Testo di Gualtiero Spotti
Foto cortesia di Visit Brussels
La scena gastronomica belga di cucina d’autore e fine dining è storicamente sempre stata ricca di indirizzi stellati o di assoluto prestigio e le ragioni sono piuttosto semplici da individuare. Si va dalla contiguità con la Francia, che ha in qualche modo determinato lo stile dei cuochi più rinomati sino i giorni nostri, fino al tessuto economico di alto profilo e capacità di spesa che ancor oggi caratterizza il territorio nazionale, soprattutto se si muove verso le Fiandre. Per non parlare del fatto che la capitale Bruxelles, nel frattempo, è diventata uno dei centri chiave della politica comunitaria, attirando un mondo costituito da politici, professionisti e imprenditori. Insomma, Bruxelles, per queste e altre ragioni può sempre contare su una serie di ristoranti che mettono in campo valori condivisibili dalle maggiori guide del continente, vedi Michelin e Gault & Millau, oltre a gettare nella mischia di tanto in tanto qualche novità cui prestare attenzione.
È il caso, ad esempio, di Humus x Hortense, delizioso ristorante vegetariano (ha appena conquistato la stella green della “rossa” 2021) che vede in prima linea il cuoco e mixologist barbuto Nicolas Decloedt, integralista del mondo vegetale e paladino del no waste, insieme a Caroline Baerten, appassionata di arte e vini naturali, ceramista (le ceramiche e i piatti del ristorante sono i suoi) e, non ultimo, fondatrice del collettivo Soilmates che riunisce cuochi, agricoltori, artisti ma anche storici, nutrizionisti e attivisti. Non è quindi così strano che il ristorante dall’ambiente che per certi versi mescola con audacia elementi barocchi e puro minimalismo, sia un concentrato di idee originali anche nel menu. A partire dall’idea di creare un percorso wild di full immersion botanica dove molta della materia prima utilizzata viene riproposta su due piatti consecutivi.
Come nel caso del Topinambur che viene prima presentato accompagnato dallo yuzu e, subito dopo, inversione Tartellette, con cicoria e un miso alla nocciola. Cosa che accade, per dire, anche con la Zucca e il Sedano rapa. Ma tutto il percorso (sono banditi pesce e carne, tra gli altri) racconta la natura attraverso le erbe, le verdure, i funghi che vengono arrostiti, affumicati, fermentati e a volte glassati in un esercizio di stile notevole, che trova il suo accompagnamento d’elezione nei mocktails preparati dallo stesso Nicolas, pur essendo a disposizione anche un pairing con vini.
Diametralmente opposta è invece l’esperienza che si vive mettendo piede nell’elegante e classica sala art déco di Bozar, uno degli indirizzi più frequentati dalla Bruxelles bene. Il maestro cerimoniere qui è il simpatico cuoco armeno Karen Torosyan, arrivato in Belgio all’età di diciotto anni e passato nelle cucine di mostri sacri quali Bruneau e Devalkeneer, prima di prendere in mano la brasserie Bozar. Con il passare degli anni, la tecnica e la passione del cuoco si sono evidenziate soprattutto nelle grandi preparazioni di pasta brisée a metà strada tra cucina russa e francese, con la Torta salata Koulibiak e i Pithiviers e Pâté-Croûte d’oltralpe. Preparazioni leggendarie ormai difficili da incrociare nei grandi ristoranti, che, nel 2015 hanno portato Torosyan perfino a vincere il Campionato Mondiale di Pâté-Croûte in barba a tanti allievi di Escoffier arrivati dalla Francia.
La mano più delicata del cuoco di sicuro la si avverte in molti dei piatti di avvicinamento a quello che rimane il momento clou atteso da tutti a Bozar e rappresentato da una da uno dei molteplici Pâté, come quello ai volaille di Bresse o con maiale, piccione e foie gras che assicurano lo sguardo estasiato dei presenti in sala. Tutti inevitabilmente da condividere al tavolo viste le dimensioni monstre, ed è questa una caratteristica propria anche della grandiosa Millefoglie che capita in sorte per dolce.
Una curiosità, l’executive chef di Bozar in realtà è una donna si chiama Cassandre Ercolini ed è una belga di origini venete, dal piglio deciso in una cucina, a vista sulla sala, composta da soli uomini. La lista dei personaggi curiosi tra gli stellati di Bruxelles però non si esaurisce qui, e non si può fare a meno di passare a trovare l’istrionico cuoco francese David Martin, che vanta un passato da Alain Passard e ha nel suo curriculum l’attitudine del girovago internazionale ai fornelli, prima di sistemarsi al Meridien di Bruxelles.
Poi, quindici anni fa c’è stata la svolta, con l’incontro di Natalie, la figlia della proprietaria della Brasserie La Paix e l’inizio di un lungo percorso che ha portato a diversi momenti culinari, dalla passione per la stagionatura delle carni alla “scoperta” del Giappone, in un incrocio di idee stimolante e propositivo che oggi rende la cucina de La Paix un magnifico crossover dove si guarda spesso a Oriente e ci si concede significative puntate anche tra Spagna e Francia.
Si passa con agilità dai Gyoza con maiale basco alla Wagyu con fudge di koji e tartufo, dal dolce nipponico Monaka a base di fagioli, alla Seppia marmorizzata con Sujiko, ovvero le Uova di salmone della tradizione giapponese. La Paix compie quest’anno 130 primavere, ma è negli ultimi tre lustri e nel passaggio da brasserie a ristorante che ha fatto passi da gigante nella sua proposta culinaria. Merita sicuramente una sosta.
Infine, un consiglio, che riguarda il quarto indirizzo, quello del bistellato Bon Bon del vallone Christophe Hardiquest. Nelle scorse settimane il cuoco aveva già manifestato l’intenzione di dare una svolta alla sua quotidianità, ma è solo di qualche giorno l’annuncio che chiuderà le porte del suo ristorante il 30 giugno 2022, in un rush determinato da molti fattori, tra cui i tempi difficili del Covid (ma non chiude per problemi economici) e la voglia di investire maggior tempo nella propria vita, senza però abbandonare totalmente il mondo del food.
In attesa di capire quali saranno le future mosse di Hardiquest, c’è ancora tempo qualche mese per gustare i suoi piatti, per apprezzare uno stile che evidenzia la forte identità belga unita a una spiccata creatività, il pensiero di una mente libera che ha sempre spaziato tra il buon senso classico di matrice francese e la curiosità della materia prima d’eccellenza meno conosciuta, al punto da arrivare a portare nel suo ristorante la carne (ottima) di pony del macellaio Geert Vermeire.
Senza dimenticare però la sua opera di riqualificazione della cucina locale con l’attenzione posta nello stringere rapporti forti e duraturi con i produttori belgi. Caratteristiche che hanno contribuito non poco a fare di Christophe Hardiquest uno dei cuochi più apprezzati e conosciuti anche al di fuori dei confini nazionali.
Humus x Hortense
Rue de Vergnies, 2
1050 Bruxelles
Tel. +32 474653706
www.humushortense.be
Bozar Restaurant
Rue Baron Horta, 3
1000 Bruxelles
Tel. +32 25030000
www.bozarrestaurant.be
La Paix
Rue Ropsy Chaudron, 49
1070 Bruxelles
Tel. +32 25230958
www.lapaix.eu
Bon Bon
Avenue de Tervueren, 453
1150 Woluwe Saint-Pierre
Tel. +32 23466615
www.restaurant-bon-bon.be