Volatili acquatici, ciccia salmastra & novità da Trattoria Vino & Cibo a Senigallia
Testo e foto di Lorenzo Sandano
“Io sono la trattoria” afferma categorico il cuciniere. “Ho una mia vita fuori da quelle mura certo, ma le mie priorità son tutte rivolte al pogo di pentole e alla manciata di tavolini che serviamo ogni giorno. Il locale condiziona qualsiasi scelta o pensiero della mia esistenza e mi va bene così”. Riccardo Rotatori, cuoco della Trattoria Vino e Cibo di Senigallia, non è certo uno che gira troppo intorno ai concetti. Per questo se si ha voglia di conoscerlo e apprezzarlo, poi non si potrà più fare a meno della sua personalità e del miracoloso tocco che imprime ai fornelli. “Se vuoi avere a che fare con me ti tocca dosarmi con un farmaco” apostroferebbe lui. “Non ho mezze misure, quando si parla di cucina vado dritto come un chiodo”.
Ricky – per gli amici – pare zompato fuori da una vignetta disegnata a quattro mani da Andrea Pazienza e Hugo Pratt: burbero e schivo di primo acchito, col suo look da pirata-urbano e un carattere cadenzato da British-Humor tagliente che affonda in un radicale animo punk (devoto alla dialettica di quel Freak Antoni della band Skiantos, che in passato si sedette proprio a uno dei suoi tavoli). Sotto sotto però, cela una sua poetica randagia di grande spessore, ricolma di valori puri, sensibilità e un cuore generoso come pochi.
Brezza di cambiamenti
Ora, che il suo ristoro sia uno dei più apprezzati e consolidati nel panorama marchigiano è noto, ma ci sono diverse novità che – se possibile – oggi lo rendono ancora più meritevole di una visita. In prima battuta, Rotatori è “libero”: dopo il divorzio con lo storico socio Gianluca “Kuga” Curzi (avvenuto già da un po’), Riccardo ha rilevato l’intera struttura subendo un’inaspettata rinascita stilistica. Declinata tanto sul lato culinario, quanto su alcuni dettagli atti a migliorare l’assetto della trattoria. Il servizio affidato a sua sorella Roberta e alle due scattanti cameriere Sara e Valentina detiene decisamente uno smalto più fresco e contemporaneo rispetto alla gestione precedente, coniugando affabilità e pragmatismo in leggiadra armonia. La lista dei vini inoltre – più volte criticata in passato dalla clientela per scarsa ricerca e l’effettiva mancanza di referenze segnate in carta – è stata ormai delegata in toto a un veterano di settore quale Guido Galli (dell’omonima enoteca cittadina): la differenza si nota e scorre nei calici con altrettanta nitidezza.
Gli ambienti stessi paiono più luminosi e accoglienti, mettendo in risalto le opere del suo amico fraterno Andrea Franceschini (in arte Billy), artista purtroppo tragicamente scomparso prematuramente. Un altro aspetto, connesso alla crescita del locale, si rintraccia nelle proposte che – in base alla stagionalità o agli umori sensitivi di Rotatori – da almeno un annetto contemplano anche vivande carnivore oltre a quelle ittiche (da sempre protagoniste totalitarie dell’offerta). È risaputo quanto uno dei quid di questo luogo sia infatti la meticolosità nella spesa del pesce, strettamente autoctono, che condiziona i piatti appuntati pre-servizio su un foglio transitante lungo i tavoli quale unico menu (cambia quotidianamente, spesso anche dal pranzo alla cena). Pochi però sanno che alle origini il nostro cuoco si confrontava molto più con la carne che con il pescato giornaliero.
Origini & metrica di un cuoco pirata
Classe ’75, nativo di Corinaldo e cresciuto tra Barbara e Ostra Vetere (paesini che circoscrivono i Castelli del Verdicchio), il buon Riccardo ha iniziato ad armeggiare in cucina prima ancora di aver compiuto 14 anni: incatenato alla passione per le stufe grazie allo zio che possedeva un Albergo-Ristorante a Serra dei Conti. “Ficcanaso sempre stato, a 8 anni già rompevo le scatole nelle cucine dell’Albergo perché quel mondo lì mi affascinava” ricorda sornione. “Da bimbetto mi intrufolavo tra gli arnesi delle cuoche, poi ho fatto 2 anni di alberghiero regionale, quello per delinquenti però che serviva solo a darmi la possibilità di imparare le basi e fare qualche stage aggiro. Tutt’ora mi definisco autodidatta, perché appena agguantato l’attestato ho intrapreso solo stagioni in prima linea, mangiando tanto e compensando con qualche corso specifico, senza nessuna esperienza importante in locali altezzosi. Ciò che ho appreso deriva dalle sfacchinate trascorse dentro le cucine, perlopiù tradizionali, osservando molto chi avesse più conoscenze di me. Il resto l’ho messo di mio bazzicando tra i contadini e le signore dei paesini dove sono nato. Ogni posto aveva le sue usanze e le riportava in cucine schiette e antiche in ogni aspetto. Quando io già provavo a saltare o mantecare la pasta per capirci, le cuoche locali mi guardavano male perché la scolavano direttamente nel “reale” (zuppiera, ndr) col condimento poggiato sopra. Non c’erano abbattitori, campane o sottovuoti, tantomeno roner e forni al vapore. Le novità grosse per capirci erano il forno a legna, il forno a mattone refrattario, la graticola al massimo. Mezzi dimenticati, per questo faccio un po’ di fatica a integrarmi con i nuovi sistemi. Ora senza il forno a vapore sarei finito in servizio, ma rimango ancora restio a usare aggeggi come il roner che non c’azzeccano con quel che voglio. La mia è una cucina di pancia in cui costantemente tocco, tasto, assaggio ogni ingrediente prima, dopo e durante le cotture”.
