Testo di Letizia Gobio Casali
Foto di Food on the Edge
Non solo dichiarazioni generali, ma proposte concrete. Sta qui, nell’appoggio pragmatico, la specificità del congresso irlandese Food on the Edge, symposium sul mondo del cibo che si svolge ogni anno a Galway in Irlanda, che per la prima volta ha avuto una sua edizione italiana. Talks about Food and Future è stato il titolo dell’evento tenutosi negli scorsi 27 e 28 marzo, trovando ospitalità da Denis Pizza Milano, il locale meneghino del pluripremiato pizzaiolo Denis Lovatel.
L’incontro è stato inaugurato dalla fondatrice di Terroir Hospitality, Arlene Stein, e da Danilo De Vigili dell’agenzia di consulenza Collectibus, che ha evidenziato come “l’etichetta di sostenibilità corrisponda a un ginepraio di norme e 400 diverse certificazioni nel mondo”. Si sono poi succeduti sul palco una serie di relatori d’eccezione, chiamati a raccontare il proprio punto di vista su tre aspetti fondanti della sostenibilità nella ristorazione: food cost, labor cost e community building. E se Matt Orlando (ex proprietario del ristorante Amass di Copenaghen e ora titolare della Endless Food Company) ha insistito sulla comunicazione con il cliente sui temi della sostenibilità, Amanda Cohen (chef stellata e proprietaria del ristorante vegetariano Dirt Candy a New York) ha condiviso la sua soluzione al problema della manodopera: un rialzo dei prezzi e quindi dei salari che eviti le disparità tra chi sta in sala e beneficia delle mance e chi sta in cucina. Sono seguiti gi interventi di Blanca del Noval (ricercatrice presso il Basque Culinary Center di San Sebastian), che ha enfatizzato la necessità della collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti nella catena produttiva, e di Denis Lovatel, che ha dichiarato di voler trasformare la pizza da prodotto “fast food”, ovvero da consumo veloce, a piatto protagonista di un momento di piacere ma anche di consapevolezza alimentare, di riflessione sulle nostre scelte alimentari.
Infine, è stato lo chef (e promotore di Food on the Edge) Jp Mc Mahon a sollevare le prime domande scomode. Per esempio: perché è normale che un imprenditore voglia guadagnare dalla sua azienda mentre i rendimenti dei ristoranti, seppur bassi, danno scandalo? Perché il lavoro gratuito degli stagisti in cucina è stigmatizzato mentre quello dei praticanti avvocati no?
A chiudere gli speech, Maria Trompetto – Global FoodService Marketing Manager di La Reserva de ¡Tierra! Lavazza – ha raccontato come la Fondazione Lavazza sia impegnata nel supportare lo sviluppo socioeconomico di piccole comunità di coltivatori in più di 19 Paesi mondiali, promuovendo le buone pratiche agricole nelle piantagioni di caffè. A trovare soluzioni concrete per ognuno dei pilastri della ristorazione (precedentemente citati) sono stati poi 3 team di chef pluristellati, ristoratori, giornalisti e opinionisti guidati da un leader. La giornalista e ricercatrice polacca Olga Bodowska ha guidato il primo gruppo, da cui sono scaturite proposte come la creazione di un unico centro di consegna nelle città per tutti i fornitori, una riduzione dei costi dei prodotti coltivati da società no profit o l’uso di dark kitchen comuni a più ristoranti. Altre proposte hanno incoraggiato la creazione di rapporti equi con i fornitori, un migliore controllo dei rifiuti e più riciclo per ridurre i costi, la creazione di prodotti da dispensa e gli sprechi e ridurre il consumo di energia.
La giornalista Marialuisa Iannuzzi ha guidato il secondo team, che ha lavorato su come fidelizzare il personale puntando, per esempio, su “stipendi” crescenti a seconda del tempo di permanenza, su una maggiore interscambiabilità tra chi sta in sala e in cucina, o su una partecipazione agli utili per i dipendenti e il supporto da parte delle istituzioni – a partire dall’Italia – per creare una giornata a tutela dei ristoranti e dei ristoratori (di cui sarà presto celebrata la prima edizione italiana). Infine, la ricercatrice dell’università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e del Politecnico di Torino Alessandra Savina ha condotto il terzo gruppo sul community building, che ha sottolineato il bisogno di diffondere consapevolezza tra le diverse parti coinvolte, di condividere idee e risorse, di considerare il work life balance dei dipendenti e un modello di business con fonti di entrate responsabili. Altre proposte si sono indirizzate sull’educare le nuove generazioni a un’alimentazione sana, equilibrata e rispettosa dell’ambiente. Le idee più convincenti confluiranno poi in un Manifesto che Terroir pubblicherà nel prossimo futuro.
La sera si è tenuta la chiusura dell’evento con pizze d’autore, con base firmata Lovatel e topping elaborato da Matt Orlando, Amanda Cohen, JP Mc Mahon. JP ha salutato i presenti dando appuntamento a tutti il prossimo ottobre, quando a Dublino si terrà la nuova edizione di Food On The Edge sul tema cibo e storytelling. Una data da segnare già in calendario.