Testo di Gualtiero Spotti
Foto di Benedetta Bassanelli
Pensieri e parole, come direbbe Lucio Battisti, ma soprattutto immagini, raccolte da Benedetta Bassanelli, che certificano lo stato attuale del mondo gastronomico internazionale, fotografato in uno degli eventi più celebrati ormai da diversi anni.
Omnivore, a Parigi, è uno degli appuntamenti clou – e uno dei primi a riunire i protagonisti di una fase che si può ormai definire di transizione – con incertezze verso il futuro e la ridefinizione di quale sia il ruolo del cuoco (ma anche del cibo, se vogliamo) e di chi lavora in questo ambiente.
Un momento davvero cruciale, un po’ causato dal Covid, che insieme alla ormai ultra-citata resilienza, sono diventati i protagonisti di molti degli incontri della tre giorni tenutasi nel bel Parco Floreale di Vincennes. Temi più concreti, quindi, e meno giocati sulla creatività, con le verdure e la sostenibilità in primo piano assoluto.
Grazie anche a una compagine agguerrita di donne ai fornelli che sta emergendo a livello internazionale e che ha nel proprio Dna questi argomenti pronti all’uso.
Si sono viste Pia Leon, Nina Metayer, Adeline Grattard, Chiara Pavan, l’emergente francese Melanie Serre del bistrò parigino Le Louis Vins, Nadia Sammut, tra le altre; con gli storici (anche della pasticceria) a gettar invece alla platea pillole di saggezza e di vita vissuta, ma anche a definire i tratti del lavoro contemporaneo tra difficoltà e scelte di vita più rilassate.
Il frizzante e richiestissimo Christophe Michalak ha lasciato il posto sul palco a un più compassato ma non meno applaudito Michel Bras; Pierre Hermé ha raccontato il suo rapporto con il caffè nella pasticceria, e Pierre Gagnaire e Virgilio Martinez hanno attirato la curiosità di tutti, non meno del frequentatissimo e ampio stand di promozione del Perù, tra bicchieri di Pisco e Chilcano.
Omnivore ha poi lasciato spazio a momenti estremamente curiosi e particolarmente riusciti, soprattutto nel più vivace stage “liquido” che ha visto come protagonista la mixology (uno dei presenti era Aaron Diaz del Bar Carnaval di Lima), ma anche solo girovagando per gli stand che, come sempre, mescolano realtà industriali e qualche artigiano.
E proprio a questi ultimi si può prestare una maggiore attenzione. Come nel caso del giovane Dorian Tota e del suo ODS Olio di Serra, con una storia avvincente che prende il via dal trasferimento di parte della sua famiglia negli anni Cinquanta del secolo scorso a Lione, e il legame con i parenti pugliesi e con il Gargano – dove si trova la produzione di olio – mai interrotto.
Al punto che da cinque anni a questa parte, Dorian e il padre Dante hanno iniziato a commercializzare i prodotti in Francia e in Europa, mentre in Puglia rimangono a seguire la produzione lo zio Vincenzo e il cugino Gabriele.
Ma questa è solo l’ultima delle commistioni tra Francia e Puglia, se pensiamo che un grande cuoco come Guy Martin, del ristorante Le Grand Vefour a Parigi, da qualche anno a questa parte, ha ristrutturato a Nardò, in Salento, i Palazzi Maritati e Muci e li ha trasformati in due B&B di lusso, arricchiti da opere d’arte e di design.
E infine, tornando a Omnivore, la sequenza di premi ha poi celebrato la maestria in sala di Justine Prot, che lavora da Passerini a Parigi; sempre in città le dolcezze di Mélanie l’Heritier e Arnaud Mathez alla Pasticceria Le Jardin Sucré e, come rivelazione, il cuoco Florent Pietravalle de La Mirande ad Avignone, già allievo di Pierre Gagnaire.