Testo e foto di Tania Mauri
Alla scoperta di una terra magica ancorata alla tradizione e ai vignaioli che dà frutti misteriosi come il tartufo e il vino.
La luce di settembre sulla Langhe ammorbidisce il verde dei vigneti in piena vendemmia ed esalta il cielo azzurro attraversato da nuvole bianche che danno un senso di calma e serenità. Esplorare questa parte del Piemonte a inizio autunno ha molti vantaggi: si possono ammirare i colori delle foglie che iniziano a cambiare, raccogliere le famose nocciole, apprezzare il primo fresco dopo mesi di caldo, andare a caccia di tartufi e gustare i cibi e i vini di un territorio celebre ormai in tutto il mondo. Per chi può andare nel Langa in questo periodo dell’anno, vi suggeriamo alcune tappe enogastronomiche, e non, molto interessanti.
Albeisa, il consorzio del vino nato grazie a una bottiglia
Tutto nacque da una bottiglia trovata per caso in una cantina. Nel 1973, l’enologo Renato Ratti, che stava costituendo un museo storico dei vini delle Langhe, scoprì in un’antica cantina sotterranea una bottiglia di una strana forma, dalla spalla un po’ larga, un po’ tozza, diversa da quelle francesi che venivano utilizzate in quel periodo. Era un’esemplare di Albeisa prodotta “a chilometro zero” con sabbia del Tanaro e realizzata dalle fornaci di Borgo del Fumo, un’eccezione per quell’epoca in cui i vini venivano trasportati con anfore e taniche. Successivamente vengono prodotte da mastri vetrai delle Antiche Vetrerie di Poirino (appena fuori Torino) che avevano adottato un metodo semi industriale per poi eclissarsi a vantaggio delle bottiglie dei vicini d’oltralpe.
Grazie all’intuizione visionaria di Ratti, 16 produttori decisero di riutilizzare l’antica bottiglia Albeisa, la B.O.C.G. (Bottiglia di Origine Controllata e Garantita) da utilizzare solo in terra di Langa, riadattandola alle esigenze moderne e scrivendo in rilievo il suo nome per quattro volte all’altezza della spalla, per renderla facilmente riconoscibile. Nacque così la bottiglia un po’ borgognotta e un po’ bordolese, simile per diametro e altezza alle francesi, ma diversa. Da qual momento questa bottiglia divenne l’ambasciatore di aziende unite da una serietà comprovata (oggi sono circa 300 e, dal 2020, sono consorziate) che producono e valorizzano i vini del territorio. “Albeisa oggi è più viva e dinamica che mai (+ 25% di vendite negli ultimi anni) – racconta Marina Marcarino, Presidente del Consorzio Albeisa – ed è una bottiglia sempre più presente sulle tavole dei consumatori di tutto il mondo. Siamo orgogliosi di riunire tante piccole medie aziende qualificate e tanti giovani produttori che sposano a pieno la filosofica che anima la bottiglia e rappresentano per l’intero territorio dei testimoni preziosi”.
Non basta però essere produttore di Langa per poter usare la bottiglia, ma servono speciali requisiti: bisogna usarla per un prodotto almeno una volta l’anno e solo per vini derivanti da vigneti coltivati all’interno della zona denominata “Langhe”, bisogna avere sede produttiva all’interno dei confini delle Langhe ed essere ammessi al Consorzio. Albeisa vuole essere il trait d’union tra il territorio e il vino tipico di questa zone – Barolo, Dolcetto, Barbera, Barbaresco e Nebbiolo – ed è un caso unico dove è la bottiglia identifica la provenienza di ciò che contiene e valorizza il territorio.
Il Castello di Grinzane Cavour con, all’interno, il ristorante Castello da Marc Lanteri e, ai piedi, una collezione di vitigni storici e rari unica al mondo
Costruito intorno alla metà dell’XI secolo in cima a una collina, il Castello di Grinzane Cavour domina, con la sua bellezza e l’architettura inconfondibile, lo stupendo panorama delle colline di Langa, oggi patrimonio dell’umanità tutelato dall’UNESCO con i Paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato. Nei secoli, il Castello è appartenuto a varie famiglie nobili piemontesi, tra le quali i Conti Benso di Cavour, il cui più noto esponente è stato Camillo Benso, celebre eroe del Risorgimento, che soggiornò al Castello e fu sindaco del piccolo borgo di Grinzane. Come un vero scrigno, il Castello offre al visitatore i tesori che custodisce, il Museo delle Langhe, le affascinanti Sale storiche, i preziosi Cimeli Cavouriani e l’Enoteca Regionale Piemontese Cavour.