L’onestà di Riccardo è talmente affilata da poter affettare qualsiasi interlocutore come lui affetta un pescione, soprattutto quando prende il via nel raccontarsi con ritmo dilatato di parole, pieno di buffe pause trascendenti. Come anticipato, agli esordi navigava in cucine carnivore visto il raccordo con i ristori di campagna (la stessa Trattoria inaugurò in città con proposte di carne appena aperta), ma il rapporto del cuoco col mare è qualcosa di strettamente intimo e romantico che si porta dietro da sempre, evidenziando tratti spirituali quando si cimenta a parlarne. “Con mio zio prendevamo la Giulietta alle 6 del mattino per andare a Senigallia a comprare il pesce dal grossista” riprende accorato. “Mi ricordo l’emozione dinnanzi a cassette piene di scampi, gallinelle, canocchie. Io amo profondamente il nostro Adriatico e anche quando cucino il pesce mi affido a lui per decidere come trattarlo. Se è mosso o agitato, anche le cotture e i condimenti avranno un carattere spinto, se invece si mostra placido sino a riva, avverto il bisogno di cotture al vapore o esercizi più delicati”.
Mare & campagna in foggia lucente
Se esiste un comun denominatore nello stile di Rotatori, è senza dubbio la levità di sapori insita in ogni piatto, creando un simpatico contrasto con il suo aspetto un po’ burbero e bucaniere. L’estetica stessa di quel che realizza risulta aggraziata, fine e ancor più soave all’assaggio. Sfido chiunque a non sentirsi rassicurato e estasiato al tempo stesso degustando le pietanze della sua Trattoria: estremizzando, anche un individuo inappetente o con vincoli dietetici troverebbe beatitudine qui, grazie allo stampo leggiadro delle vivande. Una regola universale riscontrabile nei grandi classici di pescato crudo&cotto: Tartare di cannelli (cannolicchi) e agrumi che innesca vibranti stoccate di iodio; l’iconico Pane e sgombro (con filetti accomodati a mano, uno a uno, in polpa acetica di pomodoro); la Ventresca di tonno marinata con capperi crunchy, distesa sulla focaccia del forno senigalliese Pandefrà; una turbo-Tartare di cozze tiepide in salsa di erbe e peperoni; le assuefacenti Canocchie al vapore con elisir di scarola; i Sardoncini “a scottadito” di fattura commovente o la razza alla puttanesca che suscita pulsioni ataviche col suo sughetto senza pari. Se poi a Riccardo tocca improvvisare con i frutti stagionali, ecco saltar fuori capolavori come turgide Mazzancolle, crema di zucca e porcini; Triglie appena baciate dal fuoco in fondo di vongole e funghi arrostiti; Calamaretti scottati con cavolo nero e dressing alle carote; ruggenti Filetti di tracina in jus di cipolle e indivia o delle callose Orecchiette con lupini e bottarga scandite da un equilibrio struggente di contrappunti. L’apice però si raggiunge con le digressioni carnivore accennate in precedenza. Un po’ per lo stupore nel testare le abilità del cuoco in un campo mai esplorato, un po’ perché come afferma proprio Ricky: “L’umore della ciccia e dei volatili mi fa andar via di testa”.
Voliamo anche noi dunque: prima con l’assonanza complementare di Tonno e vitello arrosto, fusi assieme da un penetrante fondo tirato con i reciproci succhi; poi con la Lepre selvatica in salmì, ammaestrata dal twist aromatico di salvia e albicocche. Capitolo a parte quello delle pantagrueliche Tagliatelle con ragù di piccione sfilacciato a mo’ di “pulled pork” ove annegare i propri sensi in visibilio. E al momento di sfoderare “l’asso pigliatutto” della sua amata oca (frollata in casa per diversi giorni), il cuoco si destreggia nel plasmarla in due tempi: quale regina di un conturbante sugo con zampe e interiora per le Cresc’tajat (formato ancestrale di pasta, ricavato da ritagli romboidali delle cresce marchigiane a base di farina di mais) e in un sodalizio antologico con i bombi (lumaconi marini), lasciando sguazzare entrambi nelle trame dense di un intingolo degno delle più agguerrite scarpette.
La festa per il palato non si arresta neanche con i dolci, tra tartellette meringate, zuppe inglesi coi fiocchi e panne cotte da record, ribattezzate “della fiera” per il Pralinato alle mandorle che Rotatori vi aggiunge quale vezzo evocativo in omaggio alla frutta secca caramellata tipica delle fiere paesane. Nel caso abbiate fatto i bravi nelle movenze del pasto, sarete anche premiati osservandolo sbucare a fine servizio per raccogliere opinioni e magari regalarvi qualche perla delle sue, tipo: “Come uno si comporta seduto a tavolino, la dice lunga sul come si comporta nella vita”. Mai più vero, anche se a tavola della Trattoria Vino & Cibo risulta senz’altro più facile apparir buoni. Grazie a una cucina e un’atmosfera da tutelare con viscerale appartenenza. Sempre e solo dritti come un chiodo.
Trattoria Vino e Cibo
Via Fagnani, 16
60019 Senigallia (AN)
Tel: +39 071 63206