Testo di Tania Mauri
Foto cortesia di Ristorante Ndrè
Andrea Napolitano, chef del locale Ndrè di Sorrento, adatta la cucina della nonna alle tecniche e ai sapori apprese all’estero.
La cittadina di Sorrento è stata decantata in canzoni che hanno fatto il giro del mondo. Da qui deriva il nome della Costiera Sorrentina, quel tratto di costa incorniciato dal Mar Tirreno e dalle colline con vista sul Golfo di Napoli, sul Vesuvio e sulle isole, in primis Capri e Ischia. Qui “dove il mare luccica e tira forte il vento”, sulla via principale che porta alle altre località della Costiera, ha aperto, nel 2019, il ristorante Ndrè dello chef Andrea Napolitano e di sua moglie Lucia, che si occupa dell’accoglienza in sala.
Andrea, classe 1986, inizia, subito dopo la maturità scientifica a Napoli, come lavapiatti alla storica pizzeria Trianon dove, grazie a una curiosità innata si “affaccia in cucina per osservare i movimenti dello chef e che, un giorno, mi propose di occuparmi della griglia e della friggitrice” ci racconta Napolitano.
Ma la passione per la cucina scorre nel sangue di Andrea sin da piccolo quando passava molto tempo dalla nonna Maria: “Quando lei avvicinava la sedia al tavolo per rendermi spettatore della preparazione delle sue ricette avevo solo quattro anni. Non arrivavo all’ampio e alto tavolo e così lei mi faceva mettere sulla sedia. ‘Andrea, forza, aiuta la nonna’. Nonna Maria non pensava che la cucina fosse una cosa da femmine e mi faceva credere che senza il mio aiuto non ce l’avrebbe fatta a preparare il pranzo. Così, mi porgeva il piatto con le uova. Quegli occhi gialli mi fissavano allegri sul fondo del piatto bianco e io infilavo i rebbi della forchetta e vedevo il giallo allargarsi nel piatto e confondersi a quel laghetto trasparente degli albumi. Sbattevo le uova nelle quali poi mia nonna intingeva le melanzane che aveva già affondato nella farina. Il sugo di pomodoro era abbondante perché doveva condire la pasta e anche la parmigiana di melanzane. Non c’erano molti giochi che mi appagassero come quei momenti” ricorda con affetto lo chef.
“Inoltre, durante il viaggio che mi portava a Portici a casa sua respiravo tutti i profumi del mare pescoso e della terra fertile. A casa di mia nonna questi profumi li ritrovavo nei tegami attivi sin dalle prime ore del mattino. L’odore del latte e del caffè che aveva annunciato l’alba incontrava senza indugio quello delle polpette destinate all’ora del pranzo. Fragranze incompatibili orientavano l’olfatto e il gusto verso aperture e contaminazioni. Quando il sugo pippiava come lava, da bambino sentivo il richiamo di affondarvi un pezzo di pane e di carpire i segreti di quel sapore profondo. E gustando buttavo un occhio a quel mare che pur da lontano ma prepotentemente raggiungeva il calore di casa e si intrufolava tra gli altri profumi. Da mia nonna imparavo a non sprecare: ogni foglia di verdura, ogni tozzo di pane raffermo, ogni avanzo conteneva in sé la possibilità di una nuova pietanza.”
Dopo l’esperienza in pizzeria a Napoli, arriva a Sorrento e inizia a girare diversi locali per approdare al Buco di Peppe Aversa dove vince il premio giovani chef emergenti di Luigi Cremona. Si sposta a Milano, al ristorante dell’hotel Principe di Savoia, e poi, per dieci anni, va a vivere sul Lago D’Orta per lavorare nel ristorante tre stelle Michelin Villa Crespi dello chef Antonino Canavacciuolo. “Considero lo chef Canavacciuolo il mio mentore, colui che mi ha formato sia caratterialmente che professionalmente: sono entrato pulendo i piatti con acqua e aceto prima di impiattare e sono uscito come responsabile degli eventi esterni, capo partita della carne e figura di riferimento della brigata. Il clima del lago è mite e distensivo e con lo chef Cannavacciuolo ho imparato ad annusarne l’aria, a carpirne i profumi per ricondurli nei miei piatti. Con lui ho avuto il privilegio di pescare in quel lago generoso: il coregone, la tinca o la trota in carpione. In cucina mi ha insegnato ad estrarne il valore e rispettare la loro genuinità” spiega lo chef.
