Percorso
ristorazione balneare
Il litorale che vale: 5 stabilimenti con cucina da Fregene ad Anzio
Un itinerario di indirizzi per mappare le coste laziali e godersi l’estate a tavola sino all’ultimo tramonto sul mare
Testo di
Lorenzo Sandano
Foto cortesia
Il litorale che vale: 5 stabilimenti con cucina da Fregene ad Anzio
13 minuti

La parabola degli stabilimenti con ristoro segue il ritmo tragicomico di un tormentone estivo formattato a tavolino: piatti ridondanti pescati da un immaginario marittimo ingiallito, materie prime spesso seriali, coperti e servizio da crociera di bassa leva e trascuratezza dominante a 360 gradi. Una politica a risparmio che si adagia sull’altare dell’ovvietà: se il mare mette appetito e il bagnante affamato pecca in pigrizia, anche il minimo sforzo assicura di portare a casa il risultato grazie alla posizione privilegiata lungomare. Menomale non tutti la pensano così, anzi una folta ciurma di ristoratori meritevoli stanno sempre più investendo per sanare questa meccanica “turistica” al fine di rivalutare la cucina marinara con annesse strutture balneabili di qualità. Il litorale laziale vanta da anni una scena prolifica sul tema, tanto che ci è parso doveroso selezionare cinque “porti sicuri” in un idilliaco itinerario da Fregene ad Anzio, per ristorarsi come si deve, godendo l’estate anche sino a settembre inoltrato.

L’ancora inossidabile della Baia di Fregene e i tramonti da sogno in un Soffio

Se il claim ereditato dagli aficionados è “A La Baia è sempre bello” qualche motivo ci sarà. Uno su tutti, quello dato fin troppo per scontato: toccando la tematica dell’odierna “rivoluzione culinaria” fiorita negli stabilimenti del litorale, gran parte dei meriti deriva proprio dall’ingegno e dalla costanza di Beniamino Gili (per tutti Benny) e della sua portentosa squadra. Questo locale ormai storico del lido di Fregene, è stato uno dei primi a prodigarsi nel proporre un’offerta di livello (spingendo senza compromessi il pescato locale con tatto e maestranza) pur non deragliando mai in piatti pretenziosi che inquinassero l’animo d’autentico ristoro di mare.

La forza di questo luogo è proprio il suo animo radicalmente popolare, fondato sul benessere collettivo, sommato alla voglia incessante di migliorarsi senza strafare.

L’apporto creativo ai fornelli di Riccardo Gili (figlio di Benny) ha impresso vivacità in successione sul menu appuntato in lavagna, così come le collaborazioni territoriali che vedono i panificati del boulanger Luca Pezzetta o i dolci della premiata Pasticceria Patrizi di Fiumicino. Tutto però si evolve ogni anno con estrema coerenza, al passo con la lodevole carta dei vini o con svariate iniziative estemporanee: tipo il Gin autoprodotto a marchio Gastrofighetti. Aperto praticamente no-stop anche nei mesi autunnali, d’estate si mangia nell’ampio patio con veranda o direttamente coi piedi ficcati sotto la sabbia. Si va dai signature intramontabili come il Risotto alla crema di scampi; l’iconico Spaghetto con telline, vongole ed “erbe di macchia”; il Burger di tonno; alle digressioni in divenire o virtuosismi stagionali, come il Tacos di pesce o i Pici al sugo di cozze e formaggio semi-stagionato.

Quasi impossibile trovare qualcosa che faccia storcere il naso, vuoi per l’accoglienza formidabile in sala, vuoi per le esecuzioni a prova di pienoni estivi. Da tre annetti circa, Benny ha messo a disposizione il chiosco sulla spiaggia a ridosso degli ombrelloni al dreamteam di Fischio (celebre ritrovo enologico di Roma) che oggi delizia i bagnanti con Soffio: selezioni musicali da urlo (Dj anche internazionali a rotazione settimanale); una vibrante wine list d’impronta naturale e un’offerta mangereccia dal sound contaminato grazie al tocco sagace di Guglielmo Fedele (cuoco ramingo, per anni anche a Tipografia Alimentare a Milano). Una combo da sogno quella di Baia + Soffio – baciata ogni sera dal tramonto purpureo di Fregene – per vivere quella fatidica estate che vorresti non finisse proprio mai.

