Testo e foto di Greta Contardo
Segnare in agenda: andare a Podere Belvedere, il prima possibile. A Pontassieve – mezzoretta di macchina da Firenze – in un antico casolare ristrutturato sul cucuzzolo di una delle incantevoli colline del Chianti Rufina, tra galline che scorrazzano e asini che ragliano sta avvenendo qualcosa di particolare; e particolarmente interessante. A star is born: è Edoardo Tilli il cuoco autodidatta da tenere d’occhio. Cuoco ricercatore un po’ filosofo, un po’ chimico, dalla passione ardente come la sua brace, impronta della sua cucina.
Piccolo siparietto introduttivo del chi come cosa e perché. Nel 2012 Edoardo inizia, insieme alla moglie Klodiana Karafilaj (responsabile, tra l’altro, dell’impeccabile e calorosa accoglienza del Podere) la trasformazione del casolare acquistato dalla sua famiglia negli anni 80, nel 2018 apre l’agriturismo. Edoardo è geometra con perito aeronautico e maestro di yoga, ma decide di buttarsi a capofitto nello studio matto e disperatissimo in cucina. Autodidatta, sceglie come via vocativa quella della cucina sulla brace, e ancora di più, della ricerca e sperimentazione sulla carne, su tutti i processi enzimatici che avvengono in essa con il passare del tempo e sulle fermentazioni volte a non buttar via nulla di ciascuna materia prima trattata.
Lo studio perpetuo è l’elemento fondamentale della cucina di Edoardo. Che con dedizione esplora, evolve concetti e lavorazioni, creatività e tecniche. È l’attenzione ai dettagli che fa la differenza tra straordinario e normale qui. Dettagli che risultano in pulizia e concentrazione di sapori. Divertenti, spiazzanti, appaganti, emozionanti. Edoardo guarda la carne, la riconosce e sceglie come trattarla. La cura con amore fin dal principio: la selvaggina, per esempio, arriva in cucina intera, appena cacciata e nulla ne viene buttato. I pezzi “nobili” maturano con frollature ad hoc, quelli più ostici diventano essenze di carne: i garum. Con eleganza e maniacalità valorizza ed esalta nel dettaglio i sapori autentici di tutti gli elementi che lavora con shoyu e lattofermentazioni. Tutto fermenta e tutto muta, come i pensieri di Edoardo, “estremamente indietro, estremamente in avanti”, che osa, supera i limiti, tutti i limiti, miscela il nuovo e il tradizionale. “In questo modo, è la natura che cucina” ripete Edoardo, come fosse un mantra.
Potremmo scrivere paginate per approfondire “l’etica e la dialettica” di Podere Belvedere, della materia prima di super eccellenza, del lavoro simbiotico con la terra (chiaramente Podere Belvedere, è anche azienda agricola), a raccontare la favola bucolica di quel casolare in cima a quelle colline. Vi invitiamo di scoprirle direttamente in loco a chiacchiera con Edoardo e Klodiana, perché meglio di loro non possiamo farlo. Raccontiamo invece per filo e per segno il menu FIERI, “il futuro”, il sorprendente menu al buio, significante di tutti i contenuti ideologici di Podere Belvedere, “quello in cui Edo si è un po’ lasciato andare, un po’ più estremo, in cui si capisce la sua filosofia attuale in cucina, perché poi è un pazzo scatenato in continua evoluzione” spiega Klodiana. In cui ritornano, come un eco alle orecchie come una conferma in bocca, i termini: “pulizia e concentrazione”.
Nota bene – selvaggina e manzo a parte – tutti gli elementi del menu sono auto-prodotti.
Il menu FIERI
È un sorso di brace ad aprire lo stomaco con il corroborante Brodo di pollo caldo cotto sulla griglia, uovo di quaglia marinato nella soia e fiori di calendula. Aiutato, in successione, dalla carrellata di entrée giocherelloni, esplosivi, avanguardisti elegantemente raccontati da Klodiana, mentre sbicchiera, per accompagnare la birra marchiata Podere Belvedere.
Sono: la Farfallina, una cialda con maionese di senape e miele di castagn; le Finte olive, che sono kefir con marmellata di fichi, l’Uovo al tartufo al tegamino, quindi un finto tartufo che è un tuorlo – con parmigiano e tartufo liquido – impanato nel carbone vegetale e fritto; una Pallina di lampredotto con salsa verde e Testina di cervo con cipollina in agrodolce; Tacos di foglia di borragine fritta con all’interno animelle grigliate e fiori di senape selvatica; infine, Tartelletta di mandorla con rapa rossa marinata e crema di rapa rossa cotta sotto cenere e uova di trota.
Entra Edoardo con l’Anguilla alla griglia. Grazie alla raffinata tecnica giapponese ikejime – con cui si estrae il midollo spinale con un ago per impedire la produzione di acido lattino e gli spasmi muscolari che rendono la carne dura – ed eliminando il sangue, l’anguilla può essere appesa in frigo per un mese. Il risultato? Anguille grosse come capitoni dalla carne fondente, morbida. “Pulizia del sangue e concentrazione – spiega Edoardo – con una laccata di salsa teriyaki fatta con un garum di anguilla (ottenuto con gli scarti dell’anguilla stessa uniti al koji che li scompone enzimaticamente e ne fa un liquame che in 6-7 mesi sembra salsa di soia) e una punta di wasabi.
