Testo di Gualtiero Spotti
Foto cortesia di Domingo Communication
Una settimana fa, sabato 24 settembre, il W Villadorata, country resort e ristorante alle porte di Noto in Sicilia, è stato testimone di una serata davvero emozionante che ha visto come protagoniste due cuoche e due amiche che hanno molto in comune non solo quando si tratta di incrociare le pentole. La padrona di casa, Viviana Varese, che qui firma la cucina, ha invitato la colombiana Leonor Espinosa De La Ossa, recentemente salita sul gradino più alto dei 50Best come miglior cuoca del pianeta, a trascorrere qualche giorno di relax, ma anche a impegnarsi in una serata a quattro mani.
Un’occasione per gettare uno sguardo sui molteplici impegni di Leonor, che è arrivata accompagnata dalla figlia Laura, la quale oltre a essere partner, sommelier e mixologist del ristorante Leo a Bogotà (oltretutto la sua Sala de Laura è entrata da un paio di giorni nella lista dei 50 Best Bars, al settantesimo posto) condivide con la madre diversi impegni sociali, essendo a capo della fondazione FUNLEO, e promuove (non solo a tavola o nel bicchiere) il valore della sostenibilità e l’attenzione verso la biodiversità aiutando le diverse identità culturali del proprio Paese.
Ed è stato questo il filo conduttore lungo il quale si è mossa l’ottima cena della coppia Varese/Espinosa. Con la cuoca italiana a rappresentare al meglio la sua vocazione sicula nei piatti e Leonor a stupire con prodotti sudamericani dai sapori amazzonici. Se gli snack di benvenuto, a cura di Viviana, hanno alternato freschezze e ruvidità tra un invitante Pane con burro e alici, il Sandwich di Ragusano con gel di limone e l’Anguria con robiola di capra girgentana, il primo piatto della serata ha subito messo in chiaro il prevalente mood esplorativo del percorso di degustazione per i presenti in sala (tra cui un incuriosito Accursio Craparo, cuoco del ristorante Accursio nel cuore di Modica).
Il Tonno alalunga è stato presentato all’interno di una tartelletta come se fosse un foglio di prosciutto, stagionato per venti giorni e verniciato con sciroppo di canna. Sotto questo foglio, all’interno, si celava una emulsione di formica Culona (che viene preparata dal gruppo etnico colombiano degli Huitoco, il sapore è simile a quello di un’arachide), il mañoco (la tartina di farina di manioca), e come topping muschio marino e germogli di felce. Più comprensibile e comunque chiaro omaggio alla cultura gastronomica sudamericana è stato il Ceviche di aguglia imperiale con pompelmo alla brace e capperi di Salina che ha visto come protagonista Viviana Varese, così come il piatto successivo di Calamaretti spillo con patata alla cenere e limone di Villadorata.
A seguire si è tornati a uno dei piatti più suggestivi del repertorio di Leonor, il Macambo (una varietà di cacao amazzonico) con altre formiche (queste sono le Big Headed, ovvero con la testa grossa) e mucillagine di cacao. Un piatto che è una densa crema formata dai semi tostati del cacao i quali diventano una sorta di formaggio vegetale insieme alla mucillagine. Con la crusca viene poi realizzato un crumble che permette di utilizzare il frutto nella sua totalità e la curiosità è data dal fatto che le formiche, vivendo nello stesso ambiente a contatto con le piante e cibandosi dei frutti, hanno un sapore molto simile a quello del cacao. Sempre di Leonor è il filetto di Cernia con una salsa di chontaduro (è una palma della quale si utilizzano i frutti) e chachafruto, un seme/fagiolo ad alto livello proteico.
La seconda parte della cena ha portato in tavola prima la scodella comfort di Lumache di terra con pane croccante, trippa e pomodoro di Viviana e poi la Guancia di maiale Sabanero (con una riduzione del maiale stesso), nascosta sotto una croccante chips realizzata utilizzando un legume endemico, il diablito, da parte di Leonor.
Prima di affrontare, infine, la parte dolce, con il Sorbetto di limone con manna e timo di Viviana che ha fatto da apripista a un delizioso e gelatinoso dolce di Leonor, preparato a partire dalla gelatina del piede di vitello che diventa la base per una specie di budino al cucchiaio dove si mescolano la vaniglia, il latte, la cannella e la panela ottenuta dalla canna da zucchero. Sopra un mochi di coquindo, una pianta endemica e l’aria a completare il piatto realizzata con sale di Manaure, località del dipartimento di La Guajira. Insomma, una altalena di sensazioni uniche, che hanno dato l’esatta percezione della bravura della cuoca colombiana (tra l’altro autodidatta) nel portare fuori casa, in un altro continente, l’esatta percezione della cultura alimentare amazzonica applicata all’alta cucina.
Un evento dove giustamente Viviana Varese ha lasciato ampio spazio alla sua ospite e con la quale ha costruito un menu di grande equilibrio e piacevolezza a riprova della sintonia e dell’amicizia che le lega. E una serata che ha avuto ancor più valore perché realizzata in un’isola come la Sicilia e non nella grande metropoli che avrebbe consentito sicuramente un maggior eco mediatico.