Da lì si è spostato in Umbria, da Vissani, per due anni, e successivamente da Vissani Capri per un altro anno per poi andare in Svizzera, Francia e Giappone prima di tornare a Sorrento, “la mia terra, dove abbiamo il mare, i monti, la frutta e la verdura di piccoli produttori locali, il pesce dei pescatori di qui che mi permettono di avere un’ottima materia prima”. Dal carciofo di Schito, sontuoso, dal sapore intenso minerale ed erbaceo, ai pomodori del Piennolo, dalla buccia coriacea, la polpa soda e un retrogusto acidulo per una vera concentrazione di zuccheri e sali minerali, dal pomodoro lampadina dalla polpa compatta, la pelle liscia, la forma garbata ai limoni della costa d’Amalfi dal succo abbondante, la buccia preziosa per innumerevoli preparazioni, il profumo intenso e inebriante, dalla mozzarella e ricotta di bufala campana, dal sapore di latte che tende al muschio e di prati all’ aglio rosa di Sulmona, un bulbo rosato che sa essere dolce e piccante fino al basilico che “vive” sul banco di lavoro ed è ingrediente protagonista.
La sua idea di cucina è fortemente legata ai ricordi degli anni passati con la nonna Maria e ai piatti della tradizione che lui alleggerisce in chiave moderna, con grande tecnica e qualche influenza nipponica. Non si è fermato alla sua adorata Campania ma ha capito l’importanza della contaminazione viaggiando e affacciandosi alle cucine degli altri.
“I miei piatti nascono dal confronto giornaliero e dai racconti con i miei piccoli fornitori. Da loro prendo spunto per le mie creazioni ma non solo. Talvolta invece mi ispiro a un paesaggio; tutto può essere un nuovo stimolo: tutto qui mi suggerisce nuove idee e mi stimola a nuove creazioni” illustra Andrea. Ingredienti di alta qualità, spesso locali, un sapiente uso della tecnica, le radici nella memoria di casa e un estro innato fanno sì che i suoi piatti, legati alla tradizione, abbiano un guizzo creativo non indifferente capace di soddisfare mente e palato. A cominciare dal pane fatto con lievito madre, croccante, profumato, gustoso, una passione per i lievitati che descrive poeticamente così: “Affonda le mani in una soffice farina, acqua, sale, lieviti, lascia condurre il movimento dall’impasto, deponi il panetto con cura e comprenderai il significato più profondo dell’attesa”.
Tanti i piatti che richiamano la filosofia dello chef, tra cui l’Insalata di Polpo con polpo cotto a bassa temperatura e grigliato, con la sua maionese fatta con l’acqua di cottura del polpo e olio, misticanza, olive nere essiccate e pomodorini datterini gialli, lo Gnocchetto con cozze, basilico, parmigiano e conserva di pomodoro datterino, goloso e avvolgente, gli Ziti spezzati alla genovese, acqua di provola di Agerola e pancia di maiale alla brace, tra tradizione e innovazione, il Calamaro ripieno con provola, limoni, noci, salsa di cappuccina e tentacoli crisy, un bel mix di terra e mare e infine la Crostatina lemon curd, confettura di mela annurca di Giugliano e zucchero mascobado.
Il ristorante è un piccolo gioiello che non ti aspetti: venti coperti e un dehors esterno nella bella stagione, un arredamento curato e originale, nei colori caldi del legno dei tavoli e delle ceramiche, della bella illuminazione, dei dettagli che si scoprono a mano a mano e abbraccia anche i bicchieri e le ceramiche. Andrea Napolitano lavora nella cucina a vista da solo, con un lavapiatti, mentre la sala è nelle mani della moglie Lucia, sorridente e professionale.
Ndrè Ristorante Sorrento
Via degli Aranci, 101b
80067 Sorrento (NA)
www.facebook.com/ndreristorantesorrento