Il luogo in cui recuperare la sintonia con il tempo reale delle cose, e un pizzico della verità che stiamo cercando.
Testo di Andrea D’Aloia
Foto cortesia di Tenuta Saiano
La campagna è quel posto dove puoi star sicuro che ritroverai tutto come prima, non importa cosa sia successo nel frattempo, mentre non c’eri. È lo spazio in cui ti chiedi cosa sia sopravvissuto a tutte le improvvise accelerazioni della nostra lentezza, dove riconnetterti inaspettatamente con un pezzo importante di te e trovare risposte plausibili a qualche vecchia domanda, se ne sei capace.
È la latitudine in cui il mondo sbanda, e inizia a rimettere qualcosina in ordine del suo caos: un recupero del reale che nessuno può controllare più di tanto, perché scorre con regole e velocità tutte sue. A un tratto c’è questa specie di splendida corrente in cui tutto inizia a fluire, non riesci a fermarla più, non puoi far altro che assecondarla: tutto coagula in un tempo che non è più il nostro, e l’esercizio che siamo chiamati a fare è colmare la distanza con la cadenza delle cose vere. È quella la dinamica affascinante: recuperare un’eleganza di appoggi naturali e gesti accennati, fatti con bellezza, e gentilezza, per ritrovare un punto dentro sé stessi.
Tenuta Saiano è uno di questi luoghi rari, di quei pochissimi in grado di segnarli per davvero, certi paesaggi e certi momenti: il resto è l’abilità straordinaria di starli semplicemente ad abitare, spostando di un millimetro il peso dei fatti più evidenti. Sono fortunati, qui: leggono ogni giorno il movimento con cui tutta un’umanità si rimette sul ritmo del tempo, sommando tanti piccoli dettagli che alla fine acquistano una forza deflagrante. Tu sei lì che con il cervello cerchi di tenere insieme tutto, e nell’atmosfera che ti hanno sistemato davanti riesci di nuovo a vivere gli istanti, a deliziarti degli attimi.
Chissà cos’è stato a scattare nella testa di Manlio Maggioli, nel 2009, quando ha iniziato ad acquistare e mettere insieme i tanti piccoli terreni indipendenti in zona Casone, all’ombra della rocca di Montebello e delle torri della Scorticata di Torriana: siamo a una manciata di minuti dalla riviera, sulle prime colline di fronte Rimini, di quei pendii a quattrocento metri d’altezza che non sono ancora Appennino, ma che comunque ne conservano il rigore dell’origine. Sotto i piedi la durezza e la tangibilità di una terra marinica (li chiamano “massi erranti”, si son mossi dalla Liguria in epoche geologiche molto lontane), un complesso di marne argillose, rupi, affioramenti di gesso e calcare. È una struttura primordiale, una formulazione semplice, che ci tocca da vicino, e che a causa di quei piccoli miracoli che accadono solo ogni tanto, dove non t’aspetteresti mai; è una struttura primordiale particolarmente votata alla viticoltura, all’olivicoltura, all’allevamento, alla piantumazione dell’orto e degli alberi da frutto. Eppure, qui, in precedenza, si faceva piccola agricoltura di sussistenza, basilare: la verità è che prima di Maggioli nessuno ci aveva mai visto nulla, se non rigore e una fatica che non valeva la pena. Ma, tra le decine di persone che lavorano a una stessa faccenda, ce n’è sempre uno che ha in mente tutto: ha il film in testa, non smette mai di vedere nel riflesso dell’acqua l’intero fiume, nel singolo volo l’intero stormo, nelle fondamenta l’intero palazzo. “Non c’erano neanche le strade battute per arrivarci, in questo posto” raccontano qui, con ancora addosso la meraviglia di quello che è accaduto poi.
