Testo di Cristina Ropa
L’universalità dell’arte, il suo intento di unire culture, tradizioni, diverse forme espressive in una narrazione che trascenda qualsiasi barriera, raggiunge il suo massimo splendore quando si materializza in opere che celebrano il nostro essere cittadini del mondo, esseri umani parte di una stessa unica grande famiglia. Tara e Tessa Sakhi, designers e fondatrici dello studio di design e architettura T SAKHI, con le loro collezioni Tasting Threads e Nomad hanno saputo esplorare la materia, plasmarla seguendo le tradizioni Mediterranee e realizzare oggetti di design che divengono manifestazione di una poetica che trascende limiti e divisioni e si prestano a creare ponti di amicizia, pace, solidarietà. Il vetro di Murano fondendosi con materiali metallici provenienti da scarti di fabbriche, segno di una profonda sensibilità verso il tema dei rifiuti e quindi di rispetto per il Pianeta, racconta i paralleli tra la cultura italiana e quella libanese da cui le due designers provengono. “Sono due tradizioni che danno un’enorme importanza all’incontro sociale e alla ristorazione – mi raccontano – Volevamo progettare oggetti funzionali per l’uso quotidiano che unissero le persone e che permettessero loro di interagire e condividere momenti davanti al cibo e all’alcool”.
Le collezioni comprendono bicchieri bassi e bicchieri alti, due fiaschi di diverse dimensioni, una ciotola profonda e un piatto grande. Ogni pezzo è disponibile in colori pastello o in sette vivaci tonalità, dal blu cobalto al rubino, e dal verde smeraldo all’arancione. “Nel tentativo di rendere questa linea dinamica e giocosa, abbiamo lavorato per realizzare varie dimensioni e colori. Entrambe le collezioni sono nate dopo aver visitato l’isola italiana di Murano cinque anni fa per collaborare a un progetto con Laguna B e ora abbiamo deciso di avere sede a Venezia, dopo l’esplosione del porto di Beirut lo scorso agosto. Quando iniziammo a lavorare con i progetti di Laguna B rimanemmo affascinate dal vetro: il processo di fabbricazione, la sua malleabilità, i suoi punti di forza e di debolezza, la sua fluidità che si fa solida, spingendoci a esplorare diverse trame possibili”.
L’arte di Tessa e Tara spazia oltre la creazione di opere di raffinato design sostenibile. Si sperimenta anche nel video making e nelle installazioni di cui l’ultima “Letters from Libanon” è tutt’ora in esposizione fino al 21 novembre 2021 nei Giardini della Marinaressa a Venezia, nell’Ambito della Biennale di architettura. Un’opera cha accende numerose sfumature del cuore, che cerca di sublimare, di raccontare e di aiutare un paese, il Libano, attraverso la cura, l’empatia, il dialogo, la solidarietà, il sentire che attraverso lo scambio umano, sincero non c’è nulla che non si possa superare. È un “muro di pensieri”, una parete lineare di 6 metri che rimette al centro la socialità, il sentirsi vicini alla luce delle vicissitudini drammatiche che hanno colpito un paese già da tempo in grande difficoltà, un paese in cui la speranza e la solidarietà devono diventare il nettare quotidiano a cui attingere per trovare la spinta di continuare a costruire insieme il futuro.
Il muro ha sempre rappresentato nella storia la concretizzazione della parte più oscura e distruttiva dell’essere umano. È stato usato come arma per controllare, segregare comunità, città e paesi. È il riflesso delle barriere interiori che vengono poste nell’illusione di sentirsi al sicuro, di allontanare la minaccia, quando in realtà creano ferite profonde e indelebili prima di tutto dentro di noi. Eppure, nonostante la sua connotazione intrinsecamente negativa, il muro è inevitabilmente l’elemento principale della creatività in architettura. Così da muro che divide, Tara e Tessa lo hanno trasformato in un muro che crea connessione, che unisce: “Sentendo di vivere in un’era in cui i legami autentici sono sostituiti da una connettività virtuale costante, abbiamo raccolto 2.000 lettere di cittadini libanesi che hanno vissuto sulla propria pelle l’esplosione avvenuta nel porto di Beirut l’anno scorso e in cui hanno deciso di condividere sentimenti e pensieri con persone estranee.
