Intervista
eredità artigiana
I Collini, tre generazioni di arrotini
Una chiacchierata con Alessia Collini per conoscere la storia della sua famiglia di affilatori di coltelli
Testo di
Sandra Salerno
Foto cortesia
I Collini, tre generazioni di arrotini
7 minuti

Sembrano passati secoli dalle voci che risuonavano per le strade di città e paesi, quasi una cantilena: “è arrivato l’arrotino”. Una frase breve, ripetuta per tutta la giornata come un mantra. Forse si possono ancora incontrare nei vicoli di qualche borgo italiano, artigiani che raccontano un mestiere antico e prezioso, quello dell’affilatore di coltelli. Oggigiorno i coltelli si acquistano nuovi, anziché portali a molare. Perché sono oggetti di uso quotidiano di cui non abbiamo più cura e rispetto. Perché i coltelli, tutti, andrebbero lavati a mano, con un passaggio di spugna e asciugati. Mai riposti nel cestello della lavastoviglie.

Una bella storia di famiglia è quella dei Collini, che ha inizio nei primi anni del secolo scorso. Dalla Val Rendena, si sono spostati in tutta Italia, in cerca di lavoro e nuove prospettive di vita. Come è capitato a Renzo Collini, il fondatore della storica Coltelleria Collini a Bra, nonno di Alessia Collini. Ed è proprio Alessia a raccontarci la storia della sua famiglia, giunta alla terza generazione di arrotini.

Alessia, ci sembra una bella storia quella della Coltelleria Collini a Bra

Se posso permettermi credo di poter affermare che la nostra è una storia diversa da tutte le altre coltellerie Collini che si possono trovare in giro per l’Italia. I Collini arrivano dalla Val Rendena, in Trentino. Per chi non lo sapesse è la Valle degli arrotini. Mio nonno era l’arrotino che andava in giro per i paesi con la sua mola storica, annunciando il suo arrivo con la classica formula “è arrivato l’arrotino!”. Diversi ceppi dei Collini si sono sparsi un po’ per tutta Italia perché all’epoca, parliamo dei primi del ‘900, nella Valle non c’era da vivere e hanno dovuto cercare lavoro e fortuna altrove.

Come mai suo nonno ha scelto proprio il Piemonte?

Lo ha fatto per raggiungere la sorella maggiore, che aveva sposato un Collini, di un ramo diverso della famiglia, che si era trasferito in Piemonte. Nel frattempo, il marito della prozia è mancato molto giovane; trovandosi da sola ha chiesto aiuto al fratello che ha deciso di trasferirsi a Bra. Lei sapeva fare bene il mestiere di affilatura ma in quegli anni le donne non potevano, diciamo, fare questo lavoro, era visto come un “mestiere da uomini”. Nasce così nel 1929, a Bra in Via Mendicità, il laboratorio Collini di affilatura e vendita.

Il testimone è passato da suo nonno a suo padre è corretto?

Esatto. Silvano, mio papà ha raccolto l’eredità del nonno e ha iniziato a lavorare coadiuvato da mia mamma, Giovanna. Negli anni si sono specializzati in diverse tipologie di prodotti, tra cui anche i coltelli da cucina. Alcune serie di coltelli più specializzate dedicate a eventi come Cheese a Bra. Man mano che andavano avanti la clientela hanno iniziato a chiedere pezzi particolari realizzati su misura e in esclusiva.

Lei è entrata in azienda poco dopo la sua laurea in economia aziendale e una specializzazione nel marketing. Ha scelto l’attività di famiglia invece di un percorso differente, magari un’esperienza all’estero. Restare e non partire.

Ci ho pensato a lungo. L’idea di andare a lavorare magari per un’azienda all’estero, fare diciamo “la gavetta” per uno stipendio basso, mi ha fatto ragionare sul fatto che una bella storia da far crescere ce l’avevo e non dovevo fare nemmeno troppa strada. L’idea è nata durante un’edizione di Identità Golose. Stavo dando una mano ai miei quando si è avvicinato al nostro stand lo chef Paco Zanobini che si è letteralmente inchinato ai piedi di mio padre. Lì è scattata una scintilla, ho realmente compreso la potenzialità dei nostri coltelli e l’artigianalità delle nostre creazioni. Rientrata a Bra ne ho parlato con mio fratello, che all’epoca studiava ingegneria e da lì è nato il nostro percorso all’interno della coltelleria Collini. Era il gennaio 2020.