L’imprenditore romagnolo aveva già la sua solida azienda d’innovazione digitale e la Sangiovesa, l’osteria aperta nel cuore di Santarcangelo 19 anni prima: poteva lasciar perdere, soprassedere all’aggiungere un progetto economicamente ed energicamente tanto dispendioso qual è una tenuta agricola da mettere in piedi praticamente da zero. E invece Tenuta Saiano ha trovato il suo senso in un pragmatismo e una visione più grande, e complessa, in cui uomo, terra e animali recuperano gli equilibri del loro convivere e si interconnettono – tra loro, e con il resto delle attività del gruppo – per restituire all’esterno una cosa impensabile: la verità che andiamo cercando, sotto forma dei sapori autentici che definiscono l’anima di questi luoghi.
Gli ettari son diventati 100, una dozzina dei quali coltivati in biologico a vigneti di varietà autoctone come Sangiovese, Grechetto Gentile e piccole parcelle di Trebbiano romagnolo; il resto è occupato da oliveti secolari, dall’orto e dalle erbe spontanee, dalle arnie per la piccola produzione di miele buono, e poi voliere e stalle, dove allo stato semibrado riposano serenamente (e in benessere) more romagnole, pecore, conigli, piccioni, polli e galline romagnole (un biotipo di peso e grandezza inferiori rispetto alla media, che si stava perdendo e qui hanno recuperato). Tutto è in armonia, nessuna incongruenza, la chimica non entra mai in vigna, in cantina, nell’orto e in oliveto, gli animali si nutrono di granaglie, cereali e fieni autoprodotti e lavorati in casa, chiudendo una circolarità naturale e un’idea inamovibile di purezza e rispetto delle biodiversità che ha pochi eguali in Italia.
Gli sforzi di questo immenso lavoro finiscono sulla tavola de La Sangiovesa, che approvvigionano durante l’anno con la maggior parte della produzione, e in estate in un progetto meraviglioso: Bucolica Wine Garden, l’idea di ospitalità a tutto tondo della famiglia Maggioli, depositata nelle mani di Olivia Lucchi, Alex Fulvi e una squadra formidabile di ragazzi, tutti giovanissimi, con un senso di responsabilità enorme e una sorprendente capacità di immaginare il futuro – e scriverselo, ballando intensamente sul presente. Per questo si sono scelti un claim micidiale: “Run to the hills”.
A Bucolica hanno tutti l’età giusta, quella in cui rendi le cose che fai indimenticabili. Perché magari ci si impiega una vita a colmare, allineare distanze e le cose che davvero ti stanno a cuore, ma se come loro hai un’idea così nitida poi sei in grado di unire i puntini e costruire un’architettura dettagliata, dotata di senso, con un’eleganza e un virtuosismo che incantano: il piacere della bellezza pura e semplice. C’è da tenere insieme un mondo. Loro lo fanno: l’atmosfera è sublime, il panorama mozzafiato; luci soffuse e musica perfetta colano nel giardino, ammantando i tavoli e le botti in legno. I clienti si godono tutto, sono trasversali, rilassati, eleganti (è un posto romantico, arrivano un sacco di coppie innamorate): respiri aria pura, energia e ottime vibrazioni, un contesto in cui è un piacere restarsene a galleggiare, e lasciarsi andare. Ti rendi conto che quello che stai vivendo è un unico movimento collettivo, in cui riscopri che i sentimenti possono essere repentini, le passioni devastanti, le emozioni infinite; che le illusioni non sono degli errori e che il tempo, se ne esiste ancora uno, non è lineare.
