Testo di Luca Sessa
Foto di Cantina Sant’Andrea
Nascere oltre 200 anni fa in una forastica Pantelleria, ancora lontana dai moderni fasti turistici, per poi scrivere alcuni capitoli della propria storia di famiglia in Africa portando sulla pelle i segni di scellerate scelte politiche, giungendo infine su altre coste del nostro paese per rinnovare la passione e l’abnegazione che da tempo consentono ai Pandolfo di non piegarsi dinanzi alle difficoltà e di rinascere dalle proprie ceneri.
È questa la sintesi di una romanzesca storia che tocca 3 secoli, 2 continenti, varie generazioni e che ora ha la forma di vigneti che permettono di dar vita a vini estremamente rappresentativi di un terroir e di un approccio alla terra unici. Cantina Sant’Andrea è la moderna veste di un’opera iniziata nella seconda metà dell’800 da Andrea Pandolfo tra i piccoli vigneti di uve zibibbo dell’isola di Pantelleria e proseguita nel corso di varie epoche per trovare fissa dimora a Borgo Vodice, a pochissimi chilometri da Terracina, nei pressi dell’insediamento Volsco e città preromana.
Nel mezzo, la fondamentale tappa in Tunisia a Khanguet Gare dove nel 1880 tutto ha inizio: è qui che grazie al sacrificio e al duro lavoro di un’intera famiglia di quasi 10 figli si riesce a mettere in piedi una produzione vitivinicola che sin dal primo momento riesce ad allacciare importanti rapporti commerciali con la Francia, destinazione di grandi carichi di vino.
L’azienda prospera fino al 1938, quando arriva una forte e inaspettata battuta d’arresto a causa della fillossera, una malattia che provoca gravi danni alle radici della pianta di vite e la perdita irreparabile della stessa. Anche in questo caso però è la determinazione a segnare il destino dei Pandolfo che richiedono dalla Francia un innesto di barbatella che fosse resistente alla fillossera per tornare a produrre vino. Un nuovo inizio bruscamente interrotto, in maniera definitiva per quel che concerne l’esperienza in Africa, nel maggio del 1964 quando il presidente tunisino Harbib Bourghiba espropria i possedimenti terrieri e mette alla porta tutti gli stranieri presenti nel paese. Stranieri all’estero, stranieri in patria: è questa la triste scoperta fatta dalla famiglia quando giunge in Italia, a Napoli, per essere successivamente spostata a Latina da veri e propri nullatenenti a causa delle disattese promesse del nostro Governo.
Ma, se una parte dei Pandolfo trova in Francia la “Terra promessa”, è a Borgo Vodice che Gabriele e Andrea, padre e figlio, riescono a scrivere un nuovo ed entusiasmante capitolo della romanzesca storia della loro famiglia. E così, partendo dalla barbatella che serve con le sue radici a far nascere intere vigne grazie alle sue piccole ma preziose “barbe”, oggi questa storia di coraggio e dedizione si estende per oltre 100 ettari di vigneti al centro della regione con appezzamenti che vanno da Borgo Vodice ad Aprilia. Nel vitigno di Campo Soriano, con il suo terreno ricco di argilla rossa, sorgono le coltivazioni più antiche con il Moscato di Terracina, il Cesanese di Terracina, l’Aleatico e l’Abbuoto (o Cecubo).
“Questa Cantina ha un valore anche simbolico, rappresenta il valore del lavoro fatto dalle precedenti generazioni della nostra famiglia” racconta Gabriele, che alterna all’appassionata narrazione dell’evoluzione dell’azienda alcuni piccoli frammenti dell’adolescenza tunisina, tra dolci frittelle al miele e vasche per il vino lavorato dai maestri vetrai di Faenza. “Siamo stati dei veri pionieri in epoca passata, ed è un vero peccato aver visto andare in frantumi quanto costruito non solo dal punto di vista produttivo ed economico, ma soprattutto da quello che mi piace definire culturale, perché è andato perduto anche il patrimonio della conoscenza in un territorio che avrebbe potuto trarre giovamento da quel modo di produrre il vino e fare impresa”.
