Testo di Tania Mauri
Foto cortesia di Stüa de Michil
La Stüa de Michil di Corvara e Simone Cantafio, un’affinità elettiva premiata con la stella Michelin dopo solo due stagioni insieme
Inverno, montagna, neve, magia. È questa la stagione in cui si trascorrono le giornate all‘aria aperta per poi rilassarsi in baita, davanti al camino acceso con una cioccolata calda in mano. Per la cena poi si cercano posticini accoglienti, con cucina tipica o ristoranti gourmet, come La Stüa de Michil all’interno dell’Hotel La Perla di Corvara in Alta Badia, che quest’anno, dopo solo due stagioni sotto la guida dello chef Simone Cantafio, ha preso la stella Michelin. L’hotel, a conduzione familiare, occupa una dimora risalente al XVIII secolo e l’ospite è messo al centro dell’attenzione. Una grande casa di montagna, in stile tirolese, dove intimità e calore si rispecchiano nei dettagli che la contraddistinguono: stube, legni, tessuti, colori caldi, luci soffuse, arredi; nulla è lasciato al caso.
Simone Cantafio, la sua storia e la sua idea di cucina e brigata
Nato a Milano ma di origini calabresi, alle quali tiene moltissimo, Cantafio inizia presto il suo peregrinare fra le cucine stellate di tutto il mondo, Francia e Giappone su tutte. Dopo undici anni trascorsi alle dipendenze di Michel e Sébastien Bras, compresa la lunga parentesi nell’isola di Hokkaido in Giappone alla guida del ristorante due stelle Michelin Toya, Simone Cantafio torna in Italia.
“Nell’ultimo periodo in Giappone, io e la famiglia Bras ci stavamo concentrando, su una nuova apertura, per l’estate 2020, alle porte di Tokyo, un progetto che avrebbe unito il mio nome a quello della maison francese nel “Bras Karuizawa Simone Cantafio”, ristorante gastronomico disegnato dall’archistar Kengo Kuma. A inizio 2020 sono rientrato in Italia con la mia famiglia per qualche giorno di pausa prima della grande avventura nella terra del Sol Levante, ma è arrivato il Covid e non sono più tornato in Giappone (e il ristorante non ha mai aperto le sue porte al pubblico)” ricorda Cantafio. “È stato un periodo difficile perché avevo investito molta energia e stress su questo progetto e doverlo abbandonare mi ha fatto stare male. Per fortuna trovo sempre il lato positivo e intuisco che questa poteva essere una nuova opportunità: tornare a fare cucina nel mio paese dopo 14 anni! A quel punto dovevo solo trovare chi o che cosa avrebbe valorizzato il mio percorso partendo da zero. Tra i molti contatti in tutta Italia c’era il gruppo Costa di Corvara che mi invitò a soggiornare per qualche giorno sulle Dolomiti. Fu un vero e proprio colpo di fulmine: la natura, lo spazio, il silenzio, il luogo e i Costa, professionisti dai grandi valori, mi catturarono il cuore”.
Cantafio non ha dubbi su come procedere: proseguire con l’insegnamento ricevuto dai grandi maestri, tra cui Gualtiero Marchesi e Carlo Cracco, a partire dalla massima di Sébastien Bras “la natura parla, l’esperienza traduce”. Da qui parte la sua idea di cucina che celebra l’incontro fra Oriente e Occidente attraverso concetti che non escludono ma includono.
“Insieme a tutto il gruppo Costa abbiamo deciso di riproporre una nuova visione de La Stua de Michil, che avrebbe fatto da traino per tutte le altre proposte gastronomiche dell’hotel. Il primo periodo non è stato semplice, perché dovevo creare e organizzare una brigata di 40 persone, così ho deciso di coinvolgere sin da subito due grandi professionisti: Luca Tegon e Fabio Garlini. Abbiamo passato un mese in ufficio a esaminare, studiare e ordinare tutti i curriculum dei 38 collaboratori. Nei fine settimana andavamo a esplorare la regione per trovare i fornitori: in meno di 2 mesi avevamo un portafoglio di circa 50 produttori locali e non. Abbiamo iniziato a sperimentare, elaborare e ridisegnare tutto, dai supporti per la sala alle ricette. Mentre il progetto prendeva forma la famiglia Costa mi ha supportato, ha sposato la mia idea di cucina e ha accettato la mia personalità. È così che ho potuto cominciare a tirare fuori il meglio di me” spiega Simone.