Il Mastino a guardia di un’eredità familiare che segue il flusso indomabile del mare

L’insegna di Mastino, sempre a Fregene, è intrisa di storia, volti celebri e salsedine come lo sono le mura del suggestivo locale aggrappato lungo riva. In circa 50 anni chiunque si è seduto qui da Fellini alla Ferilli, passando per Volonté, Agnelli, politici d’ogni partito o anche una formosa Edwige Fenech ai tempi d’oro della Commedia Sexy all’italiana. Eppure, quei trascorsi da copertina poco incidono sull’indole di questo indirizzo, forgiato piuttosto da passione, schiettezza e devozione familiare. Il motto non dichiarato sembra infatti recitare un imperante nonché genuino “tutto in famiglia”. Dagli albori di Ignazio Mastino e sua moglie Filomena – che arrangiarono una cucina di culto partendo da zero, nonostante il loro profilo da pescatori –l’eredità è transitata di generazione in generazione coinvolgendo quasi l’intero nucleo familiare nell’operatività di cucina, accoglienza e gestione dell’annesso stabilimento.

Il cambio di marcia più significativo l’hanno mobilitato con talento i due fratelli Lorenzo e Bartolomeo Mastino. Il primo, un vero mattatore e factotum nella regia di sala e nella divulgazione veritiera della filosofia culinaria vigente; il secondo cimentandosi in uno studio formativo nell’accoglienza e nel rimodernare la cantina con etichette intriganti e dinamiche in progressione. Non manca una copiosa schiera di cugini e parenti in ogni dove: chi rassetta lettini e ombrelloni; chi intaglia le opere ornamentali affisse lungo le pareti; chi governa la maestosa griglia a carboni ardenti o impiatta antipasti in cucina; chi dispensa aperitivi e dj-set di nicchia tramite il recente spin-off Lisketta, adibito in un chioschetto a due passi dal bagnasciuga. C’è una palpabile energia fibrillante a permeare il locale, che non scruta il passato con sguardo nostalgico, bensì lo rielabora tutelandone le virtù con gesti attualizzati. A riprova di queste vibes, un team in sala di giovanissimi tra cui spicca la personalità briosa e passionale del preparato Tommaso.

Il menu è imperniato su tradizione marittima, prodotti di rango e manualità certosina (solo lo “sgusciamento” quotidiano delle telline meriterebbe un Oscar), ma non si disdegnano exploit accattivanti come il Maritozzetto farcito con crema di ceci, tartare di gamberi rosa e salsa verde. Dinnanzi ai classici però è difficile non commuoversi: Calamaretti fritti con marinatura espressa dall’acuto pungente; Calamarata allo scoglio scandita da un callo poderoso e da un amalgama tanto “nuda” quanto sontuosa, volutamente priva di mantecature eccessive. Menzione ad honorem per il magistrale Pescato alla griglia (fatevi consigliare da Lorenzo, in base alla disponibilità), corredato da chips di patate homemade a dir poco assuefacenti. Coi dolci finali, un’intesa boccata di iodio e ospitalità a rilegare l’intera esperienza. In estate si gode nelle sedute all’aperto o appollaiati nell’ampio terrazzo sopraelevato, ma gli spazi sono abilitati anche per fronteggiare l’inverno: raccolti nel tepore degli interni, davanti al monumentale tavolo in legno dove ogni giorno si riunisce a pranzo la prodigiosa famiglia Mastino.

Marine Village: un paradiso balneabile scolpito da brezza internazionale

Il primo impatto è spiazzante e inaspettato: nel sottile lembo di costa tra Ostia e Torvaianica, questo stabilimento svetta per l’architettura sofisticata e massiccia sin dall’esterno (con ampio parcheggio privato). Entrando si è risucchiati in un complesso voluminoso che vanta un ampio cortile con lettini, due chioschi attrezzati per bar e dj set vista mare, un raccolto circolo sportivo, l’area pizzeria e il ristorante battezzato Ugo al Villaggio. Gli sprovveduti lo etichetteranno come un “wannabe villaggio turistico” in miniatura piazzato sulla spiaggia: nulla di più sbagliato! Marine Village è un progetto ambizioso e rifinito in ogni dettaglio, grazie all’estro consolidato di Gabriele Ziccarelli e a un illuminato gruppo di soci. Frequentandolo di stagione in stagione, si rimane letteralmente stregati dalla valenza dell’offerta di ogni reparto fruibile: lo staff affiatato e performante regola le sorti dell’esperienza, che nell’ambito F&B trova prodi alfieri nello chef Valentino Scerpa e nel bar manager Matteo Raso.

