Testo di Luca Martinelli
Foto di Massimiliano Croci e Matteo Righetto
Dall’amicizia tra l’autore di libri come “I prati dopo di noi” (Feltrinelli) e “La pelle dell’orso” (da cui è tratto il film con Marco Paolini) e il vignaiolo di Castell’Arquato (PC) è nata un’edizione fuori commercio e a tiratura limitata di Campedello, Lubigo, Galvano e Valtolla.
“Massimiliano e io ci siamo conosciuti qualche anno fa. All’enoteca Da Severino di Padova, una delle migliori in Veneto per i ‘vini naturali’ ho conosciuto il suo Campedello per caso e me ne sono innamorato. Poco tempo dopo ho scritto una mail a Massimiliano, perché volevo che leggesse i miei complimenti, ed è nata una sorta d’amicizia, un rapporto che dobbiamo ancora coltivare”. Matteo Righetto è uno scrittore, vive tra Padova e Colle Santa Lucia, sulle Dolomiti. Il suo ultimo libro, I prati dopo di noi, uscito per Feltrinelli nel 2020, è una favola distopica sui cambiamenti climatici, protagoniste le api e tre personaggi incredibili che l’intreccio porta ad incontrarsi. Per Mondadori ha scritto la trilogia Senza patria, che racconta l’epopea di una famiglia nella durissima Val Brenta alla fine dell’Ottocento, anche se forse il libro che lo ha reso più famoso è La pelle dell’orso, da cui è stato tratto un film con protagonista Marco Paolini.
Matteo Righetto è uno scrittore che ama bere vini naturali e dal suo incontro con Massimiliano Croci – vignaiolo curioso della Val d’Arda, animatore di progetti di sviluppo locale e allenatore di una cantera di giovani vignaioli naturali sui Colli Piacentini – è nato un progetto originale. Un’idea “figlia dell’incontro tra un prodotto artistico come un vino e un prodotto artistico come un libro, che hanno delle emozioni in comune, perché la storia raccontata in un libro può portarmi a immaginare un legame con un vino” spiega Massimiliano Croci. “Quando Matteo mi ha scritto la prima volta, avevo già letto L’anima della frontiera, amando il suo modo di raccontare la vita rurale, la fatica di quel mondo che ha vissuto anche mio padre, che da giovane arava con i buoi” aggiunge.
“Ci siamo resi conto che c’erano delle storie dietro le bottiglie e ci siamo accorti che semplicemente potevano esserci dei libri che si potevano abbinare, e abbiamo fatto l’abbinamento” racconta il vignaiolo, uno degli animatori di Emilia Sur Lì, l’associazione dei vignaioli emiliani che lavorano per far riconoscere il valore della tradizione emiliana del vino rifermentato naturalmente in bottiglia.
Le storie, i legami, gli elenca Righetto: “Il Valtolla (Malvasia di Candia 100%, l’unico vino fermo dei quattro, ndr), l’abbiamo abbinato a I prati dopo di noi, perché è un vino nato anche a causa dei cambiamenti climatici, che fan sì che per Massimiliano sia sempre più difficile coltivare quella Malvasia. Il Campedello (Malvasia di Candia Aromatica 60% Trebbiano 20%- Ortrugo 15% Sauvignon 3% – Marsanne 2%, ndr), il mio vino del cuore, è più rustico, più selvatico. Lo abbiamo abbinato a La pelle dell’orso, al termine di riflessioni fatte sempre insieme” sottolinea lo scrittore veneto.
Per quanto riguarda il Galvano, mix di Barbera e Bonarda, la scelta è caduta su Il passo del vento, un libro scritto da Righetto con Mauro Corona: “Per gradazione e struttura questo è un vino, un bel rosso caldo, si presta a essere bevuto anche al di là del pasto, è un vino che richiede pausa, meditazione. Per questo, abbiamo scelto una citazione che parla del tramonto e del progetto per una nuova ripartenza”.
Infine, c’è il Lubigo, l’Ortrugo, vino color dell’oro, rustico e tannico. “Abbiamo scelto L’anima della frontiera, per sottolineare anche il legame con questo territorio frontiera del Ducato di Parma e Piacenza, passato di mano da tra gli Sforza, i Farnese e i Borbone, dominato nella sua storia da spagnoli, austriaci e francesi, francesi a cui piaceva molto questo vitigno autoctono che durante il periodo napoleonico veniva usato in uvaggio con Sauvignon e Marsanne portati dalle truppe dal Sud della Francia. È, per noi, un vino senza frontiere, che consideriamo solo linee immaginarie volute dai potenti per sopraffare le persone più umili”.
Massimiliano e Matteo hanno realizzato 30 esemplari per ogni etichetta, sessanta bottiglie a testa. Etichette non in commercio su cui si può leggere:
VALTOLLA
“L’avvenire, il futuro, qualcosa da compiere in nome di un domani differente, questa era la sua ultima, necessaria risposta. La sua ragione di vita. Non importa chi sei, da dove vieni e cosa diventerai. Se cadi, vai salvato. Sempre”. I prati dopo di noi
CAMPEDELLO
“Amava l’autunno perché trasformava le foreste in dipinti, e nonostante anticipasse l’inverno, che tutti gli anni lassù sembrava non finire mai, rimaneva comunque la sua stagione preferita. Una volta aveva sentito dire che in città non era così, e che non esistevano differenze tra l’autunno e l’inverno. Ma la montagna no, quella era diversa, lì ogni stagione aveva i suoi colori, ogni mese i suoi odori, ogni giorno i suoi cieli”. La pelle dell’orso
LUBIGO
“Pensò al mito di quel confine, alle sue leggende, e soprattutto al fatto che ogni frontiera, in fin dei conti, non è altro che una linea immaginaria inventata da alcuni uomini per sopraffare e maltrattare altri uomini. Le vere frontiere sono quelle tra prepotenti e poveri cristi, tra chi si sollazza di cibo e potere e chi invece patisce la fame e deve spaccarsi la schiena per un pugno di polenta. Ecco, queste sì che sono le vere frontiere”. L’anima della frontiera
GALVANO
“Nonostante giunga alla fine del giorno e simboleggi qualcosa che sta per concludersi, non ho mai vissuto il tramonto con un sentimento legato al passato, bensì con un atteggiamento rivolto al futuro, proiettato a ciò che verrà. Il tramonto, e non l’alba, è il momento del proposito verso l’indomani, l’attimo in cui si devono azzerare i propri fallimenti e provare a ripartire. L’alba deve trovarci già pronti”. Il passo del vento
Croci Tenuta Vitivinicola
Località Monterosso, 8
29014 Castell’Arquato (PC)
www.vinicroci.com