Oggi è anche possibile mangiare “alla corte” di Camillo Benso conte di Cavour perché all’interno delle mura c’è il ristorante stellato “Castello da Marc Lanteri”. Qui potrete provare una cucina di confine che rispecchia le origini e il vissuto dello chef Lanteri, piemontese e provenzale, dalla collina alla montagna e dal mare alla campagna. Quanto appreso viene reinterpretato partendo originariamente dalla tradizione e con l’utilizzo di materie prime del territorio, nel pieno rispetto delle sue stagioni. Il suo stile è unico e inconfondibile, capace di esaltanti riletture della tipicità, caratterizzate dalle sue personalissime ed estrose innovazioni. Piatti tipici e memorabili come il vitello tonnato, la battuta al coltello, la tradizione della pasta all’uovo, fino alle esaltanti pietanze a base di tartufo bianco d’Alba.
Infine, ai piedi del castello, nei terreni che furono parte della proprietà dei Benso di Cavour, c’è un vigneto che raccoglie più di 500 varietà di vite, in gran parte vitigni minori e rari, spesso in via di abbandono se non ormai scomparsi dai vigneti commerciali. Un vero e proprio museo del vino a cielo aperto dove sono ospitate tutte le varietà di vite dell’Italia nord-occidentale, oltre a cultivar nazionali e internazionali. La collezione, con le sue 800 accessioni coltivate su di 1.4ha di superficie, mantiene vivo e attivo un patrimonio di inestimabile valore biologico, storico e scientifico. Per esempio c’è l’Uva della Terra Promessa o di Gerusalemme che si è diffusa, per la dimensione dei grappoli che arrivano ai 70/80 cm, come vite da ornamento per i giardini d’Europa oppure l’Uva Bizzarria a strisce bianca e nere che è una forma mutata di un vecchio vitigno francese o il vitigno Chasselas con delle grandi foglie a prezzemolo.
Le Langhe in bicicletta alla scoperta del territorio e dei piatti tipici
Per gli amanti della bici si possono fare incredibili tour in bicicletta a pedalata assistita, il nuovo trend di mobilità sostenibile alla scoperta del territorio. Pedalare tra i dolci pendii e paesaggi impregnati di tradizione, i tanti paesini e i vigneti può essere un’esperienza romantica e istruttiva. Per ammirare il paesaggio dall’alto consigliamo una tappa alla Torre di Barbaresco che si erge imponente con i suoi 30 metri di altezza, dominando la vallata del Tanaro, naturale confine tra le colline della Langa e quelle del Roero. La Terrazza Panoramica a 30 metri dal suolo, ma di fatto a oltre 200 dal fiume sottostante, offre un panorama mozzafiato che si rincorre a 360° con un colpo d’occhio davvero incredibile.
Dopo tanto pedalare (si fa in fretta a fare 40 chilometri senza nemmeno accorgersene) consigliamo due posti tipici dove rifocillarsi. Il primo è la Terrazza da Renza, di cui vi abbiamo già parlato qui, dove la signora Renza ti accoglie con un sorriso e improvvisa piatti freddi con quello che trova dai produttori locali, ma per noi è una tappa imperdibile perché qui si mangia bene e si beve meglio. I piatti cambiano con la stagione – in questo periodo una bella insalata di porcini non mancherà sicuramente – ma ci sono dei must have, come la carne cruda o il tagliere di formaggi e salumi, che vale la pena riprovare. Con i primi freddi non mancano le coperte e tanti ottimi “pusa caffè” o “pussacaffè” (in piemontese significa letteralmente “spingi caffè” e, nell’uso comune, si intendono gli amari o le grappe a fine pasto ndr) per scaldarsi.
Il secondo è l’Ostu Di Djun a Castagnito che spicca per la singolarità del proprietario, Luciano – simpaticissimo e sui generis – del locale e della carta dei vini, solo in formato Magnum. Circa 80 coperti, tantissimi oggetti e foto alle pareti, un posto che gronda tradizione e originalità gestito da un oste mattatore che ha scelto di non avere un menu scritto ma lo racconta a voce al commensale. La regola è non avere regole: puoi bere e mangiare quanto vuoi, la magnum che scegli andrà, inevitabilmente, su qualche altro tavolo così come sul tuo ne arriverà una selezionata da qualcun altro e puoi arrivare vestito in tuta ma anche da gran soirée. Il divertimento è assicurato e il palato ne esce sempre soddisfatto sia per il buon bere che per i piatti, tutti della tradizione: insalata russa, carne all’albese, “bagasse” – una specie di gnocco fritto – con prosciutto locale e lardo, tajarin e gnocchi fatti in casa, trippa, animelle, fegato, formaggetta con rosso d’uovo al forno, tiramisù, torrone, un cucchiaio di gorgonzola preso direttamente dalla forma e, ovviamente, amari, grappe e chi più ne ha più ne metta.