Testo di Lorenzo Sandano
Foto cortesia
Dabiz Muñoz e il suo ristorante DiverXO non necessitano introduzioni ingombranti: sia perché ve ne avevamo parlato in Cook_inc. 20 sia per la cavalcata di fama (e fame) intrapresa dal cocinero spagnolo e dal suo team sino a oggi. Un cuoco dal look proto-punk che ha conquistato tre stelle Michelin (unico a Madrid, tra i più giovani della storia), oltre a un portfolio di posizioni ai vertici in tutte le maggiori classifiche internazionali. Consacrazione di doti e riconoscibilità planetaria a dir poco indiscutibili. Il nostro ritorno presso la sua insegna ha tuttavia sollevato inedite suggestioni, meritando un aggiornamento sullo stato di grazia di questa realtà.
Oniriche ambientazioni sartoriali
Tutto – appena varcate le porte girevoli dell’NH Hotel Colletion Madrid (zona Chamartin) – appare uguale a come l’avevamo lasciato, ma non per questo meno impattante: i maiali alati e le formiche giganti che fiancheggiano le pareti e le scale fino alla sala da pranzo principale; i corridoi specchiati con farfalle e dettagli onirici lungo il tragitto della toilette; le ampie tavole tonde con tovagliato bianco, poltrone da aereo prima classe (di comodità extreme) e tendine di seta a fare da velato separè dagli altri commensali. Questa volta però, insieme al simpatico Pig Maneki Neko dal braccio ondeggiante (portafortuna nipponico brandizzato in stile XO) ci attende a tavola anche una folta risma di fogli che introducono i diversi passaggi del menu. Ogni piatto viene infatti servito con un’immagine/spiegazione in cui tutte le illustrazioni sono piccole opere d’arte da lasciare all’ospite come ricordo dell’esperienza. Nel caso vi crei disagio l’idea di pasteggiare circondati da qualche formica argentea o suini volanti locati un po’ ovunque, sappiate che provengono da un significato profondo (come quasi ogni cosa qui): i maiali simboleggiano la possibilità di sognare l’impossibile, in particolare rispetto gli esordi di Dabiz e nello spiccare il volo verso la vetta; le formiche sono invece tributo all’operosità insostituibile del team e al lavoro di squadra che regola gli equilibri delle brigate di sala&cucina.
Maturo al giusto punto di fiamma
Proprio il personale in servizio – contraddistinto da outfit circensi in tinte rosse, bianche e nere – si rivelerà coadiuvante fondamentale per un decollo senza battute d’arresto nel travolgente pensiero gastronomico di Muñoz. E se l’ingresso nelle cucine dell’ultima visita ci aveva colpiti anche per l’enorme scritta “Vanguardia o Morir” impressa sulla porta principale, il tenore di questo menu denota un’armonizzazione complessiva degli assaggi che mette in luce un ulteriore livello di maturità. Non si tratta di intaccare o meno il senso sottile di voler fare avaguardia, bensì le abilità affinate nel modulare ancor meglio timbriche impetuose (vedi toni di brace, affumicature o bbq) preservando una consecutio esplosiva di portate. Rimane saldo il focus strabiliante verso il nocciolo del gusto, traducibile nel motto spagnoleggiante: “sabor, sabor, sabor!” Allacciate le cinture strette al vostro maiale alato e godetevi il trip.
Affettività riflessiva & commistione di culture
Come una tratta a bordo di uno shuttle iperbolico, il tasting menu del DiverXO prevede accelerazioni, planate e turbolenze da vivere però solo in ottica positiva. Un talento perno di Dabiz è, infatti, quello di saper oscillare in fluente continuità dai sapori ispanici più radicali alle contaminazioni esotiche più lontane. Tutto rimodellato attraverso il suo sguardo e il suo senso del gusto. La passione godereccia dello chef per le ricette orientali (sia in abito fine-dining che in quello “da strada”) è ormai di dominio pubblico in qualsiasi format che crea, ma nel suo ristorante madre l’equilibrio raggiunto attraverso la padronanza tecnica e il fraseggio di influenze recuperate dai viaggi intorno al mondo, trova senz’altro acme di concretezza e realizzazione. L’aspetto ludico nella fruizione delle portate, il ritmo cadenzato al millimetro dei numerosi passaggi (spalleggiato dallo scoppiettante wine-pairing) e l’estetica eccentrica dei piatti (che ricrea micro-scenografie edibili) sono altri elementi che coloreranno il “volo” nel fulcro di questa cucina, puntellato tanto di stupore papillare quanto di genuino divertimento. Il fil rouge che ci è parso cogliere è che qui studio e ricerca non scaturiscano solo da espedienti creativi, ma da un attaccamento viscerale rivolto a pietanze/ingredienti segnanti per lo spettro affettivo di Muñoz. Una riflessione generata dal godimento e non dall’ossessione di stupire.
