Testo di Alessandra Piubello
Foto di Fabrice Gallina
Occhi scuri che ti fissano da dietro le lenti. Lo sguardo intenso è veloce, non si ferma, pronto a posarsi sulle vigne fuori la cantina di Gramogliano a Corno di Rosazzo, sui Colli Orientali del Friuli. Mario Zanusso, ventisette vendemmie nel suo trascorso, dalla morte del padre Ferdinando nel 2020, è il motore de I Clivi. Capisci presto che è un uomo che ha camminato le vigne e che ha una visione ben precisa del suo progetto vitivinicolo. Una laurea in economia e commercio a Milano e poi – con i primi due ettari a Brazzano di Cormons, acquisiti negli anni Novanta in terra materna – l’inizio di un nuovo percorso ben radicato nella tradizione ma con gli occhi oltre l’orizzonte. Un anno dopo Cormons, la famiglia Zanusso acquista anche nei Colli Orientali, a Corno di Rosazzo dove ha sede l’azienda, con cantina e sala degustazione vista vigne. Oggi gli ettari sono dodici, otto nei Colli Orientali e quattro nel Collio, con una produzione di ottantamila bottiglie.
Mario ha una mente libera e le scarpe grosse che indossa non influiscono sull’attitudine riservata e nobile da gentiluomo di campagna uscito dalle pagine di Jane Austen (magari di questo ne parlerò volentieri con la moglie Claudia, che sta frequentando la scuola Holden, regalo del marito-socio). Mentre lo ascolto parlare, la mia attenzione è distratta da sette bottiglie dalla grafica essenziale, estremamente diversa da quella de I Clivi. È un nuovo progetto, la linea Verso, che uscirà quest’anno.
Con estrema naturalezza Mario racconta le prossime novità: produrrà anche a Brda (in Slovenia), con l’aiuto di altri viticoltori, e in pianura, verso Latisana, in cooperazione con un’altra cantina. “A me la proprietà non interessa – afferma Zanusso – la terra è di tutti. Il mio intento è di fare rete, lavorando con altre persone seguendo un obiettivo comune. Mi piacerebbe anche trovare una via per produrre nella Valle del Vipacco, nel futuro”.
Mentre i calici cominciano a essere riempiti, Mario si addentra nella narrazione del territorio su cui posiamo i piedi. Siamo a trenta chilometri dal mare, le vigne allignano a 220 metri di altitudine, sempre un po’ spettinate dai venti (poco più su c’è una località che si chiama, per l’appunto, quattro venti). La ponca, costituita da un’alternanza di argille calcaree e sabbie calcificate, è il terreno tipico sia nel Collio sia nei Colli Orientali del Friuli. Infatti, le due vigne, pur essendo su due denominazioni diverse, sono a pochi chilometri di distanza. Caratteristica comune è anche l’età delle vigne, sui 60 e 80 anni circa le più âgé. Su entrambe le proprietà vige anche il metodo della certificazione biologica, da ormai una quindicina d’anni. “Siamo in biologico per amor proprio – afferma Mario – riteniamo sia l’unico metodo possibile”. In cantina solo lieviti autoctoni e per quasi trent’anni è stato utilizzato quasi esclusivamente l’acciaio per i vini. Mario sta però iniziando a sperimentare altri contenitori, sia il cemento sia il legno. All’inizio l’azienda aveva come enologo Gaspare Buscemi, noto per il suo approccio artigianale e rispettoso. “Il punto di svolta è stato nel 2006 – racconta Mario – quando abbiamo compreso che, pur in un’annata ottima, i vini erano troppo concentrati e noi volevamo andare in sottrazione. Dal 2007 quindi prendiamo in carico noi anche la parte enologica facendo nostre due delle proposte contenute in Lezioni americane di Calvino: leggerezza ed esattezza. E abbiamo voluto che la firma fosse tutta della collina, del genius loci”.
Nella linea Rosaspina sono compresi i bianchi autoctoni (ribolla gialla, friulano, malvasia, verduzzo) e i rossi schiopettino, merlot e cabernet franc. Nella linea cru, il Galea dai Colli Orientali e il Brazan del Collio goriziano. I due cru non ci sono stati serviti, per cui ci concentriamo sul Friuli Colli Orientali friulano San Pietro 2021 e sul Collio friulano San Lorenzo 2019, per rimarcare un’eventuale differenza tra i due declivi (il nome Clivi deriva proprio da lì). Le annate son diverse, e questo non aiuta per una comparazione. San Pietro, da vigne di circa 60 anni, profuma di fiori di campo, di erbe aromatiche. Possiede una silhouette verticale e tesa, con richiami salini, per un sorso fresco e luminoso. San Lorenzo, da vigne ottantenni, all’olfatto si mostra ampio, con note di camomilla, agrumi, erbe officinali. In bocca è più profondo, la sostanza materica è ben equilibrata e dinamica nel suo vitale finale, percorso da una vena salina. Altri vini abbiamo assaggiato e su tutti il fil rouge è equilibrio e finezza. Calvino li avrebbe forse portati con sé in America? Immagino proprio di sì.
I Clivi
Loc. Gramogliano 20
33040 Corno di Rosazzo (UD)
www.iclivi.wine