Dopo tre anni, torna in Giappone, insieme alla moglie giapponese e alla figlia, ed è qui che una sera arriva la telefonata dalla Michelin per premiare il ristorante con la stella. “Un bel risultato dopo soli otto mesi! Visto il gran lavoro fatto in così poco tempo, abbiamo deciso aumentare il gruppo di lavoro, per dare più tempo libero e tranquillità a tutti e alzare i salari. Oggi lavoriamo come una vera squadra di serie A: facciamo i ritiri prestagione, abbiamo a disposizione un mental coach e, con alcuni professionisti, impariamo a rilassarci e a staccare dalla frenesia quotidiana; facciamo corsi organizzati dall’azienda dove poter fare altre esperienze e scambi tra reparti, in modo che tutti possano mettersi nei panni degli altri. Stiamo giocando un campionato di altissimo livello e credo che anche l’ospite lo percepisca, perché ci vedono sempre sorridenti e motivati. Ho imparato e fatto mio il concetto di sostenibilità e avanguardia umana dando la possibilità al team di stare bene e divertirsi” precisa lo chef.
I piatti de La Stüa de Michil
Tutti i piatti di Simone sono fatti con ingredienti semplici che hanno a che fare con termini quali natura, mondo vegetale, rispetto umano, sensibilità, armonia. “Il nostro menu vede due percorsi degustazione, Trasformaziun e Perzeziun, che si evolvono durante le stagioni. Per i palati più curiosi e gli habitué, ho pensato di mettere a disposizione un Fuori Menu: tre o quattro ricette del giorno dove, insieme ai nostri produttori, proponiamo delle vere e proprie chicche gastronomiche. Per esempio, oggi mi sono arrivati dei freschissimi fegati di seppia che condiranno una linguina gustosissima con un filo di olio di Nocellara del Belice, il peperoncino dell’orto, l’aglio di montagna e una grattata dei limoni di Agostino, che crescono dove io giocavo da bambino in Calabria… La mia è una cucina di gusto, amore e passione” commenta Cantafio.
Semplici e preziosi gli ingredienti che si trovano nella dispensa del ristorante e che insieme compongono un quadro dalle linee essenziali, geometriche e allo stesso tempo colorate, vivaci, sorprendenti. Gli agrumi, con la parte acida e tutte le loro sfumature; i vegetali freschi lavorati con lo stesso rispetto e attenzione che si ha per carne e pesce; gli oli, usati essenzialmente per “perlare” le salse e dar loro, oltre che un tocco estetico, sfumature diverse; gli ingredienti erroneamente considerati di serie B, dalle frattaglie ai tagli meno usati alle verdure dimenticate; il pane, che nella sua apparente semplicità, nasconde la storia dell’uomo; le note piccanti, i sottoli, l’orto, la campagna, le radici e il silenzio, ingrediente fondamentale scoperto in Giappone che aiuta a carpire l’essenza delle cose. Nella sua cucina vige la regola del contrasto: caldo-freddo, acido-grasso, morbido-croccante. “La scelta della materia è prima di tutto tattile, per capire al primo impatto come poterla esaltare. Poi c’è la preparazione, un momento che assomiglia alla coccola, a una premura affettuosa. Infine, la cottura, che rappresenta la vera osmosi tra cuoco e materia. È tutta una questione di sensibilità, rispetto ed equilibrio fra buono, bello e seducente” ribadisce lo chef.