Queste lettere sono state messe all’interno dei 2.000 sacchetti che danno forma a questo muro. In fondo a ogni lettera è stato inserito l’indirizzo email così che le persone che leggono possano rispondere. All’interno di ogni sacchetto è custodito inoltre un seme da piantare e crescere. Il nostro desiderio è continuare il dialogo per ricostruire il futuro del Libano e per il ripristino della nostra memoria collettiva”. Mano a mano che i sacchetti vengono estratti dalle persone il muro inizia a disintegrarsi e alla fine scompare. Una metafora per alludere che attraverso la comunicazione e lo scambio tutto può essere superato.
I sacchetti sono un’opera a sé di rara e straordinaria bellezza artigianale. In collaborazione con l’Irthi Contemporary Craft Council sono stati realizzati a mano, con feltro riciclato e sostenibile cucito in filo Zari d’argento e foderato in lino, da 37 artigiane degli Emirati del Programma di sviluppo sociale Bidwa a Sharjah. Il processo svolto dalle artigiane incorpora una tecnica di tessitura ispirata a uno dei tradizionali modelli di tessitura a mano utilizzati in “Safeefah”, un tradizionale mestiere di tessitura di fronde di palma degli Emirati, che utilizza tecniche simili alla produzione di cesti. In questo progetto, le artigiane hanno creato un modello contemporaneo per i sacchetti di feltro, ispirato alla tecnica “Sayr Yaay”, sostituendo le fronde di palma con feltro riciclato. Il programma Bidwa, fondato nel 2016 dall’Irthi Contemporary Crafts Council, nasce per formare e sviluppare professionalmente le donne degli Emirati che praticano l’artigianato indigeno, in modo che siano in grado di generare un reddito sostenibile e ottenere l’emancipazione socioeconomica.
Le lettere invece sono state realizzate con carta riciclata fatta a mano dagli studenti universitari Mariam Abdulkarim, Amal Al Hammadi e Zainab Adel, coinvolti con il loro progetto di laurea. I semi da piantare sono coriandolo, zucchine e fagiolini, tutte piante commestibili utilizzate nella cucina libanese. Ogni sacchetto è profumato con una stimolante fragranza naturale evocativa della flora del Libano: Cedro, Pino, Gennet, Timo o Gelsomino. Toccare la carta delle lettere. Avvicinarci a un paese attraverso i suoi profumi e tradizioni culinarie. Entrare in connessione con chi sta cercando di rialzarsi dopo una furiosa tempesta per imparare a conoscerci più profondamente, a sostenerci, a fare questo cammino di rinascita insieme. Un’occasione, preziosa, per ampliare la nostra e altrui umanità. “Amiamo scoprire come le persone interagiscono con questo tipo di installazione. Fanno foto, prendono le lettere, le incorniciano in casa oppure vengono prese da altri artisti e usate per realizzare altre opere. È così travolgente e commovente vedere come le persone creano qualcosa usando la nostra opera. Ci piace vedere la longevità del progetto. Non è qualcosa che puoi vedere solo ora e poi scompare. Continua nel tempo e rimane”.
Progettata sia per ispirare che per raccogliere fondi di beneficenza per supportare vari settori incentrati su sanità, infrastrutture, istruzione e mezzi di sussistenza dopo l’esplosione del 4 agosto a Beirut, l’installazione consentirà inoltre ai visitatori di effettuare donazioni a una delle seguenti ONG tramite un codice QR:
Bank to School Initiative di Arcenciel, a sostegno dell’istruzione dei bambini.
https://banktoschool.weebly.com/
Beirut Heritage Initiative, un collettivo inclusivo indipendente che si impegna a ripristinare e preservare il patrimonio architettonico e culturale di Beirut.