Latte, sale, caglio: tre ingredienti come tre parole primarie capaci di generare discorsi infiniti, che chiamiamo formaggi. Tra tutti, ce n’è uno che ha saputo distinguersi, immolarsi a simbolo di italianità, attraversare i confini e infiltrarsi nelle culture più lontane. È il Parmigiano Reggiano, uno dei formaggi più imitati al mondo e insieme uno dei più misteriosamente unici. Basti pensare che per ogni sua forma servono circa 550 litri di latte. Lui però è inimitabile. Ha un’origine precisa e un processo produttivo fatto di gesti rituali, attese, selezioni. Nasce in un fazzoletto di terra emiliana — tra Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna (a sinistra del Reno) e Mantova (a destra del Po) — da allevamenti che si nutrono solo di foraggi locali, senza insilati, senza farine animali, senza scorciatoie. Poi c’è la produzione, lenta, quasi liturgica: il latte del mattino si unisce a quello della sera precedente, in una continuità che sa di tempo ciclico. Il Parmigiano Reggiano è un miracolo di fermentazione e pazienza, un organismo vivo che nasce da pochi gesti ripetuti da secoli eppure continua a mutare, viaggiare, infiltrarsi.
È versatile, contemporaneo, il Parmigiano Reggiano è il cittadino del mondo che trovi nelle cucine più remote, ma ovunque resta fedele alla sua grammatica originaria: si adatta senza mai perdere sé stesso. È la dimostrazione che la cultura gastronomica può essere tradizione e utopia insieme: un prodotto antico che rinasce ogni volta che qualcuno decide di metterlo in un piatto e fargli dire qualcosa di nuovo.
Parlare del Parmigiano, dunque, non significa solo parlare d’Italia: significa parlare di migrazioni, memoria collettiva, libertà creativa.
Significa riconoscere che l’identità non si conserva sotto una teca, ma si nutre di contaminazioni. E che il gusto non è più – e forse non è mai stato – un fatto nazionale.
E proprio lì vogliamo portarvi con questa nuova serie di articoli: tra le sfumature culturali di questa icona emiliana capace di parlare tutte le lingue del mondo. Iniziamo il viaggio dal Perù, dove il Parmigiano non è un intruso, ma un ingrediente di casa. Una scintilla di umami nei ricettari della cucina criolla, che ha fatto del sincretismo la sua cifra più seducente.
Per capire come un formaggio emiliano sia diventato parte del lessico peruviano, abbiamo parlato con Santiago Fernández Saim, chef del ristorante MAZ a Tokyo: un ponte gastronomico tra gli ecosistemi peruviani e la sensibilità giapponese. MAZ è il progetto di Virgilio Martínez, che trasferisce la ricerca di Central (Lima) nel quartiere di Akasaka (Tokyo), celebrando il Perù attraverso la stagionalità giapponese. Solo il 20% degli ingredienti – tra cui cacao, caffè biodinamico, patate disidratate, argilla commestibile chaco – arriva dal Perù; il resto proviene da produttori giapponesi. Alla guida della cucina, Santiago porta la un’intelligenza gastronomica raffinata, maturata in cinque anni accanto a Virgilio alla direzione del comparto creativo del Central. Nel suo modo di raccontare il cibo, il Parmigiano diventa simbolo di ciò che unisce.



Qual è il primo ricordo del Parmigiano Reggiano nella cucina peruviana o nella tua vita familiare?
Anche se non sono peruviano (ma venezuelano), il Parmigiano Reggiano è sempre stato presente sulla tavola di casa mia. In America Latina è diventato un ingrediente fondamentale in ogni famiglia. Quando sono arrivato in Perù, sono rimasto sorpreso di trovarlo ancora più presente nella cucina tradizionale criolla, in piatti come i tallarines verdes, l’ají de gallina o persino nelle conchas a la parmesana (sì, capesante gratinate, ahahah!).
L’Ají de Gallina è uno dei piatti più tradizionali della costa peruviana e prevede l’uso del Parmigiano Reggiano. Come pensi che questo ingrediente sia entrato a far parte della ricetta?
Ovviamente l’immigrazione italiana dopo la guerra ha contribuito a farlo conoscere e a diffonderlo fino a entrare nelle ricette di tutti i giorni. In Perù, l’influenza della cucina italiana è stata fondamentale per comprendere la gastronomia peruviana come la conosciamo oggi.
Durante l’infanzia, quali altri piatti ricordi in cui era presente il Parmigiano Reggiano?
Ricordo un piatto libanese della famiglia di mia madre a cui si aggiungeva Parmigiano Reggiano alla fine. Non era tradizionale, ma è diventato parte della ricetta quando siamo arrivati in Venezuela.
Puoi farci qualche altro esempio di ricette in cui il Parmigiano Reggiano svolge un ruolo importante?
In Perù esiste una versione del minestrone molto diversa da quella italiana, in cui il Parmigiano è un elemento fondamentale del piatto. Come dicevo prima, un piatto della costa porta addirittura il suo nome: conchas a la parmesana oppure choros a la parmesana.
Oggi, come chef, come utilizzi il Parmigiano Reggiano nella sua cucina? Cerchi di dargli un tocco creativo?
Nel ristorante Maz usiamo il Parmigiano Reggiano per esaltare l’umami di alcune preparazioni, come ad esempio una spuma agrumata che accompagna i frutti di mare. Anche se agli italiani può sembrare un sacrilegio, un leggero tocco di Parmigiano in questa spuma ne amplifica l’umami e crea un equilibrio sublime.
Che valore attribuisci al Parmigiano Reggiano in termini di sapore, umami, qualità e autenticità?
È uno degli ingredienti più versatili e utilizzati al mondo. Il suo valore è incalcolabile.
Credi che i commensali peruviani riconoscano la differenza tra Parmigiano Reggiano e altri formaggi grattugiati comunemente usati?
Onestamente, non credo che siano in grado di distinguere un Parmigiano Reggiano da un pecorino.
Per te, cosa significa il fatto che un ingrediente straniero come il Parmigiano Reggiano è diventato parte dell’identità culinaria del Perù?
Credo che rappresenti l’essenza stessa della cultura latino-americana, che fin dalle sue origini ha saputo adattare e incorporare tutte le influenze che l’hanno poi plasmata: quella spagnola, portoghese, giapponese, cinese e molte altre.
Se dovessi spiegare a un giovane cuoco peruviano perché il Parmigiano Reggiano è un ingrediente speciale, cosa gli diresti?
Gli direi che pochi ingredienti al mondo sono riusciti a superare i confini e a rappresentare un Paese come ha fatto il Parmigiano Reggiano, e questo va valorizzato. Il fatto che, dopo tanti anni, riesca ancora a rispettare la tradizione e a mantenere uno standard altissimo nonostante la sua ampia diffusione commerciale è qualcosa di davvero ammirevole.
