Mini-storia
Avanguardia spagnola
elBulli 1846, oggi

La rivoluzione gastronomica in un museo

Testo di
Xavier Agulló
Foto cortesia
elBulli 1846, oggi
4 minuti

Sono dovuti passare 12 anni affinché il futuro, nella forma paradossale di un “passato prospettico”, occupasse Cala Montjoi, per recuperare quello che era elBulli. 12 anni di progetti e di strategie, di tattiche e di impossibilità, di sogni e di realtà. 12 anni da quella “impossibile” cena finale del 2011 che ha chiuso un cerchio e ne ha aperto un altro che, dopo tante incognite, è stato finalmente svelato.

elBulli è e sarà un museo

Senza cibo. Una mostra permanente, aperta al pubblico dal 15 giugno, in cui ci verranno spiegate le chiavi di quella rivoluzione, di quel corpus creativo così complesso e il cui scopo, oltre a quello di accarezzare la memoria, è di proiettarci ancora una volta nel nuovo.

Perché Ferran Adrià, con elBulli 1846, vuole mantenere viva la sua eredità attraverso l’ermeneutica della cucina, facendo luce sul futuro della gastronomia. Un museo, insomma, per comprendere il nuovo paradigma culinario e per svelare in modo giocoso, di fronte al Mediterraneo, gli affascinanti retroscena di un movimento senza tempo né spazio che è stato storia, che è onnipresente e si proietta come una tassonomia essenziale e un metodo (Sapiens) di emozionante prospettiva per la creazione culinaria.

Per la prima presentazione ufficiale, in questo nuovissimo elBulli 1846, ricevono Ferran, Isabel, Ernest (fiduciario della Fondazione e vero “proprietario”) e, ça va de soi, “Los Luises” – García (direttore generale) e Biosca – Freddy, Rita…

Qui – permettetemi il ricordo, non la nostalgia – tre menti privilegiate hanno cambiato per sempre la gastronomia: Ferran, che ha modellato l’impossibile in cucina con una fantasia furiosa; Juli, con i suoi jeans, le sue camicie a quadri (“Sotto la maglietta di Soler, si vede la giacca da cuoco”, nella divertente definizione di un famoso maître francese) e i riff Stoniani nel suo sorriso, che ha diretto una sala mai vista prima nell’alta cucina, un misto di erudizione, rock and roll e umorismo surreale; e la brillante sfacciataggine di Albert, che ha giocato a dadi con la natura e ha progettato un nuovo paradigma dolce. Eccoci qui. In quel luogo dove viviamo una storia che sarebbe stata il futuro. E oggi è quel futuro.

Il museo. 11 milioni di euro di investimenti e 4.000 metri quadrati di superficie. Qui, nel negozio di merchandising, inizia la visita. Un dettaglio importante: i visitatori di elBulli 1846 possono lasciare l’auto a Roses e raggiungere Cala Montjoi in pullman, evitando così disagi e inquinamento. Il museo della Fondazione propone “l’aria aperta” come prima tappa della visita. Si susseguono le installazioni e le riflessioni che propongono: la gastronomia, l’innovazione, dal Paleolitico al Neolitico e la famosa metodologia “Sapiens” (processo di analisi olistica che permette di raggruppare le informazioni su uno specifico oggetto di studio ordinando il sapere secondo aspetti storici, sociopolitici e socioculturali, ndr).

Si continua con le brutali tassonomie – particolarmente rivelatrice è l’installazione che mostra scultoreamente i passaggi e le fasi intermedie di un piatto mitico di elBulli, il Pollo al Curry, e che rivela ed esemplifica il nucleo stesso della sua cucina, la sua genesi – la Bullipedia, la creatività, gli stili di elBulli, i processi di degustazione, l’omaggio ai 2.500 cuochi e camerieri che hanno preso parte alla rivoluzione.

Entriamo nel ristorante… Lì, praticamente intatto, c’è il sogno fermato nel tempo. I tavoli, i banconi… Un’istantanea che vuole mostrare la sala da pranzo in un momento in cui tutti i commensali si sarebbero improvvisamente alzati, lasciando il servizio, i vini, i piatti… Con la tecnica giapponese dei sampuru (riproduzioni in resina plastica) possiamo vedere con sorprendente realismo alcuni dei piatti storici serviti.

Passiamo alla cucina, che, pur essendo stata notevolmente ingrandita per esigenze museali, è sempre la stessa, con altre riproduzioni di piatti, video, la timeline di elBulli e un’enfasi sulle pietre miliari.

“Il menu degustazione lungo – spiega Ferran – è stata un’invenzione della cucina spagnola contemporanea, un’altra cosa che dovrebbe essere valorizzata per la sua importanza mondiale”. Proseguiamo al primo piano, ora in piena espansione, per vedere quanto elBulli sia stato innovatore su tutti i fronti: la creatività, l’arte, gli strumenti, le stoviglie… E finiamo all’ultimo piano, nello spazio polifunzionale che sarà luogo di studio, di incontro e di creazione.

Ernest ci mostra ancora, nel magazzino (non aperto al pubblico), l’installazione del caleidoscopico e grandioso Antoni Miralda dedicata a San Stomac, un altare di offerte culinarie che dà l’idea che la visione di elBulli, oltre che scientifica, intellettuale, futuristica, sia anche olistica. La storia continua a Cala Monjoi…


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