A Costigliole d’Asti, nel Monferrato, terra di colline, borghi e vigneti, c’è un posto dove poter staccare la spina, immergersi nella natura e trovare un po’ di tranquillità. Lo splendido Le Marne Relais di Guido Martinetti, situato all’interno dell’azienda agricola Mura Mura, è il luogo giusto per farlo e poter gustare la cucina del Radici Ristorante in Vigna. Executive Chef del ristorante, da febbraio 2025, Mykyta Bida, cuoco di origine ucraina ma ormai da molti anni in Italia che propone una cucina che si fonde con il territorio e rappresenta un vero e proprio omaggio alla tradizione culinaria locale, reinterpretata con creatività e passione.
Mykyta, 31 anni, è cresciuto professionalmente nelle cucine di alcuni dei più grandi chef italiani, quali Antonino Cannavacciuolo al Cannavacciuolo Bistrot di Novara, dove è stato capopartita e poi junior chef, e poi Enrico Crippa al Piazza Duomo di Alba dove si occupava dei secondi. Dopo aver frequentato la scuola alberghiera in Ucraina, l’università di lingue e letteratura, si è dedicato alla passione che ha coltivato sin da piccolo quando osservava i genitori e i nonni trasformare ingredienti semplici in piatti ricchi di sapore. Affascinato dai gesti, dai profumi e dalla condivisione del cibo, comprende presto che la cucina non è solo un mestiere, ma un vero e proprio linguaggio attraverso cui esprimere creatività ed emozioni. Dopo aver lavorato in ristoranti locali, nel 2016 è arrivato nella Marche, all’agriturismo di charme Villa Cicchi di Ascoli Piceno, dove è rimasto per tre anni. Un ruolo chiave nella sua crescita lo ha avuto anche lo chef Vincenzo Manicone, da cui Mykyta ha imparato l’arte della gestione di una cucina strutturata e la capacità di costruire un team solido e motivato. “Ho imparato molto sul campo. Le esperienze stellate sono state fondamentali, me le porterò con me per tutta la vita perché mi hanno permesso di crescere e vedere le cose da un altro punto di vista. Da loro ho appreso il rigore, la precisione e l’importanza di una cucina che emoziona, oltre a un profondo rispetto per la materia prima e per la sua trasformazione” racconta lo chef.


Sono state scuole che lo hanno formato non solo tecnicamente, ma anche nella capacità di guidare una squadra con equilibrio e umanità. “La cucina è un’arte, ma prima di tutto è un linguaggio che esprime rispetto: rispetto per le persone che lavorano con te, per la materia prima che scegli e trasformi, per il territorio che ti ospita e per gli ospiti che si affidano alla tua cucina – spiega Mykyta – per questo il mio obiettivo è costruire una squadra solida, dove ognuno conosca il proprio ruolo e lo svolga con serenità. L’alta cucina non deve essere sinonimo di tensione, ma di disciplina positiva, collaborazione e crescita continua”.
La sua idea di cucina è raccontare il territorio utilizzando materia “povera” non troppo lavorata per esaltarne il sapore autentico a cui vuole dare un tocco personale sia per quanto riguarda le sue origini che per le esperienze fatte. La sua filosofia si fonda su una rigorosa selezione di prodotti locali, freschi e stagionali, utilizzati nella loro interezza per ridurre gli sprechi e valorizzare ogni elemento.
Rigore ed equilibrio sono fondamentali: ogni dettaglio è curato con attenzione e ogni ingrediente ha un ruolo specifico. I suoi piatti si caratterizzano per sapori chiari e definiti, in grado di evocare emozioni e stabilire un legame profondo tra chi cucina e chi gusta. Ogni degustazione diventa così un’esperienza che coinvolge non solo il palato, ma anche l’estetica e la storia gastronomica che si cela dietro ogni creazione.
“Ogni piatto vuole essere pensato per sorprendere e raccontare storie, offrendo agli ospiti un’esperienza gastronomica che celebra l’autenticità e la bellezza del luogo. I clienti amano la tradizione, quella dei tajarin o la guancia, ma ci sono quelli che apprezzano portate diverse come la quaglia, che piace molto” specifica.
Oltre alla carta ci sono tre menu: Orto, vegetariano, Terra e Radici, che è quello più particolare, per chi ha voglia di osare e che vien creato ad hoc per il cliente. Pane, grissini e lievitati sono fatti in casa. I piatti sono costruiti insieme a Martinetti con cui c’è un confronto continuo e costante.






Poco per volta Bida inserisce nei suoi piatti sapori e prodotti tipici della sua terra di origine come nel suo Cavolfiore Arrosto, Bernese e Sedano Rapa o nella Battuta di giovenca tagliata al coltello, croccante di scalogno, spuma di pane e timo e polvere di chiodi di garofano; negli Agnolotti Della Tasca, ripieni di guancia con una nota grassa, non asciutta ma umida, mantecati nel loro fondo, spinaci croccanti e rafano, che dona un retrogusto pungente ma non invasivo. Fatti a regola d’arte i Tajarin: dalla consistenza croccante con burro affumicato, lievito madre e fondo bruno fatto con le zampe di galline, saporito ma non invasivo, mantecati e finiti con un mix di pepi e lievito caramelizzato al forno. E ancora la Quaglia in tre servizi: il petto scottato, la coscetta croccante e l’uovo marinato su nido di insalata alla brace. Tra i dolci immancabili i gelati – fior di panna al torrone di nocciola tonda gentile con grani di gruè di cacao – la Torta di nocciole con gelato allo zabaione, crema al cacao e la Frolla al farro con frangipane alla vaniglia, salsa al pompelmo, profumo di Tequila.
“Crediamo che l’alta cucina e ogni esperienza gastronomica debbano essere espressione in primis di eccellenza e tecnica. Oggi è tornato il senso del conforto, della coccola, delle peculiarità e dell’espressione di un posto. Il talento non si esprime solo nel piatto, ma anche nel modo in cui si lavora e si interpreta la cucina ogni giorno. Con Mykyta Bida – che è una persona sensibile, umile e delicata – vogliamo costruire un’esperienza che metta al centro non solo l’ingrediente di qualità, ma anche i valori dell’essere umano e della storia di questi luoghi, del Piemonte, fatta di povertà e di lavoro agricolo. Mykyta non è solo uno chef ma una persona responsabile e protettiva che, come un direttore d’orchestra, vuole valorizzare tutti i suoi musicisti, a cominciare dal lavapiatti, perché sono tutti importanti” commenta Guido Martinetti.