L’approccio internazionale nella cura dei clienti è senza dubbio il plus di questo luogo: cocktail d’autore fruibili no-stop vengono miscelati preso il chioschetto principale del Paradiso Beach Bar che propone anche una selezione di piatti apprezzabili nel patio rivolto alla spiaggia o direttamente spaparanzati sul lettino. Non solo miscelati, cibo e pizza sfoggiano un livello encomiabile, ma il lusso di poter pasteggiare nell’area comfort dotata di lettini e gazebo – con il supporto apposito di agili camerieri pronti a servirvi – rende tutto ancor più magico. Non trascurabile poi il tenore nel menu del ristorante Ugo: se i grandi classici vi assicureranno radiose soddisfazioni sul genere (la frittura è tra le migliori di questi lidi); anche le portate più originali, coniate dal registro di Scerpa, sapranno stupirvi per il rispetto della materia prima e i ponderati accenti creativi. Ghiotte e voluttuose sia la Coratella di pesce (a base di buzzonaglia di tonno) che le Lumachine di mare all’arrabbiata; pungenti e cristalline le alici al Gin o la Tartare di pescato che ammicca al “ceviche” con peperone e cipolla croccante; conturbante la Pasta mista con patate, cozze e provola affumicata.

La passione viscerale di Gabriele per il mondo del vino e per l’ospitalità a tutto tondo è verificabile nella ricercata wine list o nella sfilza di iniziative, eventi e collaborazioni con cuochi, barman o sommelier che non esita a mettere in programma ogni anno. Un luogo che per qualche ora, o qualche giorno, vi farà dimenticare di esser nel lido meno posh del litorale, cullati dalla brezza salmastra e da un’accoglienza impareggiabile.

Pescare il Jolly nel Lido di Enea per una mano vincente in cucina

Lavinio è da molti considerato il polo costiero “di ripiego” che anticipa le mete di Anzio, Circeo o Terracina. Luoghi come il Jolly Lido però rendono questo approdo più appetitoso di qualsivoglia cliché. Deus ex Machina è Maurizio Criscuolo, che ha tramutato nel tempo un tipico baracchino aggrappato alla spiaggia in un ristoro con tutti crismi. Autodidatta, ma temprato nei panni del cuoco per abilità innata, esibisce una conoscenza enciclopedica degli ingredienti ittici che non esita a esaltare con una cucina di mare schietta, acuta e godereccia come di rado se ne trovano in giro. Il fascino del proto-decadentismo balneare è rimasto intatto dagli esordi del piccolo bar (ancora attivo) con tanto di frigo per gelati d’ordinanza: oggi però spesso diviene piedistallo per ceste di porcini appena raccolti o aperitivi trionfali con bottiglie di Champagne. L’altra grande passione di Criscuolo è quella per il vino, riscontrabile dalla cantina con chicche enologiche insospettabili, da ordinare col costume ancora umido addosso.

La moglie di Maurizio, Annachiara, amministra celere sala e cucina, mentre il restante nucleo familiare coordina la cassa e il bancone della caffetteria. I tavoli sono tutti apparecchiati all’esterno in una passerella rialzata con tendone e panoramica beata sul mare. Ossessione per il prodotto dicevamo? Nei piatti si vede e si sente, sia ascoltando il menu decantato a voce che varia in base alla provvigione del giorno (vietato l’ingresso a esemplari d’allevamento) sia nella propulsione gustativa che irrompe al palato sin dagli antipasti. Mazzancolle locali appena bollite nel loro turgore iodato con una maionese espressa da capogiro; Calamaretti scottati sale & pepe a mo’ di drogose caramelle salmastre; i già citati porcini, scottati in padella e scanditi da inaudita bontà materica. Tra i primi (nervo impeccabile nella cottura della pasta) Spaghetti con cozze del Lago di Paola e pecorino, che valgono il viaggio: mitili paffuti e rigonfi di magnetica salinità. Imperdibile anche la frittura mista (chiedete la tracina se disponibile!) che, in barba ai detrattori della pastella, vi lascerà a bocca aperta per la sublime panatura e il dissacrante (quanto squisito) intingolo al burro, acciughe, limone e prezzemolo con cui viene servita.