Il menu che fa spiccare il volo (anche ai maiali)
Tra i molteplici highlights, polposi bocconi elettrici quelli dell’Oriental Frozen Ceviche, avvolto da un latte di cocco homemade. La lavorazione giapponese del ghiaccio tritato finemente in foggia kakigori viene declinata dalla canonica versione dolce al salato, in un dinamico susseguirsi di contrasti e masticazioni con olive kalamata, pomodori semisecchi, vongole e capesante galiziane. In centrotavola, trionfa la tenera Polpa di cocco tailandese grigliata e abbinata a una salsa satay realizzata con mais tostato in virtù delle tradizionali arachidi. Scoppiettante il “duetto” di Caviali (vegetale e marino), ove quello di storione del Río Frío si avvale di texture inedita con l’attenta cottura nel forno tandoori, mentre i piselli provenienti dalla regione di Aliste a Zamora vengono scottati nel wok rovente, garantendo una musicale croccantezza esterna con un cuore placido e succulento. Mirabili salse di raccordo tra i due caviali sono un ajo blanco alle noci di macadamia, cocco e rafano, e ajo verde, realizzato con pistacchi e peperoni jalapeños.
Assolo materico quello dedicato alle Espardenyas (simil cetriolo di mare), scottate violentemente all’esterno per enfatizzarne il nervo pur mantenendo un callo tenero e sontuoso al momento del morso. Per “livellare” la masticazione, subentrano una vellutata tartare di bonito marinato nel proprio grasso insieme al manto fondente di patate delle Canarie. Sulla base, il tripudio oceanico del persistente e umamico brodo di scorfano ridotto in nettare. L’intermezzo sulle memorie infantili di Dabiz, incarnato dal Minutejo del Agus, è uno dei bocconi più detonanti: trattasi di una dedica al panino della merenda che suo padre, Agustin, era solito preparargli con due fette di pane imbottite d’orecchie di maiale fritte. La rilettura in one bite prevede due cialde ultra crispy di cotenna di maiale soffiato – al posto del carboidrato – farcite con salsiccia auto-prodotta a base di testina di maialino iberico infusa al pepe giamaicano, crema di formaggio pecorino e rucola, tuorlo d’oca stagionato e funghi. Esplosivo, melodico e suadente.
Filone d’intensità che si ritrova sia nell’interpretazione del King Crab (proposto in una zuppa tipica di Donostia con essenze del granchio saldate da burro arrostito e txacoli insieme a una libidinosa omelette spagnola plasmata in guisa di takoyaki con lardo iberico fuso a bardarne la circonferenza); sia nella riscrittura della Zuppa di noodle al pollo: adattata utilizzando la razza galiziana del pregiato Gallo de Mos, da cui si ricava un brodo emulsionato col suo stesso grasso per un risultato folto, ricco e setoso. Al posto delle tagliatelle, il consommé accoglie turgide angulas, tortellini ripieni di cime di rapa e verza, spinaci e coscia di gallo arrostita a puntino. A corredo del portentoso binomio terra-mare, troneggia in cima al piatto una forchetta con pelle fritta del gallo a mo’ di torreznos (chicharron madrileni) e la sua cresta glassata come una lucida caramella.
Apice del comparto salato nell’apoteosi della Paella (prima) e nella “miglior parte dello stufato” (in chiusura). La radice popolare del tipico piatto di riso spagnolo viene celebrata su nuove scale applicative con l’obiettivo di potenziarne la resa. Si utilizza una varietà nipponica del cereale per raggiungere un chicco super crunchy nella crosta e molto cremoso nell’anima, orchestrando poi un singolare rito di servizio del sushi (battezzato Nigiri Mediterraneo) che contempla la cacciagione da piuma come condimento elettivo della proto-paella secondo Dabiz. Ne derivano quattro bocconi clamorosi: Petto di tordo con i suoi succhi; emulsione delle teste con wasabi pickled e tartufo nero; Salmì delle sue interiora con sardina marinata e aceto affumicato; Tartara della polpa del pennuto con caviale e involtino di alga nori. Arriviamo a toccare il fondo (della pentola) con l’elogio all’intingolo che lo stufato di ogni convivio familiare lascia sui bordi del tegame quando la carne è terminata. Muñoz lo nobilita cuocendo diverse tipologie di verdure separatamente nel fondo corroborante di uno Stufato di cinghiale estratto al massimo, ricollocando poi una Costina magistralmente laccata di cinghiale femmina (dalle carni più tenere) e crosta di pizza fritta con pesto e olive nere quale strumento definitivo per imbandire una gloriosa scarpetta.
Il dessert evocativo in tema Deserto di Fuerteventura si focalizza sul prelibato latte di cammello dell’isola (mantecato in un gelato) disegnando un potpourri di sferificazioni al galanga e mano di Buddha, zuppa di miso dolce e cioccolato biondo che trasportano la mente in mood vacanziero quale carezzevole assaggio finale. Non vi resta che sbocconcellare le varianti di Mochi dei petits-fours e dare un’occhiata in sala al termine del servizio per rinfrancare le considerazioni di stima verso Muñoz: il cocinero in prima persona saltella tra i tavoli recapitando barattoli della paella avanzata dalle rispettive performance del testing-menu servite agli ospiti. Una prova risolutiva e saporita dell’attitudine di questo chef, nonché del suo indissolubile legame affettivo con l’essenza più genuina della comida.
DiverXO
Presso NH Eurobuilding
C. del Padre Damián, 23 – Chamartín
28036 Madrid – Spagna
Tel: +34915700766
www.diverxo.com