Testo di Francesca Ciancio
Foto cortesia di Eolia
C’è un prima e un dopo “il grande caldo 2022” e fa strano scrivere di qualcosa su cui hai preso appunti proprio nel momento in cui stava per succedere quel prima e dopo, a metà maggio 2022. Erano giornate sull’isola di Salina per me, dove avevo deciso di trascorrere un mese intero – chiamatelo smart working o “South working” – e il mare era freddo, il tempo incerto e da maglione di lana sul motorino dopo una certa ora. Aspettavo il caldo, sì, ma mai avrei immaginato l’estate che avrei/avremmo vissuto, rovente e senza acqua.
Non potevano immaginarlo neanche Luca Caruso e Natascia Santandrea che da lì a qualche mese avrebbero affrontato una vendemmia piuttosto difficile, la terza per loro. La chiacchiera su Eolia, la loro azienda vitivinicola, si fa all’ombra della terrazza del Signum, l’hotel della famiglia Caruso. C’è tepore, ma si sta anche in maniche lunghe e di sera c’è chi preferisce mangiare al chiuso nel ristorante condotto da Martina, la più giovane chef stella Michelin all’epoca e che ha rappresentato l’inizio del racconto di una Salina gastronomica (come vi abbiamo raccontato su Cook_inc. 24). Questo è anche il racconto di un concetto, quello che vuole che le coincidenze non esistano e, a sentir parlare Natascia e Luca, viene in effetti da crederci.
Una coppia nata in età adulta, con tutto il bagaglio di esperienze passate che ti porta a velocizzare i progetti, forse perché, non avendo più vent’anni, più che sognare il da farsi, ci si impegna a costruirlo. Quindi c’è la passione, l’amore, ma anche la voglia di vedere che forma concreta prende l’affetto. Poi c’è da tener presente che c’è stata una pandemia, un evento eccezionale che ha messo un punto e a capo a tante cose. Così è accaduto per la Tenda Rossa, il famoso ristorante della famiglia di Natascia a Cerbaia Val di Pesa, in provincia di Firenze, che ha chiuso i battenti nel 2020.
Anche il Signum ha tentennato: “Ripartiamo? Quando e come?”. Insomma, per due “osti” di lunga esperienza come loro le scelte sono state difficili. Entrambi ottimi esperti di vino, con cantine invidiabili, punti di riferimento per i cultori delle grandi etichette nei rispettivi territori. Dopo decenni passati a proporre – e a vendere – il vino degli altri, la coppia si è detta “e se facessimo il vino noi?”.
“Se non ci fosse stata Natascia non avrei realizzato il progetto” dice Luca che ammette di avere avuto sempre l’idea di una vigna sua a Salina, ma Eolia nasce per e con l’amore di Natascia. L’azienda ha una sua autonomia dal mondo Signum, perché, come specifica la coppia, deve poter camminare sulle sue gambe. Il progetto però è ambizioso vista la squadra tirata su: la consulenza amichevole del “mentore” Salvatore Geraci, produttore di Faro Doc e padre dell’iconico Palari, la squadra scientifica di Enosis dell’enologo Donato Lanati, la volontà e l’ottimismo del giovane enologo Bernardo Ciriciofolo (segnatevi questo nome perché sentiremo parlare di lui), la sapienza contadina di Mario Marsile, il “signore delle vigne” di Salina, che conosce ogni appezzamento come le sue tasche, meglio di un Gps.
C’è poi il team del Signum, con la cucina di Martina che ha pensato a piatti in abbinamento, Michele, padre di Luca e Martina, il vero agricoltore di famiglia, che segnala ai neo-produttori le parcelle più belle dell’isola; Clara, la madre, sindaca di Malfa (uno dei tre comuni in cui è divisa l’isola) che è la visionaria di famiglia, colei che aveva in testa il Signum, una casa-hotel che si prendesse cura dei suoi ospiti dal mattino alla sera.
