Testo di Letizia Gobio Casali
Foto cortesia di Osteria Acquarol
Nel saggio – pubblicato nel 1794 – Viaggio attorno alla mia stanza lo scrittore Xavier de Maistre ha dimostrato che è possibile “muoversi da fermi”, ovvero evocare altri spazi e altri tempi partendo da mobili e oggetti presenti in un singolo ambiente: arredi che l’autore, appunto, usa come fonti di ricordi e di ispirazione. Lo chef Alessandro Bellingeri compie un prodigio simile all’Osteria Acquarol di San Michele Appiano (in provincia di Bolzano): dal tavolo trasporta il commensale in viaggio per l’Alto Adige, a esplorare i suoi prati, attraversare i suoi boschi, annusare i sentieri. Solo che quel territorio, in realtà, non esiste da nessuna parte: non è quello classico che il turista può aspettarsi, a base di portate o di aromi tradizionali. È un universo a sé stante, al tempo stesso radicato in un contesto specifico, eppure unico, inimitabile al di fuori del piccolo orto da cui lo chef trae erbe e ispirazione, anche se, come spiega lui, per le sue creazioni “è il contadino che fa il piatto”.
Non si pensi però che gli acquisti al mercato siano una quantità considerevole: “Ogni settimana compriamo quattro melanzane, un chilo di pecora” riassume Bellingeri. Perché in realtà il ruolo da protagonista lo giocano le erbe dell’orto, che non sono neppure delle rarità o degli esotismi (anche se lo chef sta sperimentando una pianta messicana che odora di benzina). Piuttosto sono, come nel caso degli arredi di de Maistre, aperture verso altri territori che, come detto, pur richiamando un determinato territorio, sono accessibili solo tramite la fantasia dello chef. Quante volte abbiamo trovato il tarassaco in un piatto di montagna? Eppure, il sublime Riso carnaroli cotto nel siero di latte di capra con pesto, capperi e polvere di tarassaco e gemme di abete ha un sapore inedito. Bastano allo chef pochissimi ingredienti per approntare meraviglie, che sono come Alto Adige allo stato puro, eppure anche inequivocabilmente cucina italiana: qui non trovate nessun cedimento alle abitudini tedesche, come l’unione di carne e riso nella stessa portata, in favore di una freschezza di ingredienti tipicamente nazionale.
Eppure, Bellingeri ci tiene ad accontentare il cliente, al punto da chiedersi: se faccio contento un cliente che rifiuta i latticini, il mio lavoro sta nell’andargli incontro o così facendo mi snaturo? Se elimino la carne dal menu, il risultato sono sempre io o no? In realtà il problema spesso non si pone. La bravura dello chef è tale che, perfino togliendo un ingrediente, la ridefinizione dei sapori ha del prodigioso. E dire che arrivano tutti insieme, bam, al primo assaggio: lampi di acidità, come nelle Animelle con prugne, poi temperate dalla citronella. O esplosioni di amaro, come nei i Cannelloni di bardana, subito bilanciati dalla ricotta. Ogni piatto è una sorpresa e insieme una certezza, quella di una cucina immediata ma non semplice. Anzi, stupisce che lo chef, con un solo aiuto in cucina, riesca a produrre tutto questo.
E così, dispetto della modestia del nome del ristorante (Acquarol è un rinfresco fatto di vino allungato con acqua, una bevanda popolare e senza pretese), dopo aver sperimentato il menu a 9 portate chi scrive sospetta che, pur se con ponderazione, appena può, lo chef osi, azzardi, provochi, mettendo nel menu piatti così poco convenzionali che a volte non convincono del tutto la moglie Perla Cardenas, l’altra metà di Aquarol, preziosissima risorsa sia per la gestione della sala e della carta dei vini sia per i preziosi consigli che dispensa. È stata lei a suggerire per esempio, di mettere nel menu un dolce al cioccolato, “che gratificasse le signore”, cui lo chef ha aggiunto però un tocco di affumicatura, a rendere originale quella che potrebbe sembrare una portata “classica”. È stata sempre lei ad aver proposto di affiancare al ristorante un Pastificio, A.mano, che è un modo di avvicinare la clientela locale all’arte dello chef, ma andando incontro – anche qui – alle esigenze delle persone di “uscire dalla messa domenicale” e di trovare il pane appena sfornato.
È però il talento di lui a guidare il menu che offre sapori che singolarmente sono comuni, ma insieme proprio no, rendendo così straordinario il quotidiano. Erbe “ordinarie” come la salvia moscata, il tarassaco, la bardana, l’erba buon enrico ora diventano indice di una personalità che ha le idee chiare e che, se ricorda gli insegnamenti dei maestri (Berasategui, Spigaroli, Crippa, Gilmozzi) non soggiace alla fascinazione, che prende nota delle mode ma le rielabora. Come nelle Tagliatelle verdi: nella pasta accolgono 18 tipi di erbe, ma non sono né un piatto alla Crippa né alla Gilmozzi, bensì un mix solo bellingerano, una riedizione made in Sudtyrol della casetta delle erbe di Villa Fiordaliso, dove Riccardo Camanini “mi mandava a cercare due o 3 foglie di un tipo e 2 di un altro” ricorda lo chef.
“Io cucino di istinto, anche se ho quaderni pieni di appunti – ci racconta Bellingeri – sento l’odore dei pomodori alla griglia e mi viene in mente di farne un kombucha”. Viva la pancia, lo slancio, allora. Eppure, che stoffa si percepisce nei Ravioli di pecora cotta alla brace nella birra rossa, con il cardamomo che prepara alla freschezza del finocchietto! Neppure i dessert o la piccola pasticceria, che in genere risultano una prevedibile piacevolezza, vengono lasciati nei tranquilli binari della consuetudine. Dal dolce con Levistico e mezcal alla Tartelletta con fiori di riso ai giocosi Marshmallow con Chartreuse e ruta si viene trasportati in un territorio familiare ma nuovo, semplicemente strepitoso.
E dopo una successione di portate da applauso, viene da chiedersi: se questa è la versione di compromesso del menu, quella gestibile da un gourmand che è comunque un turista, dove arriverà domani Bellingeri? Chi scrive sospetta che arriverà molto lontano, pur se dovesse rimanere per sempre in Alto Adige.
Osteria Acquarol
Via Johann Georg Plazer, 10
39057 Appiano (Bz)
Tel. +39 0471 362932
www.acquarol.it