Testo e foto di Gualtiero Spotti
Che Mosca e la Russia stiano cercando di ritagliarsi uno spazio nel circuito gastronomico mondiale che conta, è ormai un dato di fatto. Al netto di personaggi ormai celebrati come Vladimir Mukhin e i gemelli Beretzuskiy – i cui nomi girano già da tempo sui taccuini degli addetti ai lavori – il sottobosco della capitale inizia a manifestare più indirizzi degni di nota, come certificato anche dal recente arrivo della guida Michelin.
A questi ristoranti (in buona parte tutti da scoprire) si aggiunge il crescente interesse da parte dei cuochi internazionali, i quali iniziano a guardare verso nuovi territori, nuove possibilità di crescita professionale e, chiaramente, nuovi potenziali investitori. Ci aveva già pensato Carlo Cracco qualche stagione fa che, nel ristorante Ovo del Lotte Hotel, aveva mandato il giovane e promettente cuoco Emanuele Pollini, poi rimasto a Mosca una volta esauritasi l’esperienza di Ovo e impegnato oggi in diversi progetti gastronomici.
Ma tra i nomi altisonanti della cucina internazionale il primo a farsi vedere in città è oggi il peruviano Virgilio Martinez del Central di Lima, che ha spedito in avanscoperta già da tempo (il Covid ha poi allungato i tempi di apertura) i suoi fidi cuochi Nicanor Vieyra e Sang Jeong per l’inaugurazione prevista a fine novembre di Olluco. Si tratta di un ristorante che promette di diventare (per contenuti e ambiente) il luogo simbolo del nuovo corso gastronomico della capitale russa. Una cucina d’impronta peruviana, senza ombra di dubbio, ma costruita all’80% con materia prima locale, anche se poi sarà facile incrociare nelle pieghe del menù radici andine, tuberi e kiwicha, tra gli altri, per un ristorante in puro stile Central, con tavoli, ceramiche e allestimenti che richiamano inevitabilmente la casa madre di Lima, perfino nell’ampio e piacevole spazio bar e lounge, ben separato dalla sala principale.
E poi nel nome, Olluco, che celebra uno dei tuberi più coltivati nella regione delle Ande. Certo, ci sarà infine da capire quale sarà il feedback della clientela moscovita, ma il dado, come dicevano dalle parti del Rubicone, ormai è tratto. Per guardare un po’ in là nel tempo e immaginare quali possono essere gli scenari futuri non tanto su Mosca e la Russia, quanto sulla cucina internazionale del prossimo triennio, abbiamo scambiato due chiacchiere con Nicanor Vieyra, il cuoco argentino che reggerà le sorti di Olluco sin dalla sua apertura.
Quale credi che sarà il trend dei prossimi anni riferito a un piatto o a un ingrediente?
“A mio parere, vedo una tendenza verso la conoscenza del prodotto e dei modi in cui viene preparato, non tanto un piatto o un prodotto particolare. Sia il consumatore che lo chef sono alla ricerca di esperienze autentiche che trasmettano natura, purezza e parlino della loro origine. Vedo più diversità di proposte, non da un paese specifico, ma una tendenza globale verso la conoscenza del prodotto, la ricchezza di ogni nazione e le sue ricette. Con maggiori informazioni su ciò che viene mangiato, quindi, possiamo parlare di un consumo consapevole e sano. Credo che la cucina di lusso e i suoi piatti permetteranno un nuovo approccio ai prodotti considerati di basso valore gastronomico. Verrà dato valore a questi prodotti precedentemente riconosciuti come poveri, ma con la storia, con la trascendenza, con il futuro. Sarà una cucina in grado di ispirare, e questo lascia sicuramente un messaggio forte”.
Cambierà la percezione della cucina etnica nel consumatore finale e l’influenza di questa sulle cucine occidentali più classiche?
“Non so se le influenze che stanno arrivando saranno etniche, ma puoi vedere influenze da tutto il mondo che raggiungono tutte le cucine, a livello globale. Il sud-est asiatico ne è un chiaro esempio. Le cucine meno riconosciute stanno poi generando una certa curiosità come nel caso della cucina africana, e le gastronomie che non sono mai state sulla mappa stanno iniziando a essere osservate e sono molto interessanti. Non è più una rivoluzione, ma una questione di conoscenza, di viaggio, di esperienze del cuoco e del consumatore”.
E cosa sta accadendo in Sud America?
“In America Latina abbiamo sempre avuto una certa affinità per la cucina francese, ma forse sempre con un passo indietro. Lo stesso vale per le altre cucine europee. Penso che ora stia rinascendo con giovani chef che si ispirano a queste cucine e imparano queste tecniche. Costantemente alla ricerca della conoscenza e dell’utilizzo di prodotti locali, utilizzando tecniche provenienti dalle grandi cucine d’occidente. Sto parlando più specificamente del Perù, dove ho trascorso gli ultimi anni. La cucina orientale è sempre stata molto forte lì, e quando è arrivata la gastronomia occidentale, forse questa non era così influente. In questo caso, io credo che stia iniziando una tendenza di una cultura gastronomica più vicina a quella ispanica”.
Olluco
Datev Pereulok, 19
Moscawww.olluco.ru