare bene con ciò che si ha a disposizione. “Il mio ultimo incarico in cucina l’ho lasciato prima del Covid – continua a raccontare Giulio – da lì sono stato fermo un anno e mezzo perché volevo aprire qualcosa di mio, non trovavo niente che mi piacesse davvero: è stata una stasi per me, come per molti, un po’ complicata – afferma pensieroso – e poi c’è il fatto che sono metereopatico, cercavo una struttura nel sud della Francia o in Spagna dove poter mettere radici. Mi sono reso conto che la qualità della vita del posto da cui venivo non era affatto male. Una struttura del genere senza l’appoggio degli amici e dei familiari non sarebbe stata possibile: prima di aprire qui era un vero cantiere che aveva riunito le mie persone care: c’era chi dipingeva, chi costruiva, nessuno stava con le mani in mano. Persino i cuochi hanno fatto il loro. Sono riuscito a riattivare una rete di conoscenza e ho riscoperto prodotti e produttori (sono partito a 19 anni e tante cose me l’ero perse per strada. E invece di materiale ce n’è tantissimo).
Valorizzare il territorio, cercando di creare un luogo innanzitutto dove mi fa piacere andare a lavorare. Un progetto, un ristorante in questo caso, che ingloba il territorio e che crea una rete all’interno dello spazio che lo abita. Non è una cucina internazionale in cui qui seduto potresti stare in qualsiasi altra parte del mondo. Vorrei creare un luogo sostenibile, etico il più possibile, anche per quello che è il life balance delle persone che ci lavorano”. Com’è la risposta del territorio? “Ottima in tutte le fasce d’età, si riescono ad accontentare i palati più giovani con la creatività e con i sapori che ricordano la tradizione i palati più maturi. La maggior parte non lamenta nemmeno la mancanza di un menu à la carte”.
Ristorante UNE
Via Fiorenzuola, 37
06034 Capodacqua (PG)
www.ristoranteune.com