Ma Simone ha un suo ingrediente preferito? “Se dovessi scegliere un piatto o un prodotto che mi piace direi gli agrumi. Arrivando da una famiglia calabrese fanno parte del mio DNA, sono come un accento che dà il giusto bilanciamento a un piatto, mi piace la loro pulizia, freschezza e intensità. Li utilizzo molto, da quelli del lago di Garda a quelli della Calabria, perché arricchiscono le nostre proposte: la limetta (origine messicana) o il combawa (origine asiatica) ne sono un esempio. Sono entrambi coltivati da piccoli produttori italiani e sono dotati di una scorza capace di donare un’eleganza incredibile.
Da uomo del sud, Cantafio ha stabilito ottimi rapporti con i locali, di stima reciproca, e con l’Alta Badia Brand, con cui ogni inverno mette a punto un piatto per un rifugio. “Lo scorso anno, in occasione dei 10 anni dalla morte di mia mamma Patty, ho voluto donare a un rifugio una lasagna speciale a lei dedicata: niente pasta all’uovo, ma sfoglie di sedano rapa, ragù fine di selvaggina, besciamella al pane grigliato e sopra generose scaglie di tuorlo, rapa croccante e cipollina. Il piatto andò molto bene, tant’è che lo inserimmo anche al bistrot con Fabio e poi, insieme a Luca, ci siamo chiesti come portarlo anche in Stüa de Michil. Così è nato il nostro Risotto Stratificato con alla base un jus di coniglio al rafano, risotto mantecato al sedano rapa e tartufo nero pregiato e in chiusura scaglie come sulla lasagna. È talmente buono che è diventato il nostro piatto icona. Sono molto fiero perché se oggi sono qui lo devo alla mia mamma e alla sua passione per la cucina, che mi ha sempre trasmesso”.
Fondamentale per questa struttura così attenta all’ospite, è la sala. Valentina, la restaurant manager, con Silvio e Vanessa, addetti alla parte vino, fanno un enorme lavoro sull’accoglienza e sulla selezione delle etichette, circa 30 mila. Una cantina eccezionale dove si possono trovare i tanti vini locali del Consorzio dell’Alto Adige, ma anche tanta Italia ed estero.
Simone è solo all’inizio del suo percorso italiano e non mancano i sogni nel cassetto: “Il mio mantra è: i semi di oggi sono i fiori dell’avvenire. Per questo non ci stancheremo mai di seminare con costanza, rispetto e dedizione su queste montagne favolose, dove la natura si esprime in tutta la sua bellezza e che ci può dare ancora tante soddisfazioni. Un giorno spero anche di realizzare il mio sogno di avere un luogo dove qualità e semplicità possano essere alla portata di tutti, dove poter proporre i piatti del cuore: dalla parmigiana di nonna al risotto con i funghi di mamma, fino alle zucchine alla scapece di zia. Ma anche le seppie alla griglia col salmoriglio piccante, il coscio di agnellino con patate e carciofi selvatici, il rombo cotto intero con le erbe profumate e le scorze di limone di zia, il gelato al fiordilatte e, nella loro stagione migliore, i frutti di bosco scaldati con una bacca di vaniglia. E che dire di una bella pasta e fagioli cotta sulla bocca del forno con un filo d’olio extra vergine Calabrese? Una pasta con i broccoletti teneri e l’aglio dolce, sfornare un pane casereccio da un bel forno a legna, fare un insalata di cetrioli freschi e cipolla di Tropea con l’origano selvatico e l’aceto quello buono, la millefoglie di patate al peperoncino… Insomma, una cucina di casa, quella che le mie donne mi hanno donato, ma che racconta anche il legame sempre più stretto con chi produce e mette impegno per ottenere prodotti unici. E poi vorrei passare del tempo tra campagna, mercati e natura, dove tutto nasce, dove tutto si crea”.
La Stüa de Michil – Hotel La Perla
Strada Col Alt, 105
39033 Corvara in Badia (BZ)
Tel: +39 0471 831000
https://www.lastuademichil.it/it/