Non lasciatevi intimorire dall’uso abbondante di olio – di qualità – e aglio in camicia (da far raggelare un vampiro) perché la pulizia dei sapori qui regna sovrana. Stessa tara per le porzioni, ideali da condividere in famelica allegria, col sentimento costante di non voler mai abbandonare la tavola. Per grazia di Maurizio, però, il Jolly è aperto solo a pranzo, ma se volete perseguitarlo anche a cena lo troverete in prima linea all’Osteria Nuova di Anzio: secondo locale di famiglia, di stampo più raffinato, ma con la medesima filosofia ai fornelli. Perla conclusiva del Lido? L’ultimo giorno della stagione (circa a metà settembre) si celebra la chiusura con polentate conviviali al sugo di salsicce, spuntature o cinghiale in umido. Perché Maurizio è un fuoriclasse col pesce, ma quando si cimenta con la ciccia è un altro bel trattato di poesia culinaria.

Le metamorfosi del Baretto & l’oasi enologica di Vittorio

Per parlare a pieno titolo del Baretto, toccherebbe tornare indietro di qualche decade: quando Lionello e Maria Rita Castaldi rallegravano le soste dei bagnanti sul confine tra Anzio e Nettuno, confezionando panini espressi, supplì e polpette di melanzane leggendarie in un essenziale chioschetto d’altri tempi poggiato sul lungomare. Quel ritrovo è rimasto – insieme alle mitologiche polpette col cuore di formaggio filante – ma tutto intorno è sbocciato l’attuale stabilimento Tirrenino, apportando migliorie strutturali e ristorative che non hanno però alterato il fulcro ospitale sancito dalla coppia di titolari (oggi in meritata pensione). A corollario del chiosco originale, ora si snodano eleganti lettini e gazebo a schiera; comode cabine dai cromatismi accesi; una calorosa veranda poggiata sulla sabbia; aree per i pargoli e un corner dedito ad apertivi o djset e tutto quel che un villeggiante possa desiderare.

Il Baretto in quanto tale non ha perso quell’adorabile nomignolo, bensì è stato rilevato dieci anni fa da Vittorio Castaldi subendo una graduale quanto risolutiva metamorfosi. Vittorio è una sorta di Clark Kent in tenuta gourmand: nelle stagioni fredde veste i panni del ligio avvocato in doppio petto; mentre in estate si trasforma in un istrionico oste con camice sgargianti, dialettica spigliata e l’atipico superpotere di stappare un numero spropositato di Champagne alla velocità della luce. Ironia a parte, l’opera di restauro enogastronomico perpetuata da Castaldi è stata fenomenale: quel chiosco rudimentale degli esordi, ora sfoggia un assetto brillante sia in chiave estetica (con sedute distese, servizio accurato e una suggestiva pedana in legno protratta sulla spiaggia), sia nel significativo upgrade in cucina e cantina. Passione e cultura avvalorate da Vittorio per l’universo dei vignerons d’Oltralpe (in tanti anni di esperienza e bevute sul campo) rende questo indirizzo una vera mecca per bere etichette francesi di lustro a prezzi invidiabili. Sul piano ristorativo, la scelta sagace è stata quella di sposare il verbo della semplicità e del miglior prodotto reperibile dall’asta di Anzio.

Il menu ripercorre il meglio a cui l’appetito dell’italiano medio a tavola possa ambire, con qualche puntuale contaminazione dettata dallo spirito cosmopolita del buon Vittorio: ipnotiche Alici imbottite e fritte con salsa aioli; clamorose Cozze in crema di formaggio erborinato; un colossale Katsusando di tonno con maionese al wasabi e tutto lo scibile degli immancabili della riviera, come una saporosa Zuppa di pesce e (se siete fortunati) qualche primo speciale, come memorabili Linguine ai gamberi rossi e porcini della Tuscia. Terminato il pranzo – che spesso si dilunga all’infinito come la batteria di bottiglie accumulate lungo il corrimano della pedana – si rotola gaudenti sulla spiaggia per la bollicina della staffa: nell’imperterrito tentativo di cristallizzare il bel momento col Tirreno all’orizzonte, senza voler più tornare a casa. Se siete temerari e capitate nel weekend, potreste anche azzardare una “doppietta” a cena.

Perché il mare stanca certo, ma del Baretto non ci si stanca davvero mai.

Sicuramente ci siam persi qualche indirizzo in questa rotta lungo le coste regionali, ma avere porti sicuri come quelli citati è già una rincuorante certezza nel “mare agitato” della ristorazione balneare in piena estate. Sognando litorali ricolmi di realtà più attente al livello dell’offerta in futuro, supportiamo chi ci ha creduto e investito con slancio incondizionato sin dagli albori. Guardando oltre i pienoni stagionali, nel rispetto di sé e del villeggiante, col vento sempre in poppa e la salsedine attaccata alla pelle.


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