Ro Corradin è sempre lei, Roberta Corradin. Solo che adesso ha compiuto sessant’anni e le hanno rubato il laptop con destrezza; quindi, Roberta ha deciso di ricominciare da Ro, che è la prima sillaba del suo nome e anche la prima sillaba di roboris che vuol dire forza in latino. Per il resto, nessuno le ruberà mai ciò che ha già scritto: tanti libri a cominciare da Ho fatto un pan pepato, pamphlet di ricette “emotive”uscito nel 1995 che ha segnato il suo esordio nel giornalismo gastronomico, passando per La repubblica del maiale, una storia semiseria di prima e seconda repubblica raccontate attraverso il cibo, e per Cannoli siciliani, il fictional memoire dei suoi anni sull’isola, fino a quello di prossima uscita di cui non possiamo per ora dirvi niente a parte che è spaziale! Con i versi di Il demiurgo è cuoco interpreta il tema di questo numero.
I confini dentro
La tua è cucina, o la definiresti piuttosto una filosofia edule? I tuoi dessert sono un manifesto di estetica? Per te è una figura mitica Miguel Sanchez Romera, neurologo e chef del ristorante L’esguard a Sant Andreu Llavaneres vicino a Barcellona? Uno che ha saputo unire e scindere, e poi ristabilire nuove connessioni, aprendo la cucina a ogni suo interesse, non solo in ambito scientifico, ma anche artistico? In fondo, cosa fa veramente Miguel Sanchez Romera, e chi vive come lui? Si tratta di identificare e poi rompere i confini dentro di sé. Uno potrebbe vivere solo da neurologo, pensare solo da chef, relegare la passione per l’arte al tempo libero. Oppure si può scegliere di essere poesia, per dirla col poeta Walt Whitman: conteniamo immensità. Solo chi sa di contenere il caos può ridisegnare geografie, del gusto e non solo. Chi accetta la libertà di non avere, e non darsi, confini, è più aperto alla creazione del nuovo. Operazione che ha un che di divino, e che ci richiama un platonico demiurgo affaccendato a traghettarci dal caos alla sua interpretazione del cosmo, in cucina e fuori.
Il demiurgo è cuoco
A scuola non capivo
perché il professore insistesse.
L’ha ripetuto così tante volte
che me l’ha fatto entrare in testa
ed è rimasto conficcato lì, anche quando
sembrava rimosso, dimenticato.
Da una parte c’era il caos,
e io immaginavo un mucchietto di farina.
Dall’altra c’era il cosmo,
il mondo ordinato, e vedevo una torta.
Il tizio che prendeva il caos lo riordinava
e ne tirava fuori il cosmo
si chiamava divino demiurgo
e io me lo immaginavo
come un cuoco, con il cappello e tutto,
ma anche come un mago,
con la bacchetta e tutto.
Poi sono diventato cuoco,
e ho dimenticato il mito:
il caos, il demiurgo, il cosmo.
Sono restate solo le magie
e oggi, non so come,
nelle brume dell’azoto,
mi sono visto e ho ricordato tutto.
Il demiurgo è cuoco,
il cuoco è mago,
non ci sono confini.