Testo e foto di Paolo Bosca
Capita spesso che parlando di vignaioli artigiani si dica che nel loro lavoro c’è qualcosa di più del semplice produrre una bevanda. Si tratta di volta in volta di una particolare abilità nel condividere il sapere – i maestri – o di un’intuizione che ha cambiato o cambierà il destino di un territorio – i precursori – o ancora di un’aura che lega misteriosamente un produttore ai suoi vini. Per chi beve, e ha la fortuna di incontrare i vignaioli che stanno dietro alle bottiglie, talvolta questo “quid” diventa parte integrante del vino e del ricordo a esso legato.
Nuria Renom ha iniziato a fare vino nel 2015, dopo aver viaggiato in tutto il mondo (“del vino”, precisa) per lavorare in vigna e cantina. È di origine argentina, ma ha vissuto in Spagna fin da piccola e si è appassionata al vino durante un periodo di studio nei pressi di Lucca, poi non si è più fermata. Ha scelto di produrre vino in Penedès, in Catalogna, per via della terra: scorrendo il dito su una mappa satellitare mi mostra le lingue di terra più calcaree, che dalla fascia litorale si muovono verso la prelitorale dove ci troviamo noi, vicino a Sant Martí Sarroca. In questo suolo Nuria cerca la base dei propri vini: un’energia contagiosa e vitale che le bottiglie condividono con la persona che le produce.
“Questa è l’ultima cosa che faccio”, me lo dice la prima volta mentre assaggiamo il muscatel appena raccolto e poi molte volte lungo la giornata che abbiamo trascorso insieme. La “cosa” è Les Cantarelles, una casa di circa cinquecento anni acquistata ad aprile ’21 in stato di semi abbandono immersa nelle vigne e protetta dai boschi, alla quale sono arrivato dopo dieci minuti di carrabile sterrata, così frullato dalle buche che quando scendo non so se mi trovo in Spagna, in una vecchia masseria pugliese o a Formentera. Insieme alla casa ci sono sedici ettari tra vitigni, bosco e ulivi. I vitigni hanno un’età compresa tra i 20 e i 65 anni e sono principalmente di macabeu e parrellada, due varietà che insieme allo xarrello compongono la tradizionale triade viticola della zona. Gli ulivi si avvicinano ai cent’anni e si vedono sui tronchi i segni di una gelata che a inizio Novecento ha messo a dura prova questa coltura. Il bosco ha la funzione di equilibrare il microclima e Nuria sta già pensando a un progetto dedicato, per dare l’importanza che merita a questo tassello dell’ecosistema.
Nel casale non c’è ancora spazio sufficiente per tutta la lavorazione (molte parti sono da ricostruire) così Nuria produce presso la Xarmada, una piccola cantina di Pacs del Penedès. Il Penedès ha una lunga tradizione vitivinicola ma negli ultimi anni la produzione si è concentrata in enormi appezzamenti pianeggianti coltivati all’insegna dell’interventismo in cantina e in vigna. Il prezzo è sceso, così la qualità, a scapito di specificità del suolo, sostenibilità, vitalità e tradizione. La Xarmada ha risposto a questo cambiamento offrendo i propri spazi e infrastrutture ai piccoli produttori che ancora non possono permettersi gli strumenti necessari all’intero processo di vinificazione e imbottigliamento, ma hanno un progetto e vogliono realizzarlo.
Il progetto di Nuria è quello di avere l’intera filiera nella propria casa. Tenere le uve vicino al territorio da cui traggono l’energia. “Questa era la vecchia cantina, lì c’erano le botti, abbiamo dovuto buttarle via, ma recupereremo senz’altro quest’ala. Ho passato più volte la calce ai muri… non voglio che ci siano odori strani. È importante, il vino passa di lì.” Nuria muove il dito rapidamente qua e là, come per disegnare nell’aria il nuovo aspetto che quella o quell’altra stanza avranno in futuro.
“Questa invece era la vecchia casa, lì c’è l’arcata catalana. Vorremmo vivere qui, per lasciare spazio nel corpo principale a un agriturismo. Infine, vedi là?” mi indica un rudere leggermente distaccato “là faremo la cantina vera e propria. In basso, c’è ancora il Cup”. Il Cup è un foro nel pavimento, tipico delle cascine agricole catalane, che conduce a un serbatoio dove il vino fermentava e poi andava direttamente in botte. In un posto così, che ancora dopo un anno di lavori è ancora in gran parte diroccato, ci si può immaginare che l’aria sia pesante, che ci sia un’aria di passato. Ma non è così. Ci si prepara alla vendemmia, fuori c’è il sole e la stanza dove ci troviamo, azzurra, con due sedie, una vecchia bilancia e una piccola cucina, è piena di inconfondibili gesti d’amore. “L’annata migliore è sempre la prossima”, nelle parole di Nuria il tempo è presente in tutta la sua estensione: dal passato degli ulivi e delle formazioni calcaree di milioni di anni fa al futuro che si affaccia dovunque guardiamo.
Quando le domando quali sono stati i vini che l’hanno fatta innamorare (faccio sempre questa domanda perché per me è stata una bottiglia a cominciare tutto) mi risponde così: “non lo so, ma per me i vini migliori sono quelli che ti assaltano”. Mi spiega che sono quelli che malgrado i difetti, malgrado il gusto personale e le aspettative, riescono sempre a smarcarsi e a prenderti alle spalle. Nuria produce 25 cuvée, che danno un’idea di quell’energia di cui ho parlato all’inizio, divisa tra sperimentazione e tradizione. La prima che mi ha “assaltato” è stata la parrellada, una tipica uva da taglio. Ha una semplicità invidiabile, un naso schietto che introduce a un palato ricco di note vegetali, di odori mediterranei. Un vino radicato e profondo. Il macabeu che assaggiamo, la Maca Beu, è stata la sua prima etichetta nel 2015 ed è ancora una delle sue firme: un bianco ancestrale freschissimo, dal profumo avvolgente, in cui traspare tutta la mineralità del terreno. Musca-tel poi, un moscato tenuto a contatto con le bucce quel tanto che basta per far esprimere il suo aroma senza perdere di beva. Ancora una volta il suolo è fondamentale. Infine, dalle vigne vecchie di macabeu appena fuori la cascina, Maca Vella, un vino davvero raffinato, ricco, energico e di beva, da aprire in compagnia per tenere alto l’umore.
“Quest’anno la vendemmia sarà difficile. Ha piovuto pochissimo e appena fa qualche goccia la terra succhia tutto. La pianta si difende, s’inspessisce e riduce la polpa. Nella buccia si trovano le essenze, a cui do molta importanza, anche se in annate come queste è difficile. Ma andrà tutto bene”. Sentire questa frase, ormai per molti del tutto svuotata di significato, mi fa effetto. Non è la prima volta che gliela sento dire, anzi: “andrà tutto bene” con la casa, con la cantina, con la prossima annata, col vino, con la vendemmia, col futuro. Forse sono il lavoro e la caparbietà, insieme all’amore, che riescono a cambiare volto anche alle cose più note, a nutrire con nuova energia anche ciò che sembra consumato.
Non vedo l’ora di tornare, tra uno, cinque, dieci, vent’anni. Chissà cosa troverò.
Nuria Renom
Can Barcelo
Barri de les Cantarelles
San Marti Sarroca, 08731 – Spagna
cellerportesobertes@gmail.com
www.instagram.com/nuria.renom/L’energia nei vini di Nuria Renom