A tavola arrivano formaggiche Alex e Olivia hanno selezionato nei loro giri golosi nel mondo, accompagnati da mieli e confetture di frutta; con il pane sfogliato caldo ci sono lonze, la coppa di testa, la spalla cotta, il lardo, prosciutti e salami da sogno (qui c’è una norcineria interna, in sostanza il vantaggio è di poter decidere salagioni, stagionature, il punto di grasso perfetto); le Verdure pastellate da spizzicare anche all’ora dell’aperitivo. Il menu cambia rapidamente (lo realizzano Federico Terenzi ed Emanuele Golinucci, imprinting dato da Massimiliano Mussoni a La Sangiovesa): quando assaggeresti tutta la lista e fai fatica a capire cos’è che ti è piaciuto di più vuol dire che ogni cosa è studiata come si deve. Con tutto quel ben di Dio a disposizione in Tenuta è chiaramente una cucina di materie, ingredienti e accostamenti ragionati. Ce n’è per tutti i gusti: Tortelli ripieni di genovese di maiale (supersonici), uno sfizioso e intelligente “Nugget” di coniglio e spinaci in agrodolce, il Pollo e le patate arrosto, le Uova in purgatorio in salsa piccante di pomodoro e pane bruschettato, la Braciola alla griglia con carote alla brace e panna acida; e poi i dolci, il Gelato allo squacquerone e pesche caramellate, la Ciambella con la crema pasticciera, le Torte di una volta: tutto semplicemente buonissimo, sono sapori di campagna che t’eri dimenticato.
Olivia, con il team della “sala en plein air”, tiene il ritmo del servizio con garbo e attenzione a ogni minuzia (ha un grandissimo senso estetico e stile a palate: viene dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ma allo stesso tempo è appassionatissima di moda e design: ha trovato un modo divino di intrecciare le due cose, farle convivere e dialogare tra loro). Alex pensa ai vini: di quelli della Tenuta segue ogni momento, dalla vigna alla cantina, alla tavola, dove li racconta con l’enfasi di chi ti sta aprendo una porticina del suo cuore per condividere uno dei suoi grandi amori. Volendo sintetizzare molto: fa il vino che piace a lui, come piace a lui, nel pieno rispetto dei tempi di acini e nettari. Un coinvolgimento totale, il suo, si vede lontano un miglio. La sua straordinaria bravura è nel saperti portare con lui tra i filari, nei momenti della vendemmia, tra le anfore, il cemento e le tonneau di rovere e barrique dove il vino affina e riposa.
La degustazione (si può fare tutto l’anno) è consigliatissima, per capire davvero questo posto (vi segnaliamo qualche chicca: L’Animo, grechetto gentile dai profumi salmastri e rimandi mediterranei, l’orange rifermentato Rude, il Grenache, i Sangiovese Vigna Alberelli e Sanzvez), ma in carta è possibile trovare bottiglie di cantine (Franciacorta, Champagne, bianchi e rossi piemontesi, siciliani, di Borgogna, Loira e Savoie) di cui Alex condivide pensiero e sapori. E per completare il quadro dei mille modi di questa idea e questa storia ci sono gli squisiti liquori, i vermouth, gli amari, e i gin artigianali realizzati dal profumiere Baldo Baldinini (che qui ha il suo olfattorio, dove conserva spezie ed essenze da tutto il mondo) e le invitanti colazioni da poter provare se si decide di rimanere a soggiornare in una delle belle stanze della Tenuta.
Saiano è guardare indietro e ricordarsi la purezza di ciò che cercavi e che ti era capitato di desiderare. Lo spettacolo quotidiano di quello che fanno, la ricchezza, la forza, la bellezza, il passato e il futuro, il progresso e la velocità, che sono dislocati su una mappa in un modo che potresti chiamare con un solo nome: libertà. È ciò che dovrebbe essere, come dovrebbe essere. Una logica micidiale: vedi l’artigiano che fa sempre meglio una cosa – altre cose – che prende altre direzioni. Se la si fissa a lungo lo sguardo vi si inabissa, seguendo tracce che sembrano obbligate. Una di quelle cose che rimangono per sempre, e che impiegheresti una vita a dimenticare.
Tenuta Saiano
Via Casone, 35
47825 Poggio Torriana (RN)
Tel: +39 0541 675515
www.tenutasaiano.it