Nulla accade per caso dicevamo poco sopra. Una delle prime volte che Luca va alla Tenda Rossa è per una degustazione di 20 annate del Faro Palari di Salvatore Geraci: prima – non –coincidenza. Bernardo sogna Salina per il suo matrimonio, forse non ha ancora la promessa sposa, ma sa che vuole sposarsi sull’isola. I suoi genitori sono clienti del Signum da vent’anni e lui alle Eolie ha passato gran parte dell’infanzia. Nato a Orvieto, ha studiato enologia a Udine e poi ha iniziato a viaggiare per le vendemmie del Nuovo Mondo come fanno tutti i neolaureati della sua età. A un Festival Umbria Jazz di qualche anno fa Natascia e Luca lo incontrano e gli offrono la possibilità di occuparsi della loro azienda di vino: seconda – non – coincidenza.
Due sono i “forestieri” di questa storia con tutte le difficoltà del caso. Salina è un’isola al quadrato e chi viene da fuori va valutato con calma. Natascia è entrata in punta di piedi nella comunità e oggi – pur vivendo metà dell’anno a Firenze con Luca – non potrebbe fare a meno dell’isola verde. Bernardo c’è entrato con tutto l’entusiasmo dei suoi vent’anni e poco più e non gli par vero di poter lavorare su una “materia” così bella, fatta di vigne vecchie anche settant’anni, piantate su terreni vulcanici, circondate da cappereti e dal mare.
Prime etichette 2020, un numero magico per la coppia che voleva uscire con i vini proprio nell’anno del Covid. “Era la nostra personale sfida a quello che stava accadendo – spiegano i due – abbiamo così comprato le uve dai conferitori, la bianca da Marchetta a Valdichiesa (frazione di Leni, ndr) e la rossa da Virgona che ci ha aiutato anche con i locali di vinificazione. L’uva è ovviamente quella di Salina, la Malvasia delle Lipari, con la quale abbiamo fatto due bianchi, il Bianco V che sta per Valdichiesa e il Bianco M che sta per Malfa, perché il concetto è quello della zonazione, lavorare su singoli appezzamenti, vendemmiandoli e vinificandoli separatamente. Per il rosso – ancora senza nome – da uve Corinto Nero e Nerello Mascalese, c’è da aspettare un po’ (l’uscita è ormai imminente in verità, prevista per questo mese, ndr)”.
Il nome Eolia è un’idea di Natascia ed è sicuramente “femmina”: Eolia come isola, ma anche come vento. L’immagine fa pensare a uno stemma, in realtà è la stilizzazione grafica di una foto di Gio Martorana che ritrae una serratura, un omaggio anche alle pazienti e colte ricerche di Clara tra gli oggetti dei mercatini dell’antiquariato, di cui è pieno il Signum.
Al momento gli ettari su cui si lavora, tra acquistati e in affitto, sono poco più di quattro, differenti per matrice pedologica dei terreni, per altimetrie (si arriva fino a 400 metri) e per esposizioni. Gli scenari, sempre incantevoli, sono quelli delle due montagne “gemelle” che rendono il profilo di Salina inconfondibile, i Monte Fossa delle Felci e Monte dei Porri, la vallata tra le due, la zona agricola di Valdichiesa, ginestre a profusione in primavera, fiori di cappero, il salmastro che sale dal mare, una agricoltura “naturalmente” biologica. Rese basse, certo, perché l’uva Malvasia delle Lipari è per sua indole spargola. Per ora si vinifica e si affina nella cantina che fu del comandante La Rosa, ma il progetto della cantina nuova per Eolia è già su carta – con lo zampino dell’architetto Geraci. I vini bianchi sono buoni, si direbbe sapienti, perché portano in sé anche la memoria dei molti vini di malvasia che si fanno sull’isola – e da qualche anno rinascono vigneti anche nel resto delle Eolie. Non deve essere stato semplice trovare il “proprio vino” per Luca e Natascia che, delle etichette che hanno bevuto – e amato – devono aver perso il conto. Intendo dire farsi spazio tra i loro mille ricordi di naso e di bocca. Eppure, anche quelli devono essere serviti a far nascere un vino tutto loro.