Midollo di cervo alla griglia con gamberi rossi crudi, polvere di limoni, salsa di teste e la mela in osmosi in un succo di sedano e prezzemolo. Senza sale, è il midollo a dare tutta la sapidità. E che sapidità. Pulizia e concentrazione, totale nella Tartare nella sua essenza. Spiega ancora Edoardo: “Con una frollatura idonea e quindi con l’ottimo lavoro dei microrganismi, la carne diventa delicata, elegante, si sente quasi una profondità, un’espressione vegetale di quello che ha mangiato l’animale. Ma è poco idratata quindi entra in gioco il fermentato della stessa specie: in questo caso Tartare di cinghiale (3 mesi di frollatura), garum di cinghiale e olio d’oliva per reidratarla. Ad accompagnare: una Crepe di sangue di maiale, finocchietto selvatico, senapi selvatiche e koji lattofermentato. “Il discorso ha una spiegazione – chiarisce Edoardo – questi i sapori derivano da una riflessione sull’alimentazione dell’animale. La carne è elegante, pulita e concentrata dalla frollatura, si sente il vegetale che si ritrovano in maniera acuta nella crepes”.
Cosa c’è di marino in campagna: ci sono erbe che ricordano il mare come borragine e portulaca, ci sono frollature in alta umidità che ricordano il mare. Ci sono interiora che arrivano a sapori marini. Ecco quindi, un infinito d’ostrica che è Coscia di daino frollata in umidità – molto salmastra – vellutata di erbe amare selvatiche e plancton, che hanno il sapore dell’ostrica senza sale. Poi ostrica ma passata a fiamma viva che spinge di dolcezza. “Questo piatto viene servito con pan brioche perché è un piatto da amore o odio. Chi poco tollera il sapore intenso, può smorzare il morso con bocconi di pan brioche; chi se ne innamora lo si tiene il pan brioche per fare scarpetta. Klodiana porta una pozione magica, che è il kombucha della pianta di fichi d’india del loro giardino, Edoardo continua con una carrellata di: “Sugo di interiora, fichi, coscia di colombaccio, sotto. Petto di colombaccio scottato, mix di spezie e olio all’alloro. A fianco Salsiccia di piccione adulto che ha volato, tutta un’altra cosa. Spiedino di uccellini da stormo cotto a fiamma viva con miso di ceci e tosazu. Filetto di petto di colombaccio marinato al suo garum (cotto al tavolo su un piccolo bracerino)”. Una scoperta dietro l’altra.
Che continua con Rognone grigliato alla base, susina acidificata, oxalis coltivate e spontanee, scampo caramellato, polvere di bottarga di interiora di agnello (disidratate in casa che hanno un sentore di affumicato) e ancora Faraona alla griglia cotta a distanza (Edoardo si è fatto costruire una griglia con altezze regolabili, ndr) cosparsa di miso di ceci per 15 giorni in frigorifero, poi grigliata, coperta, lentamente. La pelle si scioglie, la carne è succosa. Sulla base viene messa una salsa di sesamo tostato e sopra un ricordo di muffa che è zucchero filato. E la sorpresa continua.
“Carne magra con una frollatura adeguata, in questo caso si parla di frollatura in pelle”. Prosegue Edoardo portando il Controfiletto di cervo – frollato in pelle sulla costata per 67 giorni che risulta incredibilmente fresco, morbido, umido – cotto alla griglia, con lardo di pancia di mangalica, fondo di nocciole e ossa di cervo, una spruzzata di aceto di more e lamponi. E poi c’è la Bistecca. Una missione per Edoardo. Carne di Frisona italiana della Macelleria Mantovani “in cui conta il vissuto, l’età, il carattere” per studiare frollature con umidità adeguate per consentire ai microrganismi di “portare in superficie memorie antiche”, per assaporarne l’intensità. Viene cotta rigorosamente alla griglia e condita con un pizzico di sale. Magnifica.
Al contrario, per enfatizzare l’importanza delle carni nel suo menu e non lasciare che le paste “addormentino” le papille, Edoardo serve tutti i primi per ultimi. Un insolito Risotto al caprino, gel di lime e bacche di crespino, delle pazzesche Tagliatelle al ragù di cervo frollato in casa con garum di cervo e sciroppo di cipresso per una punta di dolcezza e ancora lo Spaghetto grigliato Stile Recanati (ah, Edoardo è allievo e seguace di Errico Recanati e della sua cucina alla brace) e reidratato nel succo delle ossa di prosciutto di cinta senese, parmigiano 96 mesi con ricci di mare. Che è la pasta come non dovrebbe essere, stracotta gommosa e leggermente dura. “Fermentano” anche i dolci: con Banana ossidata e cioccolato bianco ossidato, con lo stesso procedimento dell’aglio nero e Lime muffato, crumble, marmellata di fichi e crema di limetta.
Ripetiamo: segnare in agenda Podere Belvedere per un’esperienza di “pulizia e concentrazione” da non dimenticare.
Podere Belvedere
Via S. Piero a Str., 23
50065 Pontassieve (FI)
Tel: +39 333 869 3448 | 329/0115099
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