Quando un dolce viene prodotto in forma di Pokémon, si sa di essere arrivati al capolinea. O, per metterla meglio, si sa di essere arrivati al plateau di massima (si spera) di un quello che è a tutti gli effetti un trend. Una moda. Qualcosa che va virale in un certo periodo, e che o si ripete ciclicamente, o si gonfia spasmodicamente fino a non farcela più. Alla prima categoria appartengono le mooncake: tradizionali tortine cinesi preparate in tutto il Paese (ma anche in altri vicini stati asiatici), per la Festa di Metà Autunno, che da calendario lunare si celebra il quindicesimo giorno dell’ottavo mese dell’anno come ringraziamento per il raccolto appena concluso – il giorno preciso, quest’anno, cade il 6 ottobre, anche se il periodo della festa dura più a lungo.
Dalle nostre parti abbiamo cominciato a sentirne parlare nel 2020-2021. È cominciato sui social, perché le mooncake sono belle anzi, sono cute. Stanno bene in foto, possono essere colorate, sono decorate, sembrano degli scrigni gioiello. Un pasticcio alla maniera inglese, un pâté en croute alla francese. Però tonde, grandi come un palmo o poco meno, con tanto, tanto ripieno. Salato, spesso, o con tuorlo d’uovo. Farle in casa è piuttosto difficile. Sono molto nutrienti e polarizzano il palato occidentale come spesso accade con i dolci orientali. Ogni Paese, regione, città ha la sua ricetta (non dico casa perché sono un po’ complesse, da realizzare nella propria cucina).
I ripieni si sono imbizzarriti negli ultimi anni, raggiungendo interessanti punti combinatori, abbinati a packaging sempre più costosi. A un certo punto, il governo cinese ha imposto dei limiti al prezzo delle mooncake perché credeva che il capitalismo stesse un attimo sfuggendo di mano. Chissà che cosa penserebbero, se vedessero questa nuovissima versione in chiave Pikachu. Se questa craze internazionale per un dolce stagionale tipico di una certa area geografica del mondo non vi suona nuova, è perché non lo è.
“La mooncake cinese è l’equivalente del panettone per l’Italia”.
“Quando tornavo in Cina nel periodo della Festa di Metà Autunno, era una tragedia, non sapevo dove voltarmi, le mooncake erano ovunque. Per noi è una cosa normalissima, come lo era trovarle in quel periodo nelle varie Chinatown delle città italiane. Invece la percezione diventa poi che le mooncake prima non esistessero. Ovviamente non è così, è che il pubblico italiano e occidentale ha cominciato a notarle”. Proprio come è accaduto al panettone nel resto del mondo. “A me, a essere sincero, le mooncake non fanno nemmeno impazzire”.


A confidarmi questa segreto al limite dello scabroso, dato il tema del presente articolo, è Marco Liu, fondatore e patron di Ba Restaurant a Milano. Ba è una delle varie istituzioni, per quanto moderne, della città. Marco è nato in Italia da una famiglia cinese. È giovane, e da ancora più giovane (a 19 anni) ha aperto il ristorante nello stesso luogo dove ancora si trova oggi, in via Sanzio, che per i non adepti si legge “quartiere residenziale con ottima clientela nella zona Ovest della città”. Era il 2011. Oggi Ba – che in cinese vuol dire “otto” ma anche “papà” con termine formale, Marco voleva omaggiare il padre, da cui ha ereditato la passione per la cucina – è un paio di sale scure in un locale ad angolo, luci soffuse e coni sui tavoli, dettagli rossi, arredi che strizzano l’occhio all’austero e invece a un certo punto fanno il giro e si sentono domestici. La scuola di famiglia, diciamo, non mente. I fratelli maggiori di Marco, Giulia e Claudio, hanno aperto Gong e Iyo (tutte le insegne) rispettivamente. Il primo è da parecchi considerato il miglior ristorante orientale di Milano, il secondo è l’unico stellato di cucina dal mondo della Guida Michelin Italia (anche se si abbandona la Cina per scavallare in Giappone).
Marco non cucina, da Ba. La delega è al bravo, molto bravo Kean Wu, che lavora sulla tradizione cantonese e sulla cifra distintiva di questa, la pulizia al palato. Marco è l’ottimo volto del locale, un cenno all’ospitalità comme il faut (e non come una volta, perché la volta è ancora adesso). Chiude il team principale il sommelier Marco Spini, asso di pairing.
Per la Festa d’Autunno, da Ba hanno messo in piedi un menu speciale, dal 29 settembre e fino al 12 ottobre. Ne ho approfittato per chiedere qualche delucidazione in più a Marco Liu, oltre il velo del trend che avvolge le mooncake. E, certo: alla fine andremo anche a mangiare la loro versione del dolce della festa. “Pensa a quanti milanesi oggi si uniscono alle parate per il Capodanno cinese. C’è molta più consapevolezza culturale, molto più interesse. Le persone sono più aperte a integrare nella propria quotidianità elementi di una cultura che non è la propria. Anche se io, ripeto, con poche cose farei a cambio quando entrano in gioco i bomboloni fritti alla crema”. Non gli do torto.
“Comunque, mooncake a parte, il menu della Festa di Metà Autunno diciamo che non è fisso, il concetto è che si deve trattare di un pasto per mettere assieme le persone, per farle star bene in famiglia. Quindi si tratta di convivialità e tempo di qualità passato uno con l’altro”.

