Testo di Gualtiero Spotti
Foto di Stefano Borghesi
In tempi di sostenibilità ed ecologia sguainate come una spada in ogni buona occasione da parte di quasi tutti i cuochi, una full immersion di alcune ore nel paradiso verde dei Paesi Baschi, da Eneko Atxa, è un toccasana ineguagliabile.
Anche perché il quarantacinquenne cuoco di Azurmendi ti accoglie a casa sua già sulle rampe di accesso al ristorante tristellato, con il gusto un po’ contadino dei belati degli agnellini che si godono la giornata scorrazzando sui contrafforti erbosi che dividono le varie realtà a firma del cuoco, dallo shop alla cantina, da Azurmendi fino al monostellato Eneko, certo più accessibile economicamente parlando.
Per arrivare, ancor di più, dalle parti dell’orto e della serra, che rappresentano una buona fetta della filosofia gastronomica riflessa nei piatti e sono il laboratorio quotidiano di Eneko, il quale qui recupera e lavora varietà antiche di piante. Se Azurmendi rappresenta l’apoteosi creativa e il lato più estroso del cuoco, in un ambiente dal gusto elegante e con un servizio inappuntabile dove l’ospite è accolto in pompa magna – come se stesse entrando in una boutique di alta moda di Via Montenapoleone –, il sottostante Eneko (non a caso replicato con altri indirizzi in giro per il mondo, e tra questi c’è anche Lisbona) parla invece la lingua di una cucina dal taglio più facilmente comprensibile, più vicina alle radici e ai sapori della tradizione.
Con, ogni tanto, qualche intuizione che arriva certamente dai piani superiori di Azurmendi, a spezzare il ritmo, ma con la consapevolezza di voler rappresentare molta Spagna, attraverso piatti dove spicca una materia prima davvero eccelsa. Così la Morcilla viene fatta in casa e si scioglie in bocca in un sol boccone, il Tuorlo d’uovo su grano in umido rinvigorisce con il succo di peperoni alla brace, il Baccalà firmato Giraldo (in Italia viene distribuito da Longino), è delicatamente reinterpretato in tempura, con pillole cremose di wasabi, mentre il Cochinillo, anch’esso in tempura, viene prima glassato (l’effetto visivo è po’ quello dell’anatra alla pechinese, però qui non c’è il lato crispy della pelle) e poi arricchito con tartufo, pesto e gnocchi di formaggio Idiazábal.
Eneko Atxa sa sempre come mescolare con grande sapienza i sapori che riportano alla mente il grande mondo gastronomico iberico punteggiandolo però di idee fresche e mai banali che ricordano i trascorsi del cuoco in giro per il mondo, l’amore per l’Oriente e la sua spiccata curiosità.
Il menu, in questa sala unica – di grandi dimensioni e con una vetrata sulle colline circostanti – non cambia troppo spesso, ma viene integrato da un menu parallelo che contiene piatti realizzati con quanto offre di meglio il mercato, o molto più semplicemente provenienti dal vasto universo/fattoria agricola di Eneko pressoché quotidianamente.
Non c’è da stupirsi che il sottotitolo della carta del ristorante reciti orgogliosamente la massima “La mano dell’artigiano scolpisce emozioni”, perché lo spirito che anima il cuoco basco è quello e lo si percepisce nei piccoli dettagli della cucina così come nella grande qualità dei prodotti. Ancor più piacevole scoprire, durante la sosta, che oltre all’ormai storico Matteo Manzini – savonese diventato nel tempo il braccio destro di Eneko – oggi non sono pochi gli italiani d’esportazione che tra sala e cucina frequentano il mondo di Azurmendi. Più o meno una decina, a partire da Stefania Giordano, ligure che si destreggia da Eneko tra sala e cantina.
Restaurante Eneko
48195 Larrabetzu (Bizkaia)
Tel. +34 944 558866
www.eneko.restaurant