Oggi suo figlio Andrea ha donato moderna continuità a una Cantina che nella selezione Acquerelli ha il proprio fiore all’occhiello, a partire dalle etichette realizzate da Pompeo Cupo, artista di Formia, che rappresentano i siti di rilievo della zona. Una scelta in linea con la filosofia dei Pandolfo, che cercano di valorizzare (quasi) esclusivamente i prodotti del territorio, utilizzati anche nella cucina del ristorante “Seguire le Botti”, da pochi mesi aperti all’interno dell’agriturismo costruito accanto alla cantina, guidato dallo chef campano Pasquale Minciguerra. Cantina Sant’Andrea dà vita a oltre un milione di bottiglie l’anno, di cui il 40 % va al mercato statunitense: qui, sempre per una tradizione ereditata dal passato quando il padre di Gabriele vendeva il vino alla comunità ebraica di Tunisi, si produce anche vino kasher, di cui si occupano degli scrupolosi rabbini. Tra i vini di riferimento meritano una menzione l’Oppidum, il più originale, 100% Moscato di Terracina D.O.C. secco e profumatissimo; il Riflessi Bianco, D.O.C. Circeo bianco, da Trebbiano e Malvasia; il Sogno, vino rosso da uve Merlot e Cesanese; il Capitolium, Moscato di Terracina D.O.C. passito e il Riflessi rosé spumato, fresco, fruttato, floreale, dal perlage fine e persistente.
Molto interessante anche l’approccio alla proposta gastronomica: in questo caso, come avviene per ogni altra scelta “aziendale”, Gabriele e Andrea hanno dato a Pasquale Micinguerra il tempo necessario per mettere a punto un menu che può esser definito un manifesto gastronomico del Lazio. Dalle carni ai vegetali, passando per i formaggi e naturalmente i vini, quasi ogni ingrediente proviene dal territorio, prodotti artigianali di straordinaria fattura che lo chef valorizza grazie al sapiente utilizzo della tecnica.
Del locale colpisce ogni aspetto, dalle scelte stilistiche e di design con il ricorso a materiali che richiamano la cantina, alle magnifiche botti che adornano il perimetro, passando per una mise en place curata ed un servizio di sala sorprendente per empatia e professionalità. Interessante il rapporto qualità/prezzo del menu grazie a due percorsi di degustazioni da 6 e 8 portate a 48 e 58 euro, con il relativo abbinamento ai vini per chi lo desidera.
Il nostro pranzo ci permette di scoprire una cucina molto consapevole, equilibrata nei sapori ma al tempo stesso ricca di piacevoli intensità, a partire dai bocconi d’assaggio tra cui meritano una menzione la Crocchetta di picchiapò e il Finto pomodoro (ripieno di panzanella), accompagnati da una degustazione di pane e olio (entrambi fatti in casa) di livello altissimo.
Gli antipasti confermano la bontà della prima impressione, prima con la Tartare di bufala con gelato al datterino giallo, quindi con una golosa Zeppola di fiori di zucca, panna cotta al peperone, mozzarella di bufala e colatura di alici Manaide, infine con uno dei migliori piatti di giornata, Come la parmigiana di melanzane, una deliziosa melanzana ripiena di parmigiana e poi panata e fritta.
Si prosegue quindi con il primo, dei deliziosi Agnolotti al ragù di agnello, pisellini, asparagi, cacio e ova e si chiude la parte salata con il morbidissimo Capocollo di maialino con peperoni e albicocche, altra proposta di estrema sensibilità gustativa. Prima dei dessert giunge in tavola una piacevole sorpresa: un assaggio di formaggi tra cui l’irresistibile Blu della Valcomino.
Anche i dolci tengono alta l’asticella con il Tiramisù moderno, un dolce da guardare e comporre o scomporre in ogni sua parte e il quasi etereo Babà agli agrumi, cremoso al cioccolato bianco e gelato al bergamotto Colazingari: “Amo questo liquore perché mi ricorda il limoncello.
Siamo partiti da questo sapore realizzando un gelato al fior di latte aromatizzato al liquore, da porre sotto al babà, con una bagna agli agrumi che rende omaggio a Sorrento, insieme a un cremoso al cioccolato bianco e limone” racconta Minciguerra.
Cantina Sant’Andrea
Strada del Renibbio, 1720
04016 Borgo Vodice – Terracina (LT)
Tel: +39 0773 755028
+ 39 0773 757050
www.cantinasantandrea.it/site/