Il percorso di Ba azzecca l’obiettivo. Si parte con un aperitivo, si continua con una selezione dei loro ben conosciuti e ben gustati Dim sum – all’astice, al black cod e tartufo, al porcino, all’anatra piccante, tortino di daikon alla piastra, spicy Sechuan wanton a terminare – si prosegue con Lamian in brodo con frutti di mare, Cannolicchi Cong Yu (scottati con olio caldo, salsa di soia, aceto e cipollotto) con spaghetti di soia in piccolo brodo, Corvina gialla in salsa agrodolce e peperoni (una frittura di pesce leggera e veloce, si tratta di una carne friabile in stile ombrina), Verdure cinesi di stagione (pak choi, per esempio), Dadolata di filetto di manzo al pepe nero. I piatti alternano le energie (il percorso è proposto a 100 euro con possibilità di aggiungere il parallelo vini a 45 euro, ulteriori bevande escluse) e Spini gioca una briscola importante abbinando un Gavi Minaia 2024 di Nicola Bergaglio alla verticale di dim sum e certo, alla mooncake che un dolce leggero non è, e si arriva con il cuore contento.
Come da moda e costume, le nostre beniamine sono acquistabili anche in confezione per le celebrazioni private. I tipi totali offerti sono quattro, noi ne assaggiamo due, alla confettura di frutta e al tuorlo d’uovo. Flirtano entrambe con il cliente occidentale, diventando di fatto interamente dolci. Anche quella con il tuorlo che comunque corre, e ricorda uno zabaione vecchia scuola, da merenda del pomeriggio. La pasta-scrigno, a volte friabile nelle versioni da forno o pasticceria, si fa cremosa e amalgamata con l’impasto. Se quella alla frutta ha un morso più netto, con la crema pare un tutt’uno. “Mangiare mooncake porta fortuna, anche perché sulla parte superiore possono essere incisi messaggi di desiderio e buon auspicio. E davvero, ultimamente anche in Cina non se ne contano le variazioni. Anche perché si parla non solo di versioni dolci o dolci-salate, ma puramente salate. Con la carne, per esempio, con il prosciutto”. A Shanghai la pasta è croccante e il ripieno di datteri, nello Yunnan di miele e appunto prosciutto. A Suzhou si riempiono di carne di maiale macinata e gamberi. Quelle di stile cantonese e legate a Hong Kong invece, per un altro esempio, hanno un più sottile guscio esterno (preparato con il lardo) ripieno di pasta di fagioli rossi.
Arrivata a questo punto, citerò il risultato di uno studio per nulla antropologico condotto da un’amica e collega che l’anno scorso, a favore di pubblico occidentale, dalla Cina ha assaggiato un numero a doppia decina di mooncake nel giro di un solo video Instagram: no, non lo rifarebbe. Questo per dire che non c’è motivo di illudersi: la mooncake può essere anche più bella che buona per chi è abituato a finire il pasto con il tiramisù, e va bene così.
Gli incontri di culture avvengono anche nelle irriconciliabilità.
Ed è meglio accostarvisi generosamente a priori che balzarci a piedi pari nel mese di una tendenza. Il senso di Ba è questo, mi spiega Marco: “Abbiamo aperto non per inseguire un’opportunità, ma per fare semplicemente le cose bene, in maniera duratura. Non ci interessa il chiacchiericcio: vogliamo che qui si faccia una grande cucina. E se può essere una grande cucina cinese, che sa dare al cliente anche italiano qualcosa che ancora non ha incontrato: siamo ancora più felici”.



Insomma: che questa Festa di Metà Autunno vogliate provare le mooncake, sperimentare o rifiutarvi assolutamente (quelle di Ba sono consigliatissime), in chiusura vorrei partire da dove tutto è cominciato: dalle storie accreditate che hanno dato origine a questa usanza. La prima è una leggenda che vede protagonista una coppia, Yi e Chang’e. Yi era un arciere molto abile, e la corte imperiale (siamo nel periodo della dinastia Tang, tra il 600 e il 900 d.C. circa) gli chiese di mirare a nove dei dieci soli che avevano circondato al Terra, rendendola quasi invivibile. Yi ce la face, e la Luna, sopravvissuta, lo ringraziò con due fiale di elisir dell’immortalità. Yi divenne famosissimo, e la moglie iniziò a preoccuparsi che, con l’egoismo e l’immortalità, sarebbe potuto diventare un tiranno. Chang’e si sacrificò ingerendo entrambe le fiale, e gli dèi della Luna la accolsero tra di loro come ricompensa. È lei che si onora mangiando la torta della luna.
Una seconda e una terza storia sono invece di carattere storico, e raccontano che le mooncake sarebbero state date in dono al popolo dall’imperatore (sempre di dinastia Tang) durante la Festa di Metà Autunno. Il motivo? Una versione dice per ringraziarli del duro lavoro, e l’altra per celebrare la vittoria in una battaglia contro i Turchi.
La terza è ultima è quella che voglio portare con me. Ovvero, che le mooncake fossero dei veicoli di messaggi segreti durante il periodo di dominio della Cina da parte dei Mongoli (siamo nel Quattordicesimo secolo). Le tortine avrebbero contenuto foglietti di carta indicanti una data di insurrezione, il quindicesimo giorno dell’ottavo mese dell’anno lunare. Non mi dispiace affatto l’idea di custodire una piccola scheggia di rivoluzione nel palmo della mano, il momento prima di addentare una mooncake. Ma proprio per niente.