Una passione che ha travolto lei e suo fratello. State dando un nuovo corso alla Coltelleria.

Proprio così. Mi occupo principalmente del commerciale e del marketing, mio fratello Nicolò affianca mio padre in tutto quello che è produzione e progettazione. Non ha terminato la facoltà di ingegneria perché si è buttato a capofitto nel lavoro, gestisce in modo maniacale il laboratorio. Abbiamo respirato l’aria del laboratorio fin da quando eravamo bambini, il primo coltello, anche se di legno, Nicolò lo ha realizzato quando aveva sei anni. C’era già l’indole da ingegnere!

Così è nata la vostra prima linea di coltelli..

Si chiama Bra e ne siamo davvero orgogliosi perché nasce dall’idea di legarci al territorio, al luogo dove siamo nati. L’abbiamo ideata tutti insieme, nella cucina dei nostri genitori. Volevamo un coltello che fosse diverso, riconoscibile. Poi sono nate differenti linee da cucina e da tavola. Abbiamo collaborazioni con diversi chef per i quali studiamo progetti su misura.

Gli chef con cui collaborate lavorano principalmente in Italia o vi rivolgete anche al mercato mondiale?

Serviamo clienti in tutto il mondo. La scorsa estate abbiamo spedito a Singapore una nuova linea di coltelli e forchette forgiati a mano da mio papà, per Somma Restaurant di Mirko Febbrile.  Ci sono alcuni ristoranti nelle Filippine. I miei hanno collaborato in passato con Margarita Forés e continuiamo a lavorare con suo figlio Amado. Abbiamo un rivenditore a Dubai, una galleria d’arte che seleziona solo coltelli artigianali e oggetti di design. Uno chef negli Stati Uniti che organizza viaggi gastronomici per i clienti, li porta a visitare l’Italia e spesso anche il nostro laboratorio.

Ci ha incuriosito molto la lavorazione di questo legno antichissimo, il Kauri, una conifera preistorica, Agathis australis.

È un progetto che abbiamo gestito per Conterno, dal Bel Sit a La Morra (Cn) fino alle Cucine Nervi a Gattinara (VC). Il Kauri è un legno che arriva da molto lontano, dalla Nuova Zelanda, un fossile di 50.000 anni, più o meno. Se pensiamo che è più antico delle piramidi e noi possiamo tenerlo in mano, usarlo per tagliare il cibo. Emozionante immaginarlo come impugnatura di un coltello: è una storia che si aggiunge alla nostra storia, al nostro lavoro. Un oggetto unico e irripetibile. Per Conterno è diventato il tratto distintivo, lo utilizzano in tutti i ristoranti, anche per realizzare alcuni arredi.

È bello sapere che un pezzetto di voi, della storia della famiglia Collini, viaggi per il mondo e racconti chi siete, da dove arrivate.

Chi entra in negozio nel centro di Bra viene qui sì per acquistare ma anche e soprattutto per ascoltare la nostra storia. Una storia a cui aggiungiamo un pezzetto ogni giorno, che mio fratello e io stiamo scrivendo. Probabilmente sarebbe stato più facile partire e cercare di fare esperienze altrove, magari all’estero. Ma abbiamo deciso di rimanere per costruire qui, a Bra, il nostro percorso di lavoro e di vita. Poi chissà, in futuro si può immaginare di aprire un piccolo corner Collini a New York oppure a Parigi. E poi avevo promesso a mia nonna paterna che avrei portato il nome di papà nel mondo, non posso deluderla. È la mia missione.

La personalizzazione è uno dei vostri punti di forza.

Abbiamo pensato che dovevamo differenziarci dagli altri. In tutta Italia ci sono molti bravi artigiani che producono coltelli. E credo che l’idea di personalizzare le linee a seconda del cliente sia un grande valore aggiunto: dalla ideazione del progetto, al design, la scelta dei materiali. Tutto viene fatto su misura. Non ci sarà mai un coltello uguale a un altro.


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