Le paranze del porto di Sanary-sur-Mer dormivano legate ai pali gonfi d’umidità, sotto un cielo coperto di nubi. Il vento soffiava sugli scafi legnosi, che battevano tra loro spinti dalle onde di un mare che, da mesi, non offriva abbastanza. Né ai pescatori né alle loro famiglie.
Marie era l’unica che provava ancora a sciogliere gli ormeggi. Il suo barchino, con le reti arrotolate sul fianco, scivolava fuori dal porto all’alba. Tornava con le mani arrossate dal sale e gli occhi puntati verso l’orizzonte, dove l’ombra di uno strascicatore silenzioso oscurava il sole nascente.
Ad aspettarla sulle scale del molo, c’era Sofia, con un cesto di frutta e verdura tra le gambe.
“Hai trovato qualcosa?” chiese morsicando una mela
“Per lo più alghe e plastica”
“Prova a metterli insieme, magari a Lucien piacerà”
“Che ne dici, Lucien?” disse Marie guardando il faro. “Ti va un piatto di alghe e plastica?”
Lucien si affacciò dal balconcino del faro con la pipa tra i denti.
“Marie, non ho tempo per chiacchiere stamattina”.
“Ah no? Cos’hai da fare, sistemare il faro col pensiero?”
“Sto leggendo”.
Marie e Sofia si guardarono un momento, poi salirono la scalinata fino a raggiungere la cima.
Lo trovarono seduto a un tavolo, con una bottiglia di pastis e un quaderno ammuffito tra le dita.
“Allora?” disse Marie.
“Che cos’è questa cosa tanto importante?” aggiunse Sofia.
Lucien sollevò lo sguardo, poi batté l’indice su una pagina ingiallita.
“Pagina 43: bouillabaisse. Una zuppa di pesce fatta con gli scarti. I pescatori la preparavano quando il mare dava poco. Possiamo farla qui, per chi ha bisogno”.
Marie arricciò il naso. “Una zuppa? Mi prendi in giro?”
“Guarda: si rosolano le carcasse, poi si aggiungono cipolle, patate, pane secco, zafferano. Alla fine, si filtra tutto. È nutriente, calda, e costa poco”.
“E dove li troviamo tutti questi ingredienti?”.
“Ognuno porta quello che ha” disse Lucien. “Sofia porta le verdure, tu il pesce e io delle alghe”.
Marie aggrottò la fronte. “Alghe? Vuoi sfamare la gente o avvelenarla?”
“In Cantabria – disse Sofia – Mia nonna cucinava qualcosa di simile per i senzatetto. Triglie e verdure cotte in acqua di mare. Perché non offrirla ai pescatori e alle loro famiglie”.
“Non penso funzionerà – disse Marie – Ma se ci credete voi, provo a crederci anch’io”.
Nonostante il profumo della zuppa si spargesse lungo il molo, La prima settimana nella baracca si rivelò disastrosa. Avanzava talmente tanta zuppa che Marie era costretta a metterla in un secchio e portarla dietro al faro, dove di solito si radunavano gruppi di gatti randagi.
“Guardate che fine fa il risultato del nostro lavoro” disse Marie indicando il contenitore pieno.
“È da una settimana che questa roba continua a bollire per nessuno. Vi sembra normale?”
Lucien spense la fiamma. Poi, in silenzio, prese la pipa e cominciò a riempirla di tabacco.
“Niente da dire Lucien? Nemmeno un ‘ci abbiamo provato’?”
Lucien si accese la pipa. Due tirate lente, il fiato che usciva in linea retta.
“Al momento, anche se non è ancora venuto nessuno, tenere la zuppa sul fuoco è l’unica cosa che conta”. Marie lo fissò, le braccia ai fianchi.
“È solo zuppa, lo capisci?”
“Per te sarà soltanto zuppa, In realtà non lo è. A Sanary in molti si sono arresi. Arresi alla fame, alle reti vuote, al poco lavoro. Molti pescatori hanno venduto le proprie barche per poter sopravvivere. Questa gente ha bisogno di speranza, e la nostra zuppa può dargliela”.
Marie fece un lungo respiro. “Se pensi che questa zuppa possa salvare Sanary, domani ne metteremo un’altra sul fuoco. Ma sappi che se entro fine settimana non verrà nessuno, saranno le ultime volta che mi vedrai qui”.
Poi si tolse il grembiule con un gesto secco e lo lanciò con forza sull’asse. Prese il secchio, aprì la porta e la sbattè alle sue spalle.
Il mattino seguente, Marie camminava verso la banchina con le mani in tasca e gli occhi gonfi di sonno, quando vide accanto alla sua barca due figure che stavano sistemando un nodo d’ormeggio.
“Guarda che disastro hai combinato, Bernat” borbottava il più anziano dei due.
Sembrò di riconoscere la voce, così decise di avvicinarsi.
“Jacques, sei tu?”
“Marie, da quanto tempo”
“Credevo ti fossi trasferito”
“Ho provato ad allontanarmi dalla vita sulle barche, ma mi mancava l’odore del mare”.
“A proposito di odori – aggiunse Jacques – È da una settimana che sento un profumino venire dalla baracca del faro, ne sai qualcosa?”
“Un’idea di Lucien. Una zuppa per salvare Sanary”.
“Quel vecchio ha più testardaggine che sangue in corpo. E la gente passa?”
“Nemmeno per sogno. Ma è convinto di potercela fare”.
“Se può essergli d’aiuto, ieri ho messo da parte delle verdure che mi ha regalato mio cugino. Potrei portargliele uno di questi giorni”.
“Basta non siano marce, per il resto va bene” rispose Marie.
Dopo aver fatto un cenno con la mano per salutare Jacques e Bernat, Marie prese le reti dai fianchi della paranza, le sistemò, salì sulla barca e con due colpi di pagaia, si allontanò dal porto.
La stessa sera, la situazione alla baracca non sembrava cambiare.
Marie restava alla finestra a guardare la luce del sole calare dietro la linea dell’orizzonte.
Lucien, seduto sull’uscio della porta, fumava in silenzio mentre Sofia rimestava il pentolone con lentezza.
“Perfetto – disse Marie – Oltre ai gatti, questa sera sfameremo anche i cani randagi”.
Poi, un rumore di passi incerti riecheggiò sul selciato.
Dal molo, cominciarono a intravedersi delle sagome umane. Jacques davanti, con Bernat e la moglie vicino. Dietro, due uomini, una donna coi capelli raccolti, e due ragazzini che si spingevano per gioco. Jacques si fermò vicino alla finestra e tirò fuori delle alghe dalla cassetta di verdure.
“Ho portato anche queste, spero non ne abbiate già abbastanza” disse.
Marie li fissò per qualche istante. Poi si fece avanti e si spostò verso l’entrata.
“Portatemi la cassa – disse – Ma se volete le alghe, mettetevele da soli”.
Era passato più di mese da quando Marie, Lucien e Sofia avevano servito la prima zuppa ai pescatori. Sui vetri della baracca si erano depositati il sale e la condensa del vapore, mentre le pareti iniziavano a trattenere l’odore della legna e del pesce bollito.
Marie usciva ancora in barca ogni mattina, ma non era più sola. C’erano Jacques, Bernat, e due ragazzi del molo nord con un vecchio gozzo rimesso insieme. Tornavano spesso con le reti mezze vuote, ma quel gesto era diventato un atto di condivisione.
C’era chi arrivava la mattina, chi la sera. Il fornaio di Sanary passava la domenica con due ceste di pane caldo e bottiglie di limonata immersa nel ghiaccio. Lucien, insieme a gruppi di falegnami e fabbri costruiva e sistemava tavoli sotto al faro, ognuno in modo diverso: uno bruciato ai bordi, uno con le venature azzurre del legno di barca.
Attorno alla baracca, sedie spaiate, cassette come sgabelli e luci che penzolavano lungo le tettoie.
Marie era solita sedersi sui gradini, con la schiena voltata allo strascicatore. Davanti a lei la fila, fatta perlopiù di pescatori, anziani e bambini, continuava a crescere.
Alla solita domanda: “C’è pesce oggi?” Sofia si sporgeva dalla finestra, spiegando che pesci aveva messo nella zuppa, mentre Marie appoggiava il mestolo sul bordo dicendo
“Sedetevi dove vi pare, ma se volete le alghe, mettetevele da soli.
Sul fuoco, la zuppa continuava a bollire, nella stessa pentola, con lo stesso procedimento sulla stessa fiamma bassa che, nonostante tutto, non aveva